Radio Popolare, network «contro»

Radio Popolare, network «contro» Parla il nuovo direttore Piero Scaramucci: «Niente informazione neutrale. Ascoltatori, pagateci» Radio Popolare, network «contro» Notiziari nazionali in collegamento con altre emittenti di sinistra I » MILANO UANDO entri c'è un Orson Welles in bianco e nero, un paio di telefoni al muro, una porta a vetri, le scale. Sembra di scendere nel freddo di un locale notturno e nella fretta di una stazione della metropolitana. Oltre quella porta, ci sono cavi, videoterminali, scrivanie, monitor, umani in cuffia e sigaretta, studi di registrazione, box di regia, cabine insonorizzate, ragazzi a caccia di cassette audio, dischi in vinile, pile di compact. Tutto infilato nei nuovi 450 metri quadrati di seminterrato, dove ha appena traslocato Radio Popolare di Milano che si prepara - con un nuovo direttore, nuovi mezzi, nuovi progetti - a diventare rete nazionale. Radio Popolare ha 15 anni, mezzo milione di ascoltatori, 12 mila azionisti. E' molto più di una radio, è poco meno di un movimento. E' nata come emittente locale di (contro) informazione negli anni caldi. Ha attraversato gli anni freddi. E' diventata una società per azioni, dove l'azionista di riferimento è la cooperativa dei lavoratori (50, tra giornalisti e musicali). E' una delle chiavi per sapere (e capire) quello che succede a Milano: dal prossimo debutto alla Scala, al prossimo presidio dei ragazzi del LeoncavaÙo. Il giorno dopo l'elezione, il neo sindaco Piero Borghini ha passato la mattina ai suoi microfoni. E così pure il neo assessore Gianni Prosperini, quello della Lega Nuova. Sono passati Bossi, Occhetto e pure Mariotto Segni. La radio si è sempre schierata a sinistra, ma senza legarsi a un partito o a un gruppo (i gruppi rappresentati nel consiglio di amministrazione: sinistra socialista, indipendenti, gli ex democrazia proletaria, la Cgil). Ha inventato un modo di fare radio - ascoltatori in diretta via telefono, trasmissioni sempre aperte alle notizie - che è stato imitato da tutti, Rai compresa. Ha fatto, nei suoi anni di etere, scoop memorabili. E' stata capace di raccontare in diretta la rivoluzione iraniana, la vittoria di Solidarnosc, il crollo del Muro, la guerra del Golfo, il golpe in Urss. E' stata la prima, nella notte di Baghdad, a dire: «E' iniziata la guerra». E' stata la prima, ricevendo un fax da Leningrado, ad annunciare il 21 agosto scorso: «I golpisti sono in fuga». Dentro questa pentola elettronica è appena cascato Piero Sca¬ ramucci, 55 anni, per 30 giornalista Rai - ultimamente al Tg3 -, neo direttore dell'emittente. E' stato, nel 1976, uno dei padri della radio. «Dopo tanti anni di Rai, mi sembra di ringiovanire a stare qui dentro». Promette: «Cercheremo di divertirci. Niente informazione neutrale, niente distacco finto anglosassone. Scoveremo storie». Scaramucci è pronto a dare il via al progetto della rete nazionale. Sulla carta, la rete è una linea che collega Milano con Roma passando per almeno tre punti: Radio Città del Capo di Bologna, Controradio di Firenze, Radio Città Futura di Roma. Tempo di realizzazione? Entro l'estate. «Non sarà un vero e proprio network. Non ci mangeremo le altre radio», spiega Scaramucci. Ogni emittente continuerà a esi- stere in modo autonomo. Si collegherà con Radio Popolare due, tre, quattro volte al giorno per ritrasmettere i notiziari. «Non solo. Su una grossa notizia, potremo collegarci, aprire i microfoni agli ascoltatori, stare insieme via etere per ore». Sarà possibile scambiare i programmi musicali, le inchieste, le idee. Ogni radio diventerà corrispondente delle altre per le notizie, si realizzerà una vera e propria agenzia, un polo informati- vo indipendente. E i soldi? Istruiti dalla penuria (stipendio massimo per un giornalista appena sopra il milione), sono diventati specialisti nel rastrellarli. Con l'azionariato di massa, l'anno scorso, hanno messo in cassa un miliardo e 200 milioni che hanno consentito il trasloco, la nuova sede, le nuove attrezzature. Ora puntano sull'abbonamento degli ascoltatori: «Chiediamo 10 mila lire al mese a chi ci ascolta - dice Scaramucci -. Non siamo lottizzati, non abbiamo padroni, siamo un servizio pubblico. Pagateci». Non basta. Da un paio di mesi, la radio sta lavorando a una banca dati che" già ora viene messa in rete telematica attraverso il videotel della Sip. A pieno regime, le pagine elettroniche di Radio Popolare distribuiranno notiziari, messaggi, bollettini di associazioni (la prima sarà la Lega Ambiente), elenchi di spettacoli, appuntamenti. Sarà un servizio a pagamento, con buone possibilità di essere in attivo entro l'anno. Dice Scaramucci: «Cercheremo di inventarci modi di parlare e di far parlare. Cercheremo di dare voce al grande casino che ci sta intorno, contro tutti i silenzi televisivi». Pirro Co mas La nuova redazione di Radio Popolare Piero Scaramucci, neo direttore dell'emittente. Ha 55 anni, da 30 lavora alla Rai, ultimamente al Tg3