NON SERVONO PROCESSIONI di Sergio Romano

NON SERVONO PROCESSIONI NON SERVONO PROCESSIONI di esorcizzare la mafia, la 'ndrangheta e la camorra, comportano un rischio. Una società che reagisce soltanto con grandi processioni e assemblee popolari rischia di essere, nella realtà, una società che porge l'altra guancia. Le reazioni collettive possono diventare un alibi per coloro che non intendono assumere responsabilità individuali. Fra l'omertà e i grandi raduni pubblici contro la mafia, fra coloro che non hanno visto niente e coloro che parlano soltanto nell'anonimato delle grandi riunioni pubbliche, vi è meno differenza di quanto non si creda. Si può e si deve pretendere molto dallo Stato. Ma non gli si può chiedere di fare da balia a una società querula e piagnona in cui i cittadini rifiutano di fare la loro parte. Come in altri casi sicurezza sul posto di lavoro, lotta contro la droga - anche in materia di guerra alla criminalità gli italiani sembrano affrontare il problema con mentalità sindacale e assistenziale. Come certi terremotati dell'Irpinia aspettano che qualcuno faccia per loro ciò che essi potrebbero cominciare a fare con efficacia per se stessi. Quello cheBobbio ha detto qualche tempo fa a proposito dei meridionali può dirsi per tutti gli italiani: è ora che si aiutino da soli. Che queste cose le abbia dette un uomo politico vivace e talvolta non convenzionale come l'onorevole Martelli, ci fa piacere. Che le abbia dette il ministro di Grazia e Giustizia ci ispira una piccola perplessità. Se ciascuno deve fare la sua parte, quella del Guardasigilli è di adoperarsi perché il Paese abbia una giustizia rapida e efficiente. Non vorremmo che all'alibi delle pubbliche orazioni facesse da contrappeso un alibi analogo presso coloro a cui spetta il compito di dare alla criminalità una risposta statale. Non vorremmo che i due alibi si giustificassero a vicenda. «Tutti insieme contro la mafia» non vuol dire tutti in piazza dietro stendardi politici o religiosi a recitare slogan e preghiere. Vuol dire ciascuno al suo posto, con le responsabilità che competono a ciascuno di noi. Sergio Romano