Uomo chiedi aiuto al fantasma della moda di Domenico Rea

Uomo, chiedi aiuto al fantasma della moda Il galateo di Domenico Rea contro il casual Uomo, chiedi aiuto al fantasma della moda /v IGGI ci si veste casual. 11 Tutto è possibile e, ovII vi amente, lecito; ma una 11 volta, che sembra tanto " 1 tempo fa e si tratta di appena l'altro ieri, in molti casi vestirsi era come indossare un'uniforme. E allora bisognava badare a innumerevoli particolari anche minimi. Un'occasione per ripensarci ce l'offerse Alberto Moravia in un'intervista rilasciata al compimento dei suoi magnifici ottant'anni dove raccontava la storia della sua giornata. Si alzava prestissimo e alle sette era già al lavoro. Fra le undici e mezzogiorno smetteva e da questo momento si preparava a uscire; non negando di dedicare un tempo notevole alla scelta della camicia, della cravatta, del fazzoletto da tasca e del fazzoletto da infilare nel taschino. Dalla viva voce di un grande e laborioso scrittore che alla sua bella età osava ancora spingersi fin nel cuore dell'Africa, abbiamo avuto la testimonianza che vestire, almeno per gli uomini del tempo di Moravia e seguenti, non era mai un caso. Partiamo dalla camicia. Una volta, nella grande maggioranza dei casi la camicia doveva essere bianca. La camicia bianca ha una «virtù». Sta bene sotto qualsiasi giacca. Si abbina con qualsiasi pullover. La camicia azzurra, celeste o grigia, insomma le camicie colorate, venivano indossate dai contadini, dagli artigiani, dalla gente cosiddetta del volgo. Sappiamo bene come le cose oggi si siano completamente capovolte; ma se, minimamente, si vogliono rispettare certe regole - che sembrano ritornare - la camicia non deve stonare, né «sparare». Su una camicia rigata o a quadretti non potrà mai andarci una cravatta a fasce. Per la camicia rigata si preferiscono cravatte di un fondo o con disegni. Sulla camicia in tinta unita va bene qualsiasi cravatta, ovviamente cercando il tono giusto. Moravia possedeva trecento cravatte. Questa è certamente un'esagerazione; ma possederne un discreto numero è necessario. Si tenga bene in mente quest'altro particolare. Chi vuole veramente risplendere e imitare la tradizione classica inglese non metterà mai di sera una cravatta che contenga qualche goccia di rosso. Insomma, la cravatta dovrebbe essere una nuance del tutto. Non deve mai strillare (...). I calzoni corti Jeans, giacconi e pullover hanno livellato la moda e, in pratica, hanno distrutto la grande varietà dei vestimenti del pas¬ sato. In questo passato che il progresso tecnico ha spostato in un tempo remoto e quasi inimmaginabile, a ogni età l'uomo aveva il suo particolare modo di vestire. Il neonato stava fasciato, come una piccola mummia, almeno fino a un anno. Il bambino, fino a quando non sarebbe diventato fanciullo, ragazzino e adolescente, sarebbe rimasto sempre con i calzoncini corti (non diventava, come oggi, un ometto con jeans e pulloverino anche a un anno). C'erano famiglie che non ammettevano che i figli indossassero i calzoncini lunghi se non quando dimostravano, per uno o per un altro motivo, di essere diventati uomini. Ma anche quando l'adole¬ scente era stato ammesso nel novero, per così dire cumulativamente, dei grandi, da mille miglia si sarebbe potuto dirne l'età. Un giovanotto, fino a quando non raggiungeva la piena maturità, non avrebbe mai indossato un gilè, non soltanto per non sembrare un vecchio anzitempo, ma anche perché un abito con gilè veniva a configurarsi come una conquista sia all'interno della famiglia, sia nella società profondamente gerarchizBfta. Lo stesso discorso si dovJKhfc||'fare per il ! -vT fossero ul)hi*%ra chi poteva portare il cappello e chi, e per tutta la vita, il berretto. (...) cappello, be; teriori sepa Lo scialle di Croce In Sud e magia del grande antropologo scomparso Ernesto De Martino, lo scialle è presente quasi sempre sotto forma di dolore e di lutto. Scialli o teli fasciami, in un certo senso, erano le vesti delle donne antiche: le persiane, le egiziane, le greche, le romane (...). I pittori che dipinsero le madonne e le sante del Medioevo non dimenticarono gli ondeggiamenti suggeriti dal suo movimento. Nel Rinascimento incomincia a prendere un suo valore in assoluto. In Spagna si trasforma in mantiglia; in alcune zone del Mediterraneo settentrionale in drappo. Lo scialle, da indumento, da coprispalle o da liberaspalle, come il ventaglio, diventa uno strumento del fascino femminile. Elsa Morante intitola uno dei suoi racconti Lo scialle andaluso perché sa che nel mito spagnolo lo scialle acquista un fascino eroico e indistruttibile. Ma lo scialle conosce anche altre e più quotidiane dimensioni. Nelle case fredde serviva a tener calde parte del petto e delle spalle. Fino agli Anni Cinquanta era normale trovare uomini, anche giovani, con indosso uno scialle. Soprattutto lo usavano coloro che facevano un lavoro da tavolino e in ispecie gli studiosi, per ricevere caldo e conforto. Intervistai nel 1946 Benedetto Croce, venne a incontrarmi coperto con uno sci alletto, come quello delle nonne. Ma ancora intorno agli Anni Sessanta, di sera e di notte, le donne si premunivano di uno scialle e, incredibile, esso conferiva uno charme sia alle donne alte, sia alle basse. Le alzava, le sollevava. Conferiva a ciascuna uno status affascinante e anche qualcosa di molto erotico. (...) Domenico Rea a e. la Gabriela d'Annunzio e Alberta Moravia, che avevauOO cravatte. In alto. Edoardo Vili e Sofia Lore\, citati da Rea: il du non indossava\nai nulla che apparisse

Persone citate: Alberta Moravia, Alberto Moravia, Benedetto Croce, Domenico Rea, Edoardo Vili, Elsa Morante, Ernesto De Martino, Moravia

Luoghi citati: Africa, Spagna