Segni, non consegniamoci a Craxi
Segni, non consegniamoci a Craxi Lettera aperta a Forlani del leader dei referendum: La Malfa naturale alleato Segni, non consegniamoci a Craxi E Gava: certo, per la de sarebbe un suicidio ROMA DALLA REDAZIONE Alla vigilia della direzione de che si riunisce oggi per dare il via alla campagna elettorale e decidere sul suo «caso», Mario Segni, il de ribelle leader del movimento dei referendum, alza il tiro: «Se guardiamo al domani, La Malfa è il nostro naturale alleato, Craxi il nostro naturale avversario», ha scritto a Forlani, in una lettera aperta. L'intento di Segni, che ha incontrato l'ex de e leader della «Rete» Leoluca Orlando, è chiaro: piuttosto che far discutere la direzione del «patto» referendario (l'accordo trasversale che dovrebbe vincolare candidati di diversa provenienza, se eletti, ad impegnarsi in Parlamento per le riforme istituzionali anche a dispetto delle indicazioni ufficiali dei rispettivi partiti), ha gettato sul tappeto una posizione che può dividere il vertice de sulla linea con cui andare alle elezioni. «La stampa di oggi - scrive Segni a Forlani - pubblica con grande risalto l'affermazione di Craxi che riconferma la sua candidatura alla presidenza del Consiglio e precisa che finora la sua candidatura è l'unica sul tappeto. Questa posizione socialista - aggiunge - è insostenibile per la de. Le risposte date da te - il riferimento è sempre a Forlani - e da Andreotti («si deciderà dopo le elezioni») sono deboli. Senza una chiara presa di posizione democristiana ci si avvia a una campagna elettorale in cui il governo Craxi sembrerà l'obiettivo di tutta l'attuale maggioranza. Le ripercussioni elettorali sul nostro partito sono facil¬ mente intuibili. (...). Questa linea è un autentico suicidio». Segni, probabilmente, con la sua lettera puntava a stuzzicare l'anima tradizionalmente più anticraxiana della sinistra democristiana. Ma la prima reazione, a sorpresa e - a modo suo - d'approvazione, è venuta dal capogruppo alla Camera e leader della corrente di maggioranza relativa della de Antonio Gava. «Craxi candidato unico a Palazzo Chigi? E chi lo ha detto? - ha risposto Gava ai giornalisti che gli chiedevano di commentare la battuta del leader socialista e il commento di Segni -. Sarebbe un suicidio, se l'avesse detto Forlani. Il suicidio è di chi l'ha detto. Quando mai abbiamo designato il presidente del Consiglio prima del voto? Non mi risulta che il sistema sia cambiato». i A favore di Segni, con un editoriale, s'è schierata Famiglia Cristiana: «La posizione di Segni, forte della riserva di 27 milioni di voti referendari, non si può facilmente contrastare con il richiamo alla disciplina di partito». Contro, invece, il ministro per le Riforme Istituzionali Mino Martinazzoli, uno dei leader della sinistra de, che ha definito il «rinnovamento» proposto da Segni per la democrazia cristiana «di tipo conservatore»: «Secondo me - spiega Martinazzoli - le ipotesi in campo sono due». Una è quella di «spingere i partiti che hanno ancora radici nel consenso popolare, in primo luogo la de, a tornare alla loro origine». L'altra è «quella di chi crede, come il laicista Scalfari o il post-democristiano Scoppola, che ormai i partiti sono involucri vuoti e che la nuova storia viene fatta a tavolino dagli uomini nuovi, quelli giusti. E' la vecchia pretesa illuminista di predeterminare la storia, di farla con l'alambicco. E questa tendenza sembra ora considerata anche da Segni». Solo il ministro della Difesa Rognoni sdrammatizza la discussione sul patto referendario: «Un impegno verso gli elettori ma anche verso lo stesso partito, che non deve perdere tensione e determinazione nello sforzo riformatore». La parola, oggi, passa alla direzione de. Mario Segni leader del movimento per i referendum
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