Nebbia, terrore e sangue in autostrada

Nebbia, terrore e sangue in autostrada Cinque morti carbonizzati e quaranta feriti nel maxitamponamento fra Cesena e Forlì Nebbia, terrore e sangue in autostrada La sciagura vicino a un cantiere per la terza corsia All'origine dell'incidente forse un sorpasso tra camion FORLÌ' NOSTRO SERVIZIO «E' stato come calarsi nell'inferno: fuoco, fiamme; urla strazianti. Un viaggio nel terrore». E' un racconto da superstite di una grande tragedia quello che fa un giovane con accento veneto qualche ora dopo il maxitamponamento avvenuto, a causa della nebbia, ieri mattina poco dopo le 8,30 sull'autostrada A-14 tra i caselli di Cesena e Forlì, sulla carreggiata Sud. Il bilancio è agghiacciante: cinque morti e quasi quaranta feriti. Coinvolti oltre 30 automezzi, tra Tir e auto, oltre a due pullmini della polizia di Firenze. Un groviglio inestricabile di lamiere, rese incandescenti dalle fiamme. Delle cinque vittime, tutte carbonizzate, è rimasto così poco che con difficoltà è stato possibile identificarle. Si tratta di Felice Caviano, 28 anni, di Rho; Giuseppe Vona, di Rho; Francesco Carvello, di San Severina (Catanzaro); Antonio Solegaroli e Tiziano Mendeni, di Brescia. Viaggiavano su due auto: un'Alfa 75 e un'Audi 100, completamente distrutte dalle fiamme. Nella prima auto è stato trovato un pezzo di carta d'identità rilasciata dal Comune di Catanzaro ma è in gran parte bruciata. I feriti, soprattutto emiliano-romagnoli, ma anche di Milano, Pordenone, Conegliano e Firenze, sono stati soccorsi e trasportati negli ospedali. Complessivamente sarebbero state ricoverate o medicate quasi 40 persone. Tra loro solo due sono ancora in gravi condizioni. Si tratta di un sovrintendente della squadra mobile di Forlì, Luigi Urbani, 51 anni, bolognese, ricoverato in rianimazione in coma. Insieme ad altri suoi quattro colleghi era diretto a Senigallia per motivi di servizio. E' in prognosi riservata anche Antonio Campagna, 45 anni, di Fasano di Pordenone. Gli altri feriti hanno prognosi che vanno dai pochi giorni a due mesi di guarigione. Praticamente illesa una bimba di 5 mesi, Giulia Pantieri di Medicina (Bo), che viaggiava con la madre. All'origine del tragico incidente le cause già conosciute e lungamente discusse. La nebbia da una parte, l'alta velocità dall'altra. Due elementi ormai classici per le stragi sull'autostrada, purtroppo abituali questo inverno nella pianura Padana. Alle quali però si deve aggiungere una situazione in più: il restringimento della carreggiata per lavori di realizzazione della terza corsia. Sono stati in molti a mettere sul piatto della bilancia pesantissime accuse per la scarsa segnaletica luminosa in prossimità del restringimento della carreggiata. «I lampeggianti non erano in funzione», hanno raccontato molti feriti. In realtà secondo la società autostradale non dovevano esserlo, ma la polemica è scoppiata. E i racconti di chi c'era, con negli occhi ancora il terrore e con il viso spesso deformato dalla paura, vanno ben oltre le disposizioni di legge o le circolari ministeriali. Tutto sarebbe cominciato da un tentativo di sorpasso tra due autoarticolati. «C'era nebbia, c'erano anche molti camion sull'autostrada racconta Eugenio Cangini, rappresentante di abbigliamento di Forlì -, ad un certo punto ci siamo trovati due camion che si superavano proprio in concomitanza con il restringimento, io e altri due automobilisti siamo stati cpstretti a frenare di colpo. Il tamponamento è stato inevitabile. Dietro di noi poi è scoppiato l'inferno». Il rappresentante forlivese è rimasto infatti illeso. Il primo camion che è sopraggiunto è riuscito a evitare le auto ma si è messo per traverso sulla carreggiata. «Ho visto quelle auto ferme - racconta Dario Storlini, 39 anni, camionista di Brescia - e sono riuscito a fermarmi, finendo sul lato destro della carreggiata. Sono sceso e subito sei o sette auto e altri due camion si sono tamponati. Poi è scoppiato l'incendio e non ho capito più niente». E prosegue: «C'era una ragazza che si trascinava sull'asfalto, l'ho aiutata, cercando di starle vicino fino all'arrivo dei soccorsi». Ma c'è anche chi non ha potuto far niente: «Sono sceso dalla mia auto - ha dichiarato un giovane mantovano - e ho cercato di aiutare un ferito, ma non era possibile, vicino a me c'era chi gridava: come si può aiutare chi brucia vivo?». Infine una dichiarazione che è anche la veste dell'atto di accusa: «Ho sentito urla strazianti - dice Maria Pia Bernabò di Faenza - ma i soccorsi sono arrivati tre quarti d'ora dopo». In effetti la macchina dei soccorsi si è messa in moto con una certa difficoltà. Le autobotti dei vigili del fuoco hanno impiegato più del previsto prima di arrivare sul luogo dell'incidente, imbottigliati nell'intasamento d'auto. Si sono invece precipitate pattuglie della polizia stradale di Forlì e Cesena, che hanno anche evitato possibili atti di sciacallaggio. Oltre a tutte le autoambulanze disponibili nella zona. Probabilmente a rallentare le operazioni hanno contribuito anche altri tamponamenti avvenuti quasi contemporaneamente su ambedue le carreggiate, rendendo difficilissimo raggiungere il luogo del maxi incidente. La A-14 è stata chiusa praticamente per tutta la giornata da Faenza a Rimini Nord, con pesanti contraccolpi per il traffico in tutta la Romagna. E' stata riaperta soltanto verso le 20,30. L'incìdente di Cesena segue a poco più di un mese quello avvenuto sulla A-l a Parma, con 7 morti e 100 feriti. Oggi, come allora, i killer sono la nebbia e la velocità. Luigi Luminati Negli ospedali il drammatico racconto dei sopravvissuti ancora sotto choc «In quel pùnto c'era un restringimento ma mancavano segnalazioni luminose» Due immagini del tamponamento: nella foto a fianco l'auto dove sono morte carbonizzate due persone