L'ultimo sogno di De Zolt

L'ultimo sogno di De Zolt L'ultimo sogno di De Zolt Una fatica lunga 50 chilometri per conquistare una medaglia Nella storia del fondo italiano ci sono due medaglie olimpiche. Una, quella d'oro, risale al 1968 quando Franco Nones sorprese tutti, rivali, tifosi e forse anche se stesso, dominando la 30 km a Grenoble. L'altra porta la firma di Maurilio De Zolt, argento a Calgary nel 1988 sulla 50 km. Gli azzurri hanno contribuito, un poco alla volta, a incrinare la supremazia degli atleti scandinavi e dell'Est europeo: supremazia che aveva origini ataviche, in uno sport che era praticato soprattutto nelle grandi pianure innevate del Nord. Una naturale evoluzione della disciplina ha portato sui tracciati agonistici salite e discese: radicali cambiamenti della tecnica e - perché no, diciamolo pure l'avvento anche da noi di un certo tipo di professionismo hanno alterato i precedenti equilibri. Oggi il fondo vive ancora sulle imprese di norvegesi, svede¬ si, finnici e russi, ma presenta anche un panorama più ampio nel quale il ruolo degli italiani potrà essere quello di outsiders, capaci di inserirsi nella lotta per salire sul podio. La pattuglia azzurra, sette atleti, è guidata dall'ultra quarantunenne Maurilio De Zolt e comprende gli altri due bellunesi Silvio Fauner e Gianfranco Polvara, il trentino Giorgio Vanzetta, il veronese debuttante Fulvio Valbusa, il gardenese Alfred Runggaldier e il valdostano Marco Albarello. Tutti ragazzi che in teoria, nella giornata giusta, in condizioni favorevoli, potrebbero esaltarsi ed arrivare in medaglia. Ma le speranze maggiori poggiano proprio sulle spalle d'acciaio di Maurilio De Zolt, detto «il Grillo» per il suo stile saltellante. In realtà, però, il pompiere di San Pietro Cadore, malgrado il fisico minuto, è una specie di Rambo delle nevi, capace di stroncare avversari che sono colossi. A dispetto dell'età e di ogni logica, ha scelto questa occasione per dare l'addio alle gare: la prova più massacrante, la 50 km che concluderà i Giochi. «Mi sono preparato bene - dice il maratoneta delle nevi - per la pista di Les Saisies che è un continuo saliscendi. Sono fisicamente a posto. Ma ciò che mi dà la carica è lo spirito: ho tre figli e mi sento un giovanotto. La competizione mi fa ricordare i periodi epici della mia infanzia, quando per campare passavo, d'inverno, le notti nei boschi, sperando di portare indietro qualcosa da mangiare». Ora i tempi sono cambiati, De Zolt si è costruito una casetta, ha ritemprato i muscoli e si è fatto i polmoni lavorando anche come muratore e percorrendo quei 10 mila chilometri di allenamento che sono la sua presentazione. Una medaglia potrebbe essere il grande premio, ma non vogliamogliene se non ci riuscirà: il «Grillo» è già un fenomeno per il solo fatto di essere fra i protagonisti, [c. eh.] m in Tre alfieri del fondo italiano: da sinistra. De Zolt, che a 41 anni vorrebbe ripetere l'argento sui 50 km, Albarello e Vanzetta