Un partito contro Eltsin

Un partito contro Eltsin Oggi «marcia delle pentole vuote» organizzata dai comunisti. Fallito vertice tra le Russie Un partito contro Eltsin Lo guida il suo vice, Pamjat l'applaude MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La Comunità delle Repubbliche ex-sovietiche è destinata al fallimento? Boris Eltsin dice di no, abbassa il tiro della polemica con l'Ucraina, smentisce le pretese territoriali nei suoi confronti, e chiede al suo Presidente, Leonid Kravchuk, un incontro a due al margine del vertice comunitario della settimana prossima. Ma la riunione dei capi di governo delle Repubbliche, che avrebbe dovuto risolvere il contenzioso economico e, in parte, quello militare, si è conclusa ieri con un nulla di fatto. E Eltsin deve fronteggiare una nuova, potente opposizione di destra, a capo della quale si è messo, ironia delle sorte, il suo vice-presidente Aleksandr Rutskoj, che non lo aiuterà di certo a smorzare i toni nazionalistici. A Mosca si terranno oggi due manifestazioni contrapposte. Al parco Gorkij si vedranno i comunisti di «Mosca lavoratrice», che malgrado i divieti tenteranno di realizzare la loro «marcia delle pentole vuote» verso il Cremlino. Ai piedi della «Casa bianca», invece, gli eltsiniani terranno un comizio in difesa del governo. Ma già ieri una manifestazione democratica ha raccolto solo qualche centinaio di persone, e il rischio è che là destra comunista porti in piazza più persone degli eltsiniani. Con un articolo-fiume sulla «Pravda» ed un intervento al congresso di ultra-destra delle «forze patriottiche», Rutskoj ha rotto ogni indugio, ed è partito lancia in resta contro Eltsin, colpevole di «genocidio economico». Denunciando «l'anarchia», la privatizzazione delle «proprietà del popolo», gli «speculatori» delle borse d'affari e la liberalizzazione dei prezzi, Rutskoj ha chiesto l'allontanamento dal governo di chi «si fa gioco del popolo», ha detto che la produzione di armi deve riprendere, ed ha intimato di non fare concessioni sul disarmo. Se non si vuole arrivare ad un'esplosione sociale, al ritorno al potere dei bolscevichi, è necessaria «l'introduzione di imo stato d'emergenza economico», ha tuonato il vice presidente tra gli applausi dei «patrioti»: un migliaio tra democristiani, integralisti ortodossi e camicie nere del movimento fascista e antisemita «Pamjat». Al coro dei critici si sono aggiunti il presidente del Parlamento Ruslan Khazbulatov, ed il sindaco di Leningrado Anatolij Sobchak, secondo cui la politica del governo favorisce i comunisti. Il tunnel della riforma economica è del resto solo all'inizio: «Ne vedremo la fine tra due anni», ha detto la «mente» della manovra, Egor Gajdar. Questo mese partirà la privatizzazione delle imprese, e davanti ci sono disoccupazione e calo della produzione. E nonostante tutto la Russia è la più forte delle Repubbliche. Lo si è visto ieri, quando alla riunione dei capi di governo si è fatta carico del debito estero dell'ex Urss: tutti hanno acconsentito, tranne l'Ucraina. Alla riunione erano rappresentate le 12 Repubbliche, Georgia compresa (come osservatrice). Ma i premier erano solo cinque, e l'Ucraina, in segno di sfida, ha mandato un semplice vice-ministro dell'economia, incaricato di discutere solo di ecologia e metereologia. Le due questioni principali dunque, finanziamento dell'esercito e riapertura del mercato comune, sono rimaste irrisolte, almeno fino al vertice del 14, a Minsk. Gli esperti sono stati però incaricati di elaborare un nuovo accordo economico, che dovrebbe stabilire il passaggio dell'interscambio ai prezzi «mondiali», ma pagati in rubli, sulla base di un tasso di 20-30 rubli rispetto al dollaro. Se approvato, l'accordo produrrà effetti devastanti sui prezzi e l'economia delle Repubbliche più deboli, ma dimostra la forza della Russia: accettare i pagamenti in rubli significa riaffermare lo spazio economico della moneta russa. Sarà un caso, ma ieri gli americani hanno iniziato a discutere di un fondo di stabilizzazione per sostenere il rublo. Fabio Squillante srlv II vice di Eltsin Aleksandr Rutskoj critica sempre più apertamente il Presidente [FOTOAP]