«Ero un artigiano delle atomiche»

«Ero un artigiano delle atomiche» «Ero un artigiano delle atomiche» Un tecnico russo: montate a mano, senza protezione MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I russi la loro «bomba» la facevano a mano: è la sorprendente, un po' triste confessione di un ex specialista nucleare, che per anni ha montato gli ordigni atomici in una delle fabbriche supersegrete dell'allora temutissimo «complesso indùstrial-militare» sovietico. Secondo la «Komsomolskaja Pravda», che ne ha pubblicato la storia, Aleksandr Minaev, 54 anni, arrotonda oggi la pensione lavorando come portiere. Ma per 14 anni è stato ad Arzamas 16: uno dei più noti laboratori ex-segreti per la fabbricazione delle atomiche, situato nella regione di Nizhni Novgorod. Gli altri, un tempo innominabili, sono Sverdlovsk 44, Sverdlovsk 45, Cheljabinsk 70 ed alcuni altri attorno a Penza. In questi laboratori, spesso sotterranei, militarle civili costruivano le cariche nucleari «praticamente a mano», in base ad una tecnologi* rimasta essenzialmente invariata dai tempi di «Tatjana» e.«Ivan», le prime atomiche sovietiche, realizzate nel 1948.Gli ordigni ed i container con e «palline» di uranio arricchiti venivano spostati su cilindri fino al posto di montaggio. Con una ventosa speciale Minaev prelevava la «pallina» d uranio e la collocava nella massa di esplosivo convenzionale, che fa da «iniziatore» dell'esplosione, fissandola a dei fermi regolabili. Il montaggio \eniva concluso applicando b componenti elettriche, in particolare gli spinotti per i ditonatori della carica convenzionale. Durante tutte le operazioni i tecnici avevano scarsissima protezione: «guanti di gómma e liquido per lavarsi, alcol o benzolo». Alle lamenteleper l'alto livello, di radiazioni nai reparti, i dirigenti del laboratorio rispondevano: «Siete r^litari, e dovete comunque affrontare con coraggio le difficoltà». Ogni tanto si facevano vedere i «capi», e Minaev ricorda anche una visita di Andrej Sacharov, che allora lavorava alla bomba all'idrogeno. La paga di un tecnico era misera: 180 rubli, quanto quella di un impiegato di ministero, più il pranzo gratis. «Dopo il turno di lavoro, si tornava al dormitorio, si riposava qualche ora, si spazzavano via dal cuscino i capelli caduti, e si tornava al lavoro». Anche ad Arzamas 16, come in ogni impresa sovietica, bisognava osservare il piano di produzione, e ogni mese si montavano circa 30 bombe atomiche. Tuttavia nei periodi di crisi, ad esempio durante la crisi di Cuba del 1963, «se ne facevano un mucchio di più, per mandarne ai cubani il più possibile». Secondo Minaev, che nella sua vita ha montato «alcune migliaia» di bombe, non sarà facile «liberarsi» delle 30 mila atomiche accumulate negli anni della guerra fredda. A parte le difficoltà di trasporto e conservazione, «le càriche possono essere smontate solo lì dove sono state fabbricate». La tecnica, invece, è nota da tempo: nei depositi dalle bombe vengono rimossi gli spinotti dei detonatori. Una volta portati gli ordigni in fabbrica, poi, si estraggono le «palline» di uranio, che vengono riposte di nuovo nei container, ed il resto, carica convenzionale e involucro, viene invece inviato alla distruzione o allo smontaggio. Chi conosce questo mestiere come Minaev, con la vita che fa, può mai resistere alle lusinghe di una potenza straniera? Una volta, racconta lo specialista, mi ha telefonato un vecchio collega: «Ho sentito che la Libia assume i nostri tecnici. E' vero?». Fabio Squillante

Persone citate: Aleksandr Minaev, Andrej Sacharov, Fabio Squillante, Minaev

Luoghi citati: Cuba, Libia, Mosca