Anfuso e i prigionieri italiani; «domata» la chioma della Sciarelli di M. 1.

 AL GIORNALE Mio padre a Dachau «in ottima salute» A proposito della lettera della signora Clarissa Anfuso, pubblicata su La Stampa del 6 febbraio, vorrei raccontare che, alla fine del 1944, la mia famiglia e altre il cui capo era stato rastrellato a Cuneo nella propria casa alla fine di luglio dai nazisti e dai fascisti, e poi deportato in Germania, ricevettero una lettera del ministero degli Esteri, o del Fascio di Berlino, firmata Filippo Anfuso, nella quale veniva testualmente scritto: «Vi informiamo che il vostro congiunto si trova nel campo di prigionia di Dachau (o Mauthausen, Buchenwald o altrove, secondo i casi) e gode di ottima salute». In effetti, mio padre a Dachau doveva godere ottima salute, perché fu poi trasferito ad Auschwitz, dove venne immediatamente liquidato. Per tutti questi anni, ho conti. nuato a essere addolorato e fiero per la sorte di mio padre, e a nutrire molto disprezzo per chi aveva firmato quelle lettere. Non pretendo che la signora Anfuso nutra gli stessi sentimenti, ma mi sembra veramente eccessivo che una persona come suo padre venga proposta alla pubblica ammirazione. Gianfranco Silvestro, Torino A rimorchio dei tedeschi per volere dei fascisti Non ancora assuefatto all'ondata di revisione storica in corso, sono inorridito nel prendere visione della lettera di Clarissa Anfuso riportata nella rubrica del 6 febbraio. Circa il gerarca Anfuso, la figlia ne declama l'atteggiamento «sfidante l'ira dei tedeschi», da lui avuto quando era ambasciatore a Berlino per la R.S.I., a favore dei prigionieri di guerra italiani, che ricordiamo erano stati inviati a rimorchio dei tedeschi da lui e dai suoi camerati. Credo sia doveroso ricordare chi fosse realmente il fascista Anfuso: fu uno degli uomini che caldeggiò operosamente lo scellerato patto Roma-Berlino, uno degli esponenti di punta dell'ala filogermanica del movimento fascista. Ma soprattutto fu l'ispiratore e il regista dell'omicidio dei fratelli Rosselli. Per i suoi misfatti l'Anfuso, noto nel ventennio come il «portaborse di Ciano», fu condannato a morte il 13 marzo 1945, e solo la «virile» fuga in Spagna, dal degno compare Franco, lo salvava dalla condanna. Luca Lisdero, Torino Marmitta catalitica: detraria dal 740 Attraverso La Stampa vorrei rivolgere due domande agli onorevoli Ruffolo e Formica. Onorevole Ruffolo, noi tutti speriamo di vivere in un ambiente meno inquinato; la vettura colpevole in parte serve per lavoro e divertimento ed inquina, occorre mettere tutti e subito la marmitta catalitica, quanto costa? Quasi come un mensile lavorativo e doppio per pensionati. Onorevole Formica, considerando che tutti i negozianti ed uffici scaricano sul 740 l'affitto, il riscaldamento, la riparazione o la sostituzione dell'auto, perché non proporre alla cittadinanza di sostituire la marmitta normale con la catalitica e detraria dal 740? Non pensa che almeno una volta saremmo tutti uguali, negozianti, lavoratori e pensionati? Luciano Mollica, Verona lo, pensionato «ricco» con 18 milioni l'anno Ho letto su La Stampa del 4 febbraio la lettera del signor Giuseppe Coronelli di Cologno Monzese (Associazione famiglie anziane) dal titolo: «Penalizzate le coppie con una sola pensione». Aggiungo solamente di condividere pienamente le argomentazioni svolte, sia per quanto attiene l'ingiustizia sul ticket, sia per quanto concerne «la coppia di anziani monoreddito (22 milioni) costretta a pagare un'Irpef più che doppia rispetto a quella pagata dalla coppia pari reddito con due pensioni». Come pensio¬ nato, vorrei aggiungere un'altra «perla». Penso sia noto a molti che i quiescenti che superano, sia pure di pochi spiccioli, i 18 milioni lordi annui devono pagare la «tassa sulla salute». Mentre chi arriva a 17 milioni e 999 mila lire non paga la gabella testé citata. Io che ho superato di poche lire i 18 milioni di pensione nel 1991 ho dovuto sborsare 195 mila lire. Ora, se la matematica non è un'opinione, chi è il «benestante»... Il sottoscritto che ha percepito 18 milioni e 10 mila lire oppure il pensionato al quale sono stati attribuiti 18 milioni esatti e quindi non si è visto sottrarre le 195 mila lire di tassa sulla salute? Signor Coronelli, credo che entrambi possiamo porci la seguente domanda: è mai possibile che questo governo non ne combina una buona neppure per «sbaglio»? Gaetano Taraschi, Torino Roma ha ridotto l'assistenza agli anziani Vi scrivo per protestare. Ho 70 anni, sono invalido civile, senza famiglia con 600 mila lire al mese di pensione. E non sono solo in questa situazione. Siamo in tanti. Ora, le pare giusto che lo Stato spenda tanti soldi inutilmente per sprechi vari? E poi, che dire dei milioni spesi per dare assistenza a tanti immigrati senza più pensare a noi poveri disgraziati? Con l'arrivo del sindaco Carraio, a Roma, si è ridotta ancor di più quella minima assistenza che il Comune di Roma ci forniva (buoni pasto per il ristorante) a noi poveri pensionati. E' tempo di elezioni. Tutti ci cercano. Ma il nostro voto vale quanto quello di un milionario? Angelo Mileo, Roma La giornalista era meglio acqua e sapone E' necessario espropriare una persona del suo buon gusto per renderla «compatibile» con la professione che esercita? Mi riferisco a Federica Sciarelli, la giornalista di Raitre. Poveretta, come l'hanno convinta a conciarsi! E' irriconoscibile. Chi l'ha conosciuta acqua e sapone non può fare a meno di ricordarne il viso pulito, prima che venisse violentato dai truccatori televisivi. E i capelli ricci e biondi? Non incorniciavano perfettamente l'immagine di spontaneità della giornalista? O erano eccessivamente progressisti e andavano meglio fissati, laccati...Il conformismo delle pettinatrici ha fatto miracoli: ha adeguato allo standard Rai tv la testa ribelle della giornalista, che finalmente risulta omogenea alla norma e alla ferrea disciplina di viale Mazzini. Certo con la Sciarelli semplice, un po' freak, con il giubbotto di cuoio e il foulard sospetto, l'Italia non sarebbe mai entrata nel '92... Nunzio Isoni, Oleggio I quadri mancanti In riferimento all'articolo del 6 febbraio, relativo ad opere scomparse dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia, la sottoscritta Giovanna Nepi Scirè, Soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Venezia, richiede la seguente rettifica: Contrariamente al vero sono state attribuite alla scrivente affermazioni non fatte. In seguito ad intervista telefonica, dietro richiesta precisò che non mancavano dipinti concessi in deposito dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia dagli Uffici del Quirinale, bensì, comunque dal lontano 1951, mancavano due testine di scuola veronesiana depositate nel 1923 all'aliora presidenza del Consiglio dei ministri. A tale scopo inviava addirittura una scheda di catalogo con le notizie relative. Giovanna Nepi Scirè soprintendente ai beni artistici e storici di Venezia E' stata la stessa soprintendente Giovanna Nepi Scirè a menzionare il Quirinale, tra l'altro pubblicamente durante un convegno sui musei che si è tenuto alla Fondazione Querini Stampalia. La stessa cosa aveva dichiarato in un'intervista sul mensile Marco Polo con queste precise parole: «E' in corso una revisione di queste opere ma non è facile rintracciarle tutte. Pensiamo che persino al Quirinale mancano . tre quadri!», [m. 1.]