Ciotti e la lezione di Nevè-Shalom
Ciotti e la lezione di Nevè-Shalom L'esperienza di un villaggio israeliano dove arabi e ebrei sanno convivere Ciotti e la lezione di Nevè-Shalom Seminario a Villa Guatino sulla pace nel mondo Si sono trovati per «gridare pace» e per individuare una «strategia di educazione» che porti il mondo ad essere come «Nevèshalom», un piccolo villaggio israeliano a popolazione mista nel quale vivono, pacificamente, da anni, palestinesi, arabi, ebrei e cristiani. A lanciare quasta sfida, sono don Luigi Ciotti e il Gruppo Abele, da 26 anni in prima linea sui problemi dell'emarginazione e del disagio giovanile. Per due giorni, ieri ed oggi, studiosi, persone che da anni operano nel campo del volontariato, di associazioni per il dialogo religioso e dei movimenti per la pace, insegnanti, si confrontano a Villa Gualino. Un seminario: per denunciare realtà che altrimenti rischierebbero di chiudersi in sé stesse; per mettere a confronto esperienze e dubbi; per cercare soluzioni, in uno sforzo che don Ciotti ha definito «un investimento edu¬ cativo importante». Si è partiti da una riflessione sul sociale, per denunciare «le contraddizioni dell'illegalità in cui viviamo: ad esempio il Sud, con i mali eterni; l'evasione fiscale, soldi rubati alla collettività; la violenza criminale, che trova sostegno dentro alle istituzioni». La cronaca racconta ogni giorno di conflitti sempre più dolorosi e violenti: a farne le spese sono i più deboli, le minoranze etniche, culturali, sociali, economiche. il vuoto di legalità, l'incertezza, ha ricordato il sociologo Massimo Campedelli, «crea domande sociali che di fatto si traducono poi in rapporti violenti contro i più deboli». Qualche esempio? «Non sono forse gli abitanti dei quartieri più poveri che non vogliono come vicini zingari e immigrati? Non sono alcuni giovani, disoccupati, disorientati, che si fanno portatori di false ideologie del¬ l'ordine, come i naziskin?» Si stanno poi allargando forme di economia basate su commerci illegali: la droga, il contrabbando, le estorsioni, i sequestri, la microcriminalità. Forti parole di denuncia: «Dove non c'è giustizia, la solidarietà è indifesa e non vi può essere neppure pace». E allora «educare alla pace significa anche educare alla legalità». Ieri dal convegno è venuto un messaggio di speranza. «Il mondo cambierà, ho fiducia nei giovani»: parole di padre Bruno Hussar, il domenicano israeliano di 81 anni che ha fondato Neve Shalom, (significa «oasi della pace») quel villaggio su una collina battuta dai venti, nel deserto israeliano. Ed è per questo, si è detto, che bisogna avere il coraggio di parlare e denunciare: credere significa anche entrare in conflitto. Per educare alla pace, per sognare un mondo migliore.
Persone citate: Campedelli, Ciotti, Gualino, Neve Shalom, Shalom Seminario
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