Quelle bugie su Dallas di Gaetano Scardocchia

Quelle bugie su Dallas Punto per punto le certezze, le ipotesi e le speculazioni sul mistero durato trent'anni Quelle bugie su Dallas PNEW YORK ER dimostrare che John F. Kennedy fu fatto fuori da un complotto, il regi I sta Oliver Stone, nel film JFK, intreccia realtà ed immaginazione. Sequenze a colori si alternano con sequenze in bianco e nero nelle quali le descrizioni documentarie risultano a loro volta interpolate da scene di fantasia, così che lo spettatore non è in grado di distinguere le une dalle altre, ossia i fatti certi dalle congetture. Per aiutare i lettori a districarsi nello spettacolare quanto fraudolento labirinto creato da Stone, riteniamo utile fornire sotto forma di domande e risposte - una piccola guida ragionata che può consentire di seguire criticamente il film. Le fonti alle quali abbiamo attinto sono alcuni giornali americani {New York Times, Washington Post, Newsday, Newsweek e Us and World Report) i quali hanno ricostruito gli eventi di 28 anni fa a beneficio di coloro che non li conoscono o li hanno dimenticati. Qual è la vera novità del film di Stone? E' la tesi che Kennedy fu vittima di una congiura di palazzo, di un vero e proprio colpo di Stato. Altri prima di Stone hanno avanzato le ipotesi più disparate, chiamando in causa ora la Mafia, ora il Kgb, ora la Cia, l'Fbi, i militari, e chipiù ne ha più ne metta. Stone sposa l'opinione più estrema e provocatoria: che a tramare l'attentato siano stati la Cia, l'Fbi, i capi militari, con la complicità del vicepresidente Johnson e dell'intero establishment politico dell'epoca. E' la tesi sostenuta a suo tempo dal procuratore Jim Garrison, l'eroe del film, interpretato da Kevin Costner. In parte, sì, ma Stone ci ha aggiunto episodi e personaggi inesistenti, come l'anonimo colonnello (interpretato da Donald Sutherland) che fornisce la chiave di tutti i misteri. Garrison in America non è considerato un eroe, ma un magistrato paranoico e stravagante. In verità il processo contro gli omosessuali e gli anticastristi di New Orleans (1968-69) fu un tale fiasco che Garrison finì col disertare la maggior parte delle udienze, e mai pronunciò l'arringa finale che Stone gli attribuisce e che è inventata di sana pianta. Solo negli anni successivi, Garrison ha sviluppato l'ipotesi del «colpo di Stato», in particolare nel libro On the trails ofassassins, apparso nel 1988, ossia venti anni dopo il fallimentare procedimento giudiziario. (In Italia, JFK. Sulle tracce degli assassini è stato appena pubblicato da Sperling & Kupfer). Qual è la debolezza di questa teoria? E' la sua astratta ed inverosimile coerenza. In sostanza, il complotto avrebbe coinvolto migliaia e migliaia di persone tra poliziotti, militari, funzionari della Cia, oltre ai più diretti e fedeli collaboratori di Kennedy, compresi i suoi familiari, colpevoli di collusione se non di peggio. Ricordiamoci che il capo della Cia, John McCone, era un fedelissimo di Kennedy, che il ministro della Giustizia (e dunque il controllore dell'Etri) era suo fratello Robert: cospiratori, complici anche loro? Garrison nel suo libro ha qualche dubbio. Il regista Stone è invece privo di ogni scrupolo nel comporre il delitto perfetto. E' inimmaginabile che l'America abbia potuto custodire un simile segreto per quasi trent'anni: un'omertà così vasta e così ferrea è in contrasto con tutta la sua storia. Il film sostiene che Kennedy fu ucciso perché voleva ritirare le truppe dal Vietnam e fare una politica distensiva. Che c'è .di vero? Lo storico Arthur Schlesinger, che era amico di Kennedy, e l'ex diplomatico Roger Hilsman che all'epoca era assistente segretario di Stato per l'Estremo Oriente - dicono che Kennedy non voleva impegnare l'America in im conflitto di .larga scala nel Vietnam. Ma non era certo il so lo. Contro un intervento massiccio si era schierato addirittura il generale MacArthur, ossia il più prestigioso rappresentante dell'establishment militare. Ma resta tutto da dimostrare che John Kennedy, un fermissimo avversario del comunismo, avrebbe saputo scongiurare, se fosse vissuto, il lento, graduale e tragico coinvolgimento militare nel Sud-Est asiatico. Esistono le prove che volesse ritirarsi dal Vietnam? Ci sono i ricordi personali di alcuni collaboratori. Gli storici più seri ritengono che Kennedy, nell'autunno del 1963, fosse tormentato dai dubbi. E' vero che pochi giorni prima dell'attentato aveva disposto il richiamo dal Vietnam di un migliaio di militari (ce n'erano allora 16.263), ma questa decisione - che poi Johnson confermò - aveva un movente tattico e non era affatto l'inizio di un ripiegamento. Anzi nel discorso che si accingeva a pronunciare a Dallas il giorno dell'attentato, del quale esiste il testo, si proponeva di dire che l'America non avrebbe abbando¬ nato «il doloroso, rischioso e costoso sforzo nel Sud-Est asiatico... perché noi americani siamo - per destino più che per scelta le sentinelle sulle mura della libertà». I critici del film di Stone credono dunque ancora oggi alla versione della commissione Warren, secondo la quale l'attentato fu l'opera solitaria di un pazzo? No, oggi molti ammettono che la commissione raccolse un materiale vastissimo, ma svolse un lavoro complessivamente lacunoso. Per esempio, trascurò sia la pista mafiosa che quella cubana. Earl Warren, il presidente, era un uomo probo. Voleva chiudere in fretta le indagini per rassicurare l'opinione pubblica. Purtroppo, nessuna delle inchieste successive ha offerto spiegazioni più convincenti o meglio argomentate. Anche il comitato speciale della Camera dei rappresentanti (il Select Committee on Assassinations spesso citato nel film) ha ammesso nel 1979, quindici anni dopo Warren, che potrebbe esserci stata una cospi¬ razione - ad opera in particolare della mafia e degli anticastristi ma ha confessato di non averne le prove. Il comitato parlamentare ha però smentito il rapporto Warren su un punto fondamentale, e cioè che i colpi sparati contro Kennedy furono quattro e non tre. Sì, questo è il cardine dell'inchiesta Warren. Se i colpi furono quattro, significa che a sparare furono almeno in due. Ma con due sparatori la teoria del pazzo solitario non regge. Va soggiunto però che non esistono certezze. Indagini di questo tipo sono straordinariamente complesse e non forniscono risultati infauibili. L'ipotesi di un quarto colpo, che comunque sarebbe andato a vuoto, fu avanzata dal Select Committee sulla base di un'analisi di sincronizzazione tra le immagini riprese dal signor Zapruder (ampiamente riproposte dal film di Stone) e di rumori registrati attraverso la radio di un poliziotto in motocicletta che seguiva la limousine presidenziale. Si sente qualcosa che gli esperti riconoscono come un quarto sparo. Altri test successivi, uno dei quali condotto nel 1982 dalla National Academy of Sciences, hanno tuttavia contraddetto questa conclusione. Insomma, la versione ufficiale è stata incrinata, ma non distrut-' ta. Il film è molto convincente quando dimostra che Oswald non poteva sparare tre volte nel giro di meno di sei secondi, e che comunque il fucile era impreciso e lui era un pessimo tiratore. Il film distorce alcuni fatti e ne ignora altri. Tenuto conto che il primo colpo era già in canna, Oswald dovette spingere la leva di caricamento solo due volte. La commissione Warren ha stabilito che l'intervallo tra il primo ed il terzo colpo oscilla tra 7,1 e 7,9 secondi, un tempo giudicato sufficiente per ricaricare e mirare. Non è vero che il MannlicherCarcano di costruzione italiana era un fucile «inutile ed arcaico», come dice Garrison. Era un'arma efficace, come sanno i combattenti austriaci ed italiani di due guerre mondiali, e comunque Oswald si era addestrato ad usarla. Oswald non sarà stato il migliore dei tiratori, ma - quando era nei marines - aveva superato sia la prova di «marksman» (medio tiratore) che di «sharpshooter» (tiratore preciso) ed era un appassionato di armi. Nel film si sostiene che nessun tiratore scelto fu capace di ripetere l'exploit di Oswald. Tre tiratori scelti di fanteria pro¬ varono l'arma contro bersagli fìssi posti alla stessa distanza e nella medesima prospettiva dalla quale avrebbe sparato Oswald. Nei primi quattro tentativi, piazzarono due colpi su tre, come Oswald, che però aveva nel mirino un bersaglio mobile. Un tiratore dell'Fbi riuscì a piazzare quattro serie di tre colpi su un bersaglio più grande, ma posto ad una maggiore distanza. Diciamo che Oswald fu più preciso di quanto si potesse immaginare, ma l'accuratezza dei suoi colpi, ancorché sorprendente, rientra nell'ambito delle possibilità. Le immagini riprese dal signor Zapruder dimostrano che il colpo mortale proveniva dalla direzione opposta a quella di Oswald. Questa è l'Opinione di Garrison e di Stone, i quali la desumono dal brusco movimento all'indietro della testa di Kennedy colpita dal proiettile. Ma i neurologi spiegano che lo squarciamento delle cellule cerebrali può provocare un simile sobbalzo all'indietro anche se il proiettile entra dalla parte posteriore del cranio. Su questo punto, il Select Committee ha confermato in pieno la versione ufficiale. Stone sostiene che la prima pallottola (la cosiddetta «pallottola magica») non può aver attraversato sia il corpo di Kennedy che quello del governatore Connally ed essere rimasta quasi intatta. Gli esperti balistici dicono che è possibile perché passò attraverso tessuti molli (nel caso di Ken- nedy) e ossa di scarso spessore (nel caso di Connally). E inoltre alcune sofisticate analisi di laboratorio hanno confermato che quella pallottola era stata sparata dal fucile di Oswald. Ma Stona ci mostra che l'intera autopsia fu addomesticata. E' vero che essa venne condotta in un ospedale militare (quello di Bethesda, nel Maryland) e da medici militari. Ma il Select Committee nel 1979 ha fatto esaminare foto e radiografie da medici civili che ne hanno confermato l'autenticità e la coerenza. Su nove medici legali, otto hanno convalidato le conclusioni dei colleghi militari. Solo uno ha votato contro. Conviene osservare che taluni accertamenti (per esempio lo studio in dettaglio del percorso della prima pallottola) non furono eseguiti perché i familiari di Kennedy non volevano la dissezione del corpo del Presidente; già sfigurato dal colpo al cranio e dalla inutile tracheotomia praticata nell'ospedale di Dallas, che aveva lacerato 0 foro d'uscita della prima pallottola. Perché allora è scomparso il cervello di Kennedy dagli archivi di Washington? Non è esatto. E' accaduto questo: nel 1965 i parenti di Kennedy, su iniziativa del fratello Robert, ritirarono tutti i reperti autoptici, che per legge sono di proprietà della famiglia, e ne restituirono solo una parte. I Kennedy non parlano di queste cose, ma dal loro silenzio si può desumere che il cervello - del quale restano le analisi e le radiografie - è stato sepolto. Perché tanti documenti delle indagini restano ancora segreti? Perché così prevedono le leggi ed i regolamenti americani. Per esempio, tra i documenti segreti c'è la dichiarazione dei redditi di Lee Oswald, che non può essere resa pubblica, al pari delle dichiarazioni di tutti i contribuenti. Ad ogni modo, il film di Stone ha indotto molti parlamentari ed ex membri della commissione Warren a chiedere il rilascio anticipato della documentazione «classified», una proposta che probabilmente verrà approvata. I misteri verranno dunque finalmente chiariti? No, questi documenti non custodiscono segreti che consentano di sciogliere i dubbi. Tutto lascia temere che l'uccisione di Kennedy resterà per sempre avvolta nel mistero. Perché i fatti di per sé sono complessi e ambigui. E poi perché la visione cospirativa della storia è sempre più attraente di una verità incompleta. Tanto è vero che ancora oggi continuano a circolare nuove congetture sull'assassinio di Abraham Lincoln, che risale a oltre un secolo fa. Gaetano Scardocchia uncomoo fra Cia e Fbi smentita dalle inchieste e dagli esperti. «Un segreto incustodibile così a lungo»