«Basta menzogne sulla Resistenza» di Renato Rizzo

«Basta menzogne sulla Resistenza» Il Capo dello Stato a Gemona attacca i «ragazzoni del pds», ma chiede scusa a Spadolini «Basta menzogne sulla Resistenza» Cossiga: vi chiedo perdono per quarant'anni di viltà UDINE DAL NOSTRO INVIATO La Resistenza? «Da molti fu pensata e combattuta in preparazione all'egemonia di un solo partito e alla instaurazione di un'altra dittatura». Togliatti? «Gli italiani devono poter giudicare se le sue parole riguardo i prigionieri dei gulag di Stalin hanno una giustificazione o sono le parole di un vigliacco di un traditore o di un assassino». La campagna elettorale? Rischia di diventare «una vomitevole carnevalata». 11 Presidente della Repubblica era salito al Castello di Udine ieri mattina per incontrare quanti, in occasione del terremoto di sedici anni fa, si erano prodigati nelle operazioni di soccorso alle vittime e ai senzatetto. Ma il suo discorso ha, quasi subito, abbandonato i toni della commemorazione per strapparsi in momenti di rabbia, toccare vertici di violenza finora mai raggiunti nelle esternazioni presidenziali, piegarsi in addolorate richieste di perdono. Francesco Cossiga, l'altra sera, aveva annunciato che, «per evitare possibili strumentalizzazioni», rinunciava a compiere la visita alla malga di Porzus dove avrebbe dovuto ricordare i 20 partigiani «bianchi» trucidati da una brigata garibaldina. Ma, ieri mattina, non ha voluto rinunciare a far conoscere il suo pensiero su quel periodo di storia. E, così, per mettere fine a quarant'anni di viltà sua e. di altri governanti e per «chiedere perdono a chi è morto per servire in modo esemplare la patria», il Capo dello Stato ha pronunciato con scoppi di rabbia qui, al Castello di Udine, quel discorso che avrebbe dovuto leggere, «con il capo cosparso di cenere» davanti alla lapide dei partigiani massacrati e al tempio di Cargnacco dove riposano i resti dei soldati italiani morti in Russia. Nel silenzio del salone ha chiamato ad uno ad uno i venti trucidati di Porzus: ((Avrei voluto che i loro nomi fossero lapidi con cui seppellire il passato. Invece no: sono pietre che lapidano chi offende ancora questi valorosi combattenti della libertà». Il ricordo della strage è stato, per il Presidente, l'occasione di gridare il suo ((basta». Basta con le ambiguità di comodo «che offuscano il ricordo dei caduti e lo splendore del nome Resistenza». Basta col tacere che la stessa Resistenza fu pensata e combattuta da non pochi come guerra civile: «Per affermare la verità non sono necessari né nuovi processi né postume vendette. Ma l'assassinio e il tradimento vanno considerati tali anche se sono passati 40 anni; non possono essere chiamati diversamente o assolti per fedeltà al partito o bassi interessi elettorali». Per omicidio e fellonìa, dice Cossiga, non si può invocare «il necessa- rio inquadramento storico». Ed ecco che il Capo dello Stato ritorna sulla sua ((prudenza» nel non aver attizzato «altri scontri» evitando di varare il giurì di storici che valutassero la lettera di Togliatti. «La mia è stata una sconfitta subita non dalla verità, ma dalla prepotenza». Quindi, durissimo, l'attacco al presidente del Senato, Spadolini, che, secondo alcuni giornali, aveva l'altra sera definito il gesto di Cossiga come una «vittoria della ragione». «No - ringhia il Capo dello Stato -. Ho preferito apparire uno sconfitto per non compiere atti che potessero rendere ancora più cattiva e laida certa campagna elettorale e che tutto venisse travolto in questo vomitevole, tragico carnevale». Ed aggiunge: «La ferita che quest'alta autorità dello Stato mi ha inferto, pronunciando parole imprudenti che nop vorrei essere costretto a definire impudenti, ha colpito innanzitutto una vecchia amicizia. E' una ferita che nessun vantaggio personale; né morale, né politico, né riconoscenza per patti infami porterà a questo signore». Accuse pesanti come macigni che, nel primo pomeriggio il Presidente, però, smentisce chiedendo scusa «all'amico Giovanni» e portando «a propria discólpa» i titoli di tre giornali Unità, Repubblica e Corriere della Sera - che l'avevano indotto a giudicare come vero il giudizio di Spadolini. «Ho parlato col presidente del Senato ed insieme abbiamo ricostruito l'episodio». Ecco il mosaico nato da questa conversazione: Spadolini si è rifiutato di dare una dichiarazione alla «Di¬ re», agenzia di stampa dei gruppi parlamentari del pds. Ma l'intervistatore, Antonio Tato, ex portavoce di Berlinguer, ha voluto ugualmente estrapolare dalla «conversazione amichevole» una frase che non corrisponde al pensiero del presidente del Senato. Dice Cossiga: «E' stata un'opera di grave provocazione contro le due massime autorità dello Stato. Mi auguro che i dirigenti del pds nulla abbiano a che vedere con questo atto piccolo stalinista. Se il pds non si dissocia dal direttore di "Dire", si apre un panorama nero». La decisione di non costituire la commissione storica per studiare lo scritto togliattiano accende altri fuochi di furore nell'esternazione del Presidente che ribadisce: «Ho rinunciato perché mi sembrava inutile e dannoso combattere per dire che io volevo, come credo tutti gli italiani, una cosa sola: Togliatti ha scritto o no queste infamie?». La voce diventa un sibilo: «Giudichi, poi, ciascuno se quelle parole hanno bisogno di un corretto inquadramento storico o sono quelle di un vigliacco, di un traditore o di un assassino». Ora il Presidente ritorna a toccare il tasto dolente di una campagna elettorale che egli, a tutti i costi, vuole preservare dalla «continua intossicazione» delle' calunnie e dei falsi dossier contro il Capo dello Stato. Poi, ha parole di rispètto per «le masse, gli elettori e i militanti» del pds. Si appone una medaglia che i dirigenti del pds, secondo lui, non possono vantare: «Io, all'opera di recupero delle grandi masse che avevano creduto nell'utopia comunista per una scelta radicale di libertà e giustizia, ho dato negli anni passati un contributo molto maggiore di questi quattro ragazzotti, ivi compresi quelli della de che mi vogliono insegnare la tolleranza e la democrazia». Renato Rizzo «La rinuncia all'inchiesta su Togliatti? Ha perso la ragione» «Anche i pidiessini devono entrare nella nuova Repubblica» Francesco Cossiga a Gemona è stato lungamente applaudito

Luoghi citati: Gemona, Russia, Udine