Masada il massacro fantasma

Masada, il massacro fantasma Uno studioso israeliano demolisce il mito degli zeloti assediati dai romàni Masada, il massacro fantasma Sarebbe un 'invenzione di Giuseppe Flavio f 7*1 GERUSALEMME ! ' OLPO di piccone all'epoI pea di Masada. L'episodio 1 11 dei 960 zeloti assediati I v^jdai romani, che dopo un'eroica resistenza preferirono darsi la morte piuttosto che cedere al nemico, nel 73 d. C, sarebbe un falso architettato dallo storico Giuseppe Flavio. In un attacco iconoclasta contro quello che nelle scuole israeliane viene tuttora indicato come un alto esempio di eroismo e di indomabile spirito di libertà, lo studioso israeliano Sefi Ben Yossef, 44 anni, ex ufficiale dell'intelligence militare e profondo conoscitore del deserto della Giudea (dove sorge appunto la rocca fortificata da re Erode), sostiene che l'assedio di Masada non fu altro che un'esercitazione in grande stile del generale romano Flavio Silva. I nazionalisti ebrei, nota ancora Ben Yossef, non erano «zeloti», bensì «sicari», «ossia delinquenti comuni, assassini e fanatici». Inventata di sana pianta, secondo il polemico ricercatore, anche la patetica scena del suicidio in massa dei 960 assediati (uomini, donne e bambini inclusi): «Quando le legioni romane vi penetrarono stabilisce Ben Yossef - Masada era già stata evacuata». La teoria, illustrata venerdì in un programma televisivo, ha già provocato l'indignata reazione del deputato Uzy Landau (Likud), secondo cui «più importante della verità archeologica è l'epopea che si perpetua fino a oggi nel cuore di ogni israeliano». Nel mondo accademico israeliano le prime reazioni sono state di scetticismo e le nuove tesi definite «azzardate». In Ben Yossef, i primi dubbi «eretici» sono sorti quando, durante un'esercitazione militare, gli fu assegnato il compito di «organizzare la difesa di Masada». Rilevazioni fotografiche aeree gli mostrarono che la distanza tra le posizioni avanzate dei romani e le mura della fortezza èra - nel punto più stretto - di 353 metri. «Questo dato - ha detto Ben Yossef - non si concilia con quello che noi sappiamo delle catapulte romane dell'epoca, che avevano una gittata massima di 300 metri». Prima, conclusione: le migliaia di pietre scaraventate per tre mesi consecutivi dagli assedianti verso la fortezza, non raggiunsero mai le mura e rotolarono nell'abisso. Ulteriori perplessità riguardano il comportamento di Flavio Silva: a che scopo, si è chiesto ancora Ben Yossef, una volta sedata la rivolta ebraica in Palestina, trascinare 30 mila legionari fino al Mar Morto, affrontando cospicui problemi logistici? Perché stringere prolungatamente d'assedio un manipolo di delinquenti, insignificanti politicamente, quando esisteva un espediente tattico decisivo: la costruzione di una rampa elevata e fortificata da cui sarebbe poi riuscito ad appiccare il fuoco alla fortezza? Perché, infine, dopo aver guidato un'operazione tanto complicata, il generale romano non la incluse tra le sue vittorie più smaglianti e, anzi, non ne fece mai menzione? La risposta, per Ben Yossef, è evidente: non si trattò di un assedio contro una setta ribelle, ma di una pura esercitazione militare contro una fortezza vuota, per tenere occupate le truppe. Ben Yossef attacca anche da un'altra direzione il resoconto di Giuseppe Flavio (il cui vero nome era Yossef Ben Matityahu e che, prima di passare dalla parte dei romani, li aveva combattuti in qualità di comandante militare della Galilea). «I due lunghi monologhi con cui il capo dei. sicari, Eleazar Ben Yair, avrebbe convinto i suoi a preferire la morte alla schiavitù, mentre la fortezza era già avviluppata da alte fiamme, sono secondo Ben Yossef - tipici della filosofia stoica romana e estranei alla cultura ebraica del tempo». Il suo sospetto è quindi che Giuseppe Flavio li abbia conce¬ piti - attribuendoli a una vecchia scampata all'olocausto per rendere l'episodio più confacente alle esigenze letterarie del pubblico romano. E' possibile che durante gli scavi svolti a Masada tra il 1963 e il 1965 il celebre archeologo Ygael Yadin «si sia. lasciato fuorviare dal resoconto di Giuseppe Flavio sulla meccanica del suicidio in massa»: lo ammette Gideon Ferster, collaboratore del grande studioso. «Tuttavia - aggiunge - ritengo che nella sostanza la storia sia vera. Da parte ebraica fu censurata perché il suicidio è in contrasto con l'ortodossia, mentre da parte romana non c'era motivo di vantarsi di una battaglia che non fu combattuta fino in fondo». «Quando l'archeologo Yadin, alla fine degli Anni 70, era viceprimo ministro nel governo di Menachem Begin - ha rivelato Ben Yossef - mi confessò di aver maturato dubbi sulla storia di Masada, ma di non poterli manifestare, data la sua preminente posizione politica». Più ancora che la verità storica dell'episodio, è dunque l'uso politico che ne viene fatto oggi in Israele a irritare Ben Yossef: «Possibile - si chiede - che, disponendo di quattromila anni di storia, non siamo riusciti a elaborare alcun mito più edificante del suicidio in massa di centinaia di fanatici?». Una perplessità condivisa, nella sostanza, dallo storico militare Meir Pail, un generale della riserva (esponente della sinistra israeliana): «Che abbia ragione Yadin o Ben Yossef - ha detto una cosa possiamo fare: mettere fine una volta per tutte alla messa in scena annuale del giuramento delle reclute, alla luce delle fiaccole, sulle rovine di Masada». Filippo Donati «L'episodio del suicidio collettivo ideato per compiacere il gusto dei lettori» A Gerusalemme scoppia la polemica «All'arrivo dei legionari, la fortezza eragià evacuata Perle truppe di Flavio Silva era solo un'esercitazione» Peter O' Toole (il primo da sinistra) in una scena del kolossal dedicato all'assedio di Masada. Il film tv di Sidney Pollack venne girato in Israele nel settembre 1979

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Masada, Palestina