Il Cottolengo apre ai drogati

Il Cottolengo apre ai drogati Con «Progetto Verbena» assistenza gratuita per combattere il dramma che distrugge tante famiglie Il Cottolengo apre ai drogati Laboratori e centri di incontri con i parenti Il Cottolengo apre le porte ai tossicodipendenti che vogliono sfuggire alla schiavitù della droga dopo avervi cercato invano risposte alle loro angosce. «Lo facciamo da anni, in verità», osserva padre Francesco Gemello, superiore generale della Piccola casa, ricordando i programmi di recupero educativo e terapeutico che si tengono nel Pinerolese. Ora l'operazione solidarietà si svolge all'interno del Cottolengo, fra le mura di quel borgo in cui convivono vecchie e nuove povertà, da più di un secolo e mezzo fonte d'ogni speranza per malati e gente sbandata. In via Andreis 18, interno 5, a due passi dalla porta della mensa in cui suor Cherubina e una pattuglia di volontari accolgono chiunque abbia fame e bisogno di calore, l'altra sera si è inaugurato il Centro di incontro La Verbena (telefoni, 52.25.439 e 52.25.189). Sono luminosi lo¬ cali dipinti di rosa in cima a una breve rampa di scale: due salotti per i colloqui, due stanze per gli incontri con i genitori, un laboratorio zeppo di strumenti di lavoro (per falegnami, vasai, decoratori, meccanici). Un dibattito ha coinvolto fratel Ernesto (qua! è il progetto educativo) e Giacomo Mezzena, clinico e ricercatore, psicologo di scuola adleriana (prevenzione e recupero). Ex tossici e loro familiari hanno portato testimonianze, hanno dato risposte, presenti Rosanna Calvi e Donatella Beltrami, responsabili dei colloqui per l'accoglienza. Storie di miseria e di dolore, di famiglie lacerate dalla disperazione e dai debiti: «Il drogato è un pozzo senza fine». Per non parlare di violenze e soprusi. Il Cottolengo, dunque, si mette a fianco di quanti già operano per combattere la piovra. Con una differenza: l'assistenza è gratuita. Non si paga¬ no rette, non c'è il contributo dell'Usi. «Al Cottolengo provvede la Divina Provvidenza», sorride don Angelo Bovo, responsabile delle comunità terapeutiche. Con il miracolo quotidiano si mantiene un'organizzazione che ha bisogno di impegno e di dedizione da parte di sacerdoti, suore, volontari e obiettori di coscienza, ma anche di denaro per funzionare. Il centro riesce a automantenersi: frutta, verdura, carne arrivano dal lavoro della comunità. Il progetto Verbena, oltre al punto di riferimento di via Andreis, conta su una comunità alloggio a Torino e su due centri di recupero, la Cascina Roche, in via San Pietro Val Lemina 28, a Pinerolo (0121/79.42.01), e la Cascina Verbena, via Miravalle 4, a Torre Pellico (0121/91.877). Sono due aziende agricole con campi, orti e stalle: gruppi di ragazzi (15-20 persone complessivamente, età comprese fra i 20 e i 30 anni) lavorano e fanno terapia sotto la guida dell'equipe di cui è responsabile don Bono. Ci vogliono due o tr„e anni per uscire dal tunnel, non tutti ci riescono, ma la maggioranza viene allontanata per sempre da una schiavitù devastante. Fratel Ernesto calcola che i giovani recuperati e reinseriti nel mondo del lavoro siano il 77-80 per cento. Mol|ti chiedono di restare in comunità per aiutare chi sbanda, per dare una mano a chi è stato meno fortunato. Ma anche di andare volontari nei reparti dove vegeta un'umanità sofferente, spesso ignorata dalla città che si agita convulsa intorno al borgo cottolenghino. Renato Romanelli l All'interno della Piccola Casa nel nuovo centro di incontri un dibattito ha coinvolto fratel Ernesto e lo psicologo Giacomo Mezzena oltre a ex tossici e familiari con le loro testimonianze

Persone citate: Angelo Bovo, Donatella Beltrami, Francesco Gemello, Giacomo Mezzena, Renato Romanelli, Roche

Luoghi citati: Pinerolo, Torino, Torre Pellico