Moda italiana nein danke di Valeria Sacchi

Moda italiana, nein danke Incontro con Klaus Steilmann, maggior confezionista europeo di abbigliamento femminile Moda italiana, nein danke La «ricetta pantedesca» del Rivetti di Dusseldorf DUSSELDORF DAL NOSTRO INVIATO La creatura prediletta di Klaus Steilmann, il maggior confezionista di abbigliamento femminile d'Europa, non è una nuova linea di abiti. E' un rivoluzionario sistema di «finissaggio» che lui ha battezzato «Sistema Ambiente». Un procedimento che non richiede né acqua né coloranti artificiali «Non inquina, e usa il 30% di colorante naturale estratto dall'amido di patata. Anche nella lavatrice il tessuto non lascia residui. Insomma è ecologico», dice Herr Klaus. Steilmann, è un «self-made man» che ha costuito un impero partendo da zero 34 anni or sono. Nato nell'isola di Rùgen, sulle coste tedesco orientali del Mar Baltico, poco prima della costruzione del muro di Berlino scappò in Occidente, dove il primo lavoro fu di commesso in un negozio di abbigliamento di Dusseldorf. Oggi, a 62 anni, è il primo cittadino di Wattenscheid, paese a pochi chilometri da Dusseldorf dove è concentrata la sua attività. Qui è presidente di tutto, compresa la squadra di calcio. E da nove mesi presiede anche l'Eltac, una sorta di superclub dei grandi produttori di abbigliamento della Cee (quelli con un fatturato sopra i 450 miliardi), che opera presso la Comunità affiancando il Gatt. E di cui è vicepresidente Marco Rivetti. Sul ruolo dell'Eltac, Steilmann ha le idee chiare: «Anche i Paesi terzi devono rispettare le regole di tutela dell'ambiente, quelle regole che a noi costano miliardi di investimento. Dobbiamo difendere il polo tessile Cee con i suoi tre milioni di addetti. E ci deve essere reciprocità: in India, ci sono 40 milioni di persone che possono comperare abiti europei». Il gruppo Steilmann ha un giro d'affari di 1500 miliardi di lire, poco meno di due miliardi di marchi. Spiega il suo gran capo: «Direttamente produco il 33% del fatturato, un altro 10% viene da terzisti tedeschi, un 18% lo commissiono in Asia, il resto nei Paesi dell'Est, come la Roma- nia». E in Urss? «In Russia faccio solo confezionare da terzisti». E nella Germania orientale? «Ho comperato dalla Treuhand una azienda con 240 dipendenti, la Cottbus, che inizierà la produzione il 1° aprile prossimo». I rapporti con l'Ita¬ lia? «Da voi acquisto il 40/45% dei tessuti per le collezioni invernali, il 35% dei tessuti per le collezioni estive». Herr Steilmann esporta il 50% del fatturato in Inghilterra, Canada, Austria, Svizzera e perfino Taiwan; fa sei collezioni l'anno, ognuna di 2000 nuovi modelli. Una, quella «più alta» firmata da Karl Lagerfeld. «Diciamo che il nostro target va dal medio al medio alto», dice Steilmann. «Ma anche noi ci troviamo ad un momento di svolta. Perché la situazione in Germania è difficile - continua - abbiamo oneri aggiuntivi per la riunificazione, ossia una tassa del 7,5%, un aumento dei salari e dei costi, l'inflazione al 4%». E allora? «Allora bisogna la- vorare di più e specializzare sempre più le collezioni. Il mercato si frammenta, e soprattutto sta cambiando la struttura del dettaglio. I negozianti che vogliono presentare un po' tutto hanno difficoltà». Seguendo questo principio, Steilmann sta per iniziare in Francia una sperimentazione: «Abbiamo già l'accordo per aprire 40 punti vendita nostri nella catena di negozi "Julie Guerland". Se va bene saliranno a 100». Non basta. Osserva Steilmann: «Nel 1991 siamo cresciuti del 6,4%, ma il momento è diffi-. cile, e vogliamo restare sani. Una ! distribuzione diversa richiede: maggiore flessibilità, richiede sforzi nella logistica. Dobbiamo aumentare la nostra quota di mercato in Germania, che ora è dell'8%, svilupparci anche quest'anno almeno del 4%». Questi sforzi hanno un obiettivo preciso: il mercato dell'Est. Steilmann lo ammette: «Il 27% del fatturato tedesco è nei nuovi Laender, ma oggi l'abbigliamento non supera in quelle zone la percentuale del 12%». Bisogna quindi resistere nel breve per poter poi mietere i successi futuri. La sfida si vince non solo nella distribuzione e nella logistica, ma anche col prodotto. Riassume Herr Klaus: «Stiamo lanciando una nuova linea di coordinati, e una collezione di cappotti e giacche di costo più basso: cappotti con un prezzo compreso tra i 190 e i 250 marchi, giacche da 148-200 marchi». Aggiunge che tutti oggi in Germania devono fare i conti con un po' di recessione. L'italiano Valentino sta abbassando i prezzi dei suoi capi da 12001500 marchi a 1000-1200 marchi, e lo stesso fa Arrnani con i suoi jeans. Oggi, tra i produttori della Repubblica Federale la parola d'ordine è: stringere i denti finché i tedeschi orientali non si trasformino in un popolo di consumatori. Nonostante questi timori, a differenza del triangolo d'oro di via della Spiga, nelle vetrine dei negozi di Dusseldorf non si vedono cartelli di sconti. Valeria Sacchi Klaus Steilmann guida un impero da 1500 miliardi