Cézanne, un furto nato in Galleria

Cézanne, un furto nato in Galleria Roma, per i carabinieri è stato rubato dal personale del Museo o dagli operai di manutenzione Cézanne, un furto nato in Galleria Violato dai ladri uno dei migliori sistemi di sicurezza Giallo sulla data della denuncia presentata dal ministero ROMA. Facce tirate, porte precipitosamente chiuse, sospetti, nervosismo, sgarbati fuggi fuggi: al secondo piano del Museo Nazionale d'Arte Moderna, dove su un lungo corridoio si affacciano le porte della Soprintendente Augusta Monferini e dei funzionari a lei più vicini, l'aria è irrespirabile, da palazzo dei veleni. Quel Cézanne che sembra essersi volatilizzato facendosi beffa di «uno dei migliori sistemi di sicurezza» predisposti per neutralizzare ladri che vengano da fuori, è diventato un fantasma che sconvolge la vita e la carriera di molti inquilini del palazzo. Quella denuncia che i carabinieri finalmente raccolgono, per tre ore, in mattinata, quasi quindici giorni dopo la scomparsa del prezioso acquerello, è costellata di troppe imbarazzate contraddizioni per risultare una pura formalità. E la presenza massiccia dei giornalisti nella Galleria è la spia di un'altra particolarità di questo caso: sono stati loro a diffondere la notizia del Cézanne scomparso, e l'informazione era arrivata da una «gola profonda» che al telefono aveva spiattellato la verità. Il pasticcio adesso ha effetti incontenibili. Covatta, sottosegretario ai Beni Culturali, parla di «episodio allarmante» e si chiede «come sia possibile non conoscere il preciso momento e le precise modalità dell'illecita sottrazione». I carabinieri parlano di «furto in casa», «furto compiuto dal personale della Galleria o da operai addetti alla manutenzione dell'edificio». Il ministero dice di essere stato messo al corrente il 1° febbraio e di averne fatto denuncia ai carabinieri e alla procura della Repubblica il giorno stesso. Ma i carabinieri dicono che quella denuncia non è mai arrivata, e che esiste solo quella presentata ieri dopo che i giornali ne avevano parlato - dalla soprintendente Monferini. Durissimo il commento di Palma Bucare Ili, che della Galleria è stata soprintendente fino al 1975 e che per l'acquisto di quel Cézanne si era impegnata, nel 1960, attirandosi critiche arrivate fino in Parlamento con un'interrogazione del comunista Trombadori: «Le opere d'arte non sono sacchi di patate. Io lo tenevo così bene quel Cézanne! Sempre sotto sorveglianza. Esposto. Opere delicate come quella non le mettevo mai nei depositi». Poi, rialzando il tiro, lei che conosce bene la Monferini, arrivata giovanissima alla Galleria durante la sua gestione: «Sarebbe necessario che tutti gli addetti alle soprintendenze, dall'ultimo arrivato tra i custodi fino al soprintendente, fossero selezionati in base alle loro capacità e ai loro interessi». . Sotto una grande tela di Fabrizio Clerici, tra un quadro di Accanii e uno di Turcato, Augusta Monferini si è presentata ieri ai giornalisti. Ha detto: «Abbiamo un importante dipartimento di grafica, in ambiente chiuso e controllato. Qui stava il Cézanne, 30 per 50, un foglio di carta chiara con due paesaggi sulle due facce, non firmato né datato, ma di certa attribuzione, del 1896. Abbiamo 20 mila disegni e acquerelli. Chiusi in cartelle, disposte in cassetti che a loro volta sono messi dentro grandi contenitori di metallo. Sia gli armadi sia i locali del deposito sono chiusi a chiave. Le chiavi sono a disposizione del personale che per lavoro ha diritto d'accesso a quei locali». Quante persone? «Non posso dirlo». C'è un registro su cui si segna chi entra? «No». Dopo le 14, quando la Gallerìa chiude, funziona un sofisticato sistema di allarme: su un monitor - in portinerìa - si accende una luce che segnala la presenza di qualcuno m qualche stanza e una stampante registra l'ora e la stanza «violata». Registra anche il nome della persona che entra, una persona che ovviamente lavora nella Gallerìa? «No». Sistemi d'allarme carenti? «No. Abbiamo uno dei migliori, grazie ai fondi straordinari del Fio. Un congegno delicato. Predisposto per prevenire i rischi dall'esterno». Si pensava di mandare quel Cézanne a Verona per una mostra su Venturi. Per questo era necessario un certificato di «buona conservazione». «Il 20 dicembre Valeria Gentilucci, una nostra bravissima restauratrice, ha prelevato l'acquerello per controllarlo. Lo ha trattenu¬ to nel laboratorio fino al 10 gennaio quando lo ha riposto nella sua cartella, nel terzo cassetto del classificatore, e ne ha lasciato registrazione sul registro. Il 22 gennaio è tornata ad aprire quella cartella, per la sostituzione dei passe-partout. La cartella era vuota. Con tracce dello strappo delle linguette di velina che fermano l'opera al supporto. Senza alcun segno di effrazione intorno. E' corsa da me. Mi ha portato la cartella vuota». La prima ipotesi è che ci sia stato un errore, che il foglio sia scivolato fra altri. La Galleria viene «rivoltata», come sussurrano i custodi. La Monferini prosegue: «Prego la Gentilucci, il suo aiutante e due dipendenti di cercare il Cézanne fra i 20 mila pezzi catalogati. Senza risultato. Il 30 gennaio mando al mio direttore generale, Sisinni, una relazione». Ma si continua a mantenere il silenzio. Tempo prezioso perso? «No. La speranza è l'ultima a morire. Il mio compito è fare tutto il possibile per recuperare un'opera preziosa». E perché solo oggi la denuncia? Possibile che si pensasse di tenere nascosta al mondo una cosa simile? La Soprintendente adesso ha la faccia segnata, respinge i microfoni, dice: «Non voglio fare altre dichiarazioni». L'incontro è finito. I veleni che circolano nel palazzo restano aspri. Liliana Matteo La Gallerìa d'arte moderna di Roma, dove è scomparso il Cézanne La soprintendente Augusta Monferini spiega che l'acquerello si trovava in uno scaffale metallico e che era destinato al trasferimento nel nuovo villino Andersen, dove sarà allestita la sezione delle opere grafiche

Luoghi citati: Roma, Verona