Fango rosa in tv per Carlo e Marina

Fango rosa in tv per Carlo e Marina Fango rosa in tv per Carlo e Marina HE succede, Carlo? In fondo poteva rivolgere gli occhi azzurri al cielo, in segno di serena e composta rassegnazione. Oppure rinchiudersi in una fiammeggiante indifferenza, venata di aristocratico disprezzo. Poteva uscirne con una battuta in francese, un proverbio Old Enld li gland, un colpettino sulla giacca per liberarsi di quello schizzetto di fango da serial tv. E invece fra i tanti modi di reagire il commissario socialista Cee Carlo Ripa di Meana ha scelto, per dirla con i giudici, «accenti di accorata, sincera amarezza». «Scandalo», «attacco selvaggio», «linciaggio», «disgusto», «Corte europea dei diritti dell'uomo», Berlusconi e Craxi. E, com'è giusto, giustizia ha ottenuto: né lui né sua moglie sono dei «bustarellari». Marina, dunque, non è Armida. «Vittoria totale» annuncia Carlo. Eppure c'è qualcosa che non torna, c'è come un sovrappiù di autocommiserazione in quell'immagine terrificante, evocata con gli occhi lucidi da Ripa di Meana su una poltroncina della pretura civile: «La nostra vita: concime sotto i trattori della tv». La loro vita, l'elice e av-, venturosa, era già finita su piccoli e grandi schermi. E se l'erano goduta anche per interposti attori in I miei primi quarant'anni e La più bella del reame, piccole perle cinematografiche da realismo socialista Anni Ottanta. Tutto ok, allora. E oggi? Oggi sarà l'invidia, la facilità con cui si fa a pezzi il prossimo nella società spettacolo, ma viene quasi da pensare che siano incappati - vittime senza colpa in ima specie di legge del contrappasso, l'eurocrate e la contessa. Un meccanismo crudele ma forse inevitabile per una coppia che è sicuramente onesta ma anche così esposta e così candidamente esibizionista. Marina, si sa, non indossa il chador, è uno spirito effervescente. Carlo è un marito liberal ma è anche un uomo pubblico. Vive ^perciò su un rasoio bilame, destino per certi versi drammatico. Passi per le feste di Sgarbi o per i cani che fanno la pipì davanti ai negozi. Però lui fa politica e lei descrive le sopracciglia dell'onorevole Biasini «così folte che ci puoi spazzolare un tailleur». Lui lavora nell'Internazionale e lei immortala «l'omelette di capelli biondo-bianchi» del presidente Willy Brandt. Lui è invitato al Quirinale per un ricevimento del corpo diplomatico e lei presenta a Cossiga la colf filippina. Poi se ne vanno in Cina con Bettino e di fronte alle polemiche per quell'affollatissimo viaggio la contessa centra il nocciolo della questione: «Questo casino nasce da un gruppo di giornalisti frustrati che erano sbattuti in classe economica e dormivano in brutti albergarci...». Si è divertita, Marina. Martelli ritratto terrorizzato da una ranocchia mecca- nica. Craxi raccontato mentre «clepta» un accendino Dupont in lacca cinese cremisi. Il fascino di Venezia e i cieli di Bruxelles, garofani e gioielli. Anni felici, anche per Carlo. «Io - assicurava - sono più spregiudicato di Marina e del suo libro». E in una sorta di «scandalosa» rincorsa celebrava la presidenza Craxi raccontando di quella volta che a Praga una dottoressa «approfittò» del giovanissimo Bettino: dentro a un'autoambulanza. Potere, eros e socialismo: crinale scivoloso. Addirittura con un'ottantenne - come si apprese dall'Europeo - il commissario precisava di aver fatto l'amore. E com'era? «Corame une viande des Grisons», carne secca, una specie di bresaola. La classe non è acqua. Filippo Cecca rei li etti

Luoghi citati: Bruxelles, Cina, Meana, Praga, Venezia