«Lo sciopero del bisturi se non tornano indietro»

«Lo sciopero del bisturi se non tornano indietro» «Lo sciopero del bisturi se non tornano indietro» LA PAURA IH SALA OPERATORIA INFURIATI. E anche un po' monotoni. Dal luminare al medico di famiglia, il coro è uno solo: «Sentenza assurda». «Decisione scriteriata». «Un fatto gravissimo». I medici italiani sono sotto choc. La Cassazione ha deciso che d'ora in poi andranno sotto processo, accusati di omicidio colposo, anche se il loro intervento aveva una sola probabilità su tre di salvare il paziente. E loro, tutti, il giorno dopo chiedono al ministro della Sanità De Lorenzo almeno di istituire una commissione scientifica, e non usano mezzi termini per replicare ai giudici della Suprema Corte. «Dire che il medico è in qualche modo responsabile della morte dell'ammalato mi pare in linea di principio una grossa sciocchezza, è esattamente il contrario della nostra missione» dice il professor Alessandro Mazzucco, erede di Vincenzo Gallucci e ora primario, di cardiochirurgia a Verona, «io - spiega - sono d'accordo nel dire che in qualche modo può esserci una parte di responsabilità anche se l'intervento è ad alto rischio. In- tendo dire che non ci si può permettere di operare male anche se il paziente è allo stato terminale. E poi la colpa professionale è una cosa e l'accetto, introdurre il principio di responsabilità è invece pericolosissimo. Se non interverranno modifiche, penserò seriamente all'idea di cambiare mestiere. In cardiochirurgia la possibilità che un'operazione fallisca purtroppo c'è, ma se pensiamo a questo chi prenderà ancora un bisturi in mano?». Già, un'opinione condivisa da Angelo Fiori, direttore dell'istituto di medicina legale dell'Università cattolica di Roma: «Le possibilità che con un intervento medico il paziente si sarebbe potuto salvare dovrebbero superare almeno il 50 per cento, per essere considerate una ragionevole probabilità e quindi per giudicare l'esistenza del reato di omicidio colposo...». Chi non accetta di parlare di numeri e probabilità legate alla morte di un ammalato è il professor Lucio Parenzan, primario di cardiochirurgia agli Ospedali Riuniti di Bergamo: «Se passano questi discorsi assurdi, io mi rifiuterò di entrare in sala operatoria. Com'è possibile introdurre teorie matematiche in medicina? Come si può dare la responsabilità, o una parte di essa, per un intervento fallito ad un chirurgo, e non all'intera équipe o addirittura alla struttura ospedaliera in cui lavora? Nel nostro settore c'è una mortalità media del 5-6 per cento, ma che ne sanno i giudici? Finiscono per caso sotto processo loro quando sbagliano?». Giuseppe Silvestri, ginecologo, e Antonio Leone, anestesista, non sono considerati dei luminari nel loro settore. Ma da ieri sono sotto i riflettori. La sentenza della Cassazione, infatti, è «colpa» loro. Sono loro ad aver curato, nel 1984, nella clinica «Villa Bianca» di Napoli, la donna poi morta di tetano. E dalla denuncia del marito è scoppiato il caso. «Questa sentenza è la logica conclusione di un processo celebrato come una farsa» attacca dal suo ambulatorio, ancora in quella casa di cura, il dottor Giuseppe Silvestri, diciotto anni di professione alle spalle «e nessuna denuncia in tribunale». «Io e il mio collega siamo stati condannati solo per un sospetto. Quella donna, infatti, non aveva possibilità di sopravvivere, ma nessuno è stato in grado di dimostrare che la spora del tetano è entrata nel suo corpo attraverso la ferita del parto cesareo. E allora, perché la condanna sulla colpa? Come hanno fatto i giudici a stabilire addirittura le probabilità?». Più duro ancora il primario di anestesia Antonio Leone, per vent'anni al Cardarelli: «Il caso è stato indubbiamente trattato molto male dai nostri avvocati, che rie hanno capito poco. Certo credo che anche i magistrati, compresi quelli della Cassazione, se ne intendano poco di tetano. Quel che non capisco è quel trenta per cento di possibilità di salvare il paziente. E chil lo stabilisce? Esiste una statistica? Sulle morti per tetano fulminante certamente no. Le abbiamo cercate anche noi, ma non esistono. A questo punto deve intervenire il ministro della Sanità: nomini una commissione di esperti al massimo livello, si facciano delle perizie, e non solo per il nostro caso specifico ovviamente, e poi si riveda questa sentenza». Flavio Corazza Parenzan accusa «Con queste regole sono pronto a ritirarmi» i ? Da sinistra il cardiochirurgo bergamasco Lucio Parenzan, pioniere dei trapianti di cuore in Italia; Eolo Parodi, presidente degli Ordini dei Medici e Alessandro Beretta Anguissola, vice presidente del Consiglio Sanitario Nazionale

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