ARBASINO : ABBIAMO PULITO IL TINELLO di Pierluigi Battista

ARBASINO : ABBIAMO PULITO IL TINELLO ARBASINO : ABBIAMO PULITO IL TINELLO SONO abbastanza sorpreso dalla rievocazione dei «fatti del '63» fornita neU'intervista di Pierluigi Battista a Enzo Siciliano, perché non vedo U nesso tra una forzatura dei cassetti editoriali di Giorgio Bassani avvenuta «sul finire del '63» (ma da parte di chi?) e la sua censura del mio romanzo Fratelli d'Italia, già uscito nel maggio di quell'anno. Né capisco un titolo che etichetta come «teppisti» non i censuratori ma i censurati: e tutto perché l'editore Giangiacomo FeltrineUi, avendo più collane di narrativa, decise di pubblicarmi (benché giovane) non neUe minori ma neUa maggiore, suscitando rabbie e livori che dopo trent'anni (!) evidentemente riri-rigurgitano. Ma cosa dovrebbe dire allora U censurato, e per di più calunniato? Fossi un antropologo alla Lévi-Strauss, dovrei commentare: quell'antica censura ai miei danni, accompagnata da calunnie alle mie spalle, su pretesti non davvero culturali ma di «posti» e stipendiucci, si rivela come un'aggressione repressiva, strumentale e tattica, tipica in ogni confronto fra una tradizionale cultura «padrinista» e «verticista» di vecchi clan col tiranno in cima e i tirapiedi sotto (e i piedi di tutte le scarpe: dal Corriere della Sera reazionario di Missii roli alla Rinascita minacciosa di TogUatti aUa Rai democristiana e conformista) - e una nuova struttura «confederale» e paritaria (come gU Stati Uniti e la Svizzera) di Uberi coetanei indipendenti, senza obbedienze e senza capi-tribù. Fossi invece un arredatore alla Luchino Visconti, dovrei osservare: ogni Restaurazione nostalgica e inautentica ama circondarsi di comò falsi e controbuffet «antichizzati». (Erano già questi gU argomenti di trent'anni fa). Trent'anni dopo, per chi non visse quei plumbei conformismi, si può solo notare che tra gU scrittori sessantenni ora calunniati come «teppisti» (e questo già spiega l'aria stilistica che spirava in quei rimpianti ambientim...) ci sono parecchi docenti universitari di successo, due ex deputati al Parlamento, un direttore di Raitre, nonché Giorgio Manganelli... La società civile, neUe sue varie componenti, ha evidentemente espresso altre valutazioni, nel corso dei decermi. Ma, allora (a parte ogni raffronto serio sulla qualità della scrittura, e del pensiero), non scatteranno in vecchiaia, in pensione, all'ora della «carta d'argento», le invidie non ancora «storicizzate» per i differenti esiti neUe carriere individuali? Direbbe un assistente sociale: ecco i risentimenti introiettati in tutta una vita di deferenze nei clan. Mi pare anche stranissimo considerare neocapitalista e in dustriale, nel 1992, proprio la letteratura sperimentale d'a vanguardia, e non quella deUe signore di trent'anni fa, o dei premi di massa per le signore d'oggidì. E se è bastato qualche scritto teorico del Gruppo '63 per imporre «un periodo di vera e propria glaciazione della narrativa italiana», e farla «scende re neUe catacombe», si direbbe che quella letteratura non avesse cervello, né spina dorsale, né «palle». Trent'anni (!) di «una vita stentata, e per qualche lato clandestina»?... Mi pare un po' tremebonda, signora mia: addi rittura un ventennio di vittimi smo «braccato», anche dopo che U Gruppo '63 si era sciolto verso il '69 per i conflitti politici tipici di quei tempi, e che proprio non si occupavano di letteratura bella o brutta... E, in quegli spazi lasciati Uberi, mai una qualche idea originale o interessante o nuova, dal fatale 1963 ai giorni nostri?... Ma neanche nei gulag si sono viste glaciazioni simili. E dunque, insomma, perché mai si sarebbe stati tenuti a occuparsi non di temi importanti, ma di Intervista di P. BATTISTA AR\G1N\3 questa letteratura «stentata» che quando la si ignora fa la vittima e quando la si commenta fa la pittima? Alcune inesattezze. Non è vero che Fratelli d'Italia contenesse «affermazioni poco riguardose» sul conto di Moravia o Morante o Montale. I severi giudizi sulle mafie letterarie non si nascondevano certo nei cassetti, né si rimandavano ad epoche meno pericolose per U «posto». Uscivano quindicinalmente nelle mie rubriche di Critica della Cultura, fra un Citati e un PasoUni e un Gadda e un Eco, sulle pagine letterarie del Giorno, curate da Paolo Murialdi. E poiché apparivano troppo «contestato ri» contro i vari poteri (chi pre vedeva il ' 68 di lì a poco?) non ricevevano risposte culturali, bensì calùnnie e pressioni appunto di mafie e di clan romani sul direttore, Italo Pietra, che U mandava a quel paese. Nel romanzo, invece, i criteri d'ammissione erano molto più exclusive: mai vi figurò Morante, Moravia era una comparsa in fondo a una spiaggia, e Montale vi si può riconoscere solo «nella misura in cui» otto anni dopo Fratelli d'Italia si uniformò con Satura ai vezzi ironici e snob del vecchio poeta mitteleuropeo da me inventato quando lui era an cora l'afflitto autore deUa Bufera. La «classica» Gita a Chiasso, poi, era tutt'altra cosa. Non si trattava d'una gustosa trovata, ma d'una Usta di testi importan ti, noti ovunque da decenni, ma in quei primi Anni Sessanta non ancora tradotti e per lo più ignorati in Italia. Per esempio, ira i tanti: U Tractatus di Wittgenstein (1921) e gU Husserl e i Lea vis e i Bachelard degli Anni Trenta; Axel's Cosile di Edmund Wilson (1931) e L'uomo del risentimento di Max Scheler (1933), L'Afriquefantóme di Mi chel Leiris (1934) ed Enemies of Promise di Cyril ConnoUy (1938), Iprincipii della critica letteraria di I. A Richard (1928) e Sette tipi d'ambiguità di William Empson (1930), e Blanchot e Bataille, e Cleanth Brooks e Robert Penn Warren, e Ivy Compton-Burnett, e Henry Green... Fossero stati letti tempestiva mente (l'ha sempre sostenuto anche il famoso Bobi Bazlen per " testi tedeschi e austriaci), avreb bere fornito modelli più seri di analisi critica e di «stile». Avreb bero insegnato a non far confu sioni fra tradizione culturale e conformismi rétro. Avrebbero magari evitato ai nostri tinelli letterari decenni di meschinerie provinciali che evidentemente secondo questa intervista, e U volume in questione - si trascinano tuttora fra glaciazioni e ca tacombe e calunnie e chissà qua U altri fantasmi di complotti pie colo-borghesi, senza elaborazio ne teorica né prospettiva storica né creatività artistica né capa cita di «sguardo» oltre U piccolo pettegolezzo romano che di ogni portineria fa un pollaio. Alberto Arbasino La polemica aperta da Siciliano: i ricordi di Garboli Spagnai e Soldati Nanni Balestrali: «Loro erano un clan» Alberto Arbasino risponde • alle critiche di Enzo Siciliano nel libro «Romanzo e destini»

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti, Svizzera