Cossiga: faccio chiarezza io sul Migliore

Cossiga: faccio chiarezza io sul Migliore Una decisione senza precedenti: il Capo dello Stato nomina una commissione di storici Cossiga: faccio chiarezza io sul Migliore E' salito al Quirinale anche l'ambasciatore russo Polemico il pds: c'è il pericolo di una «storia di Stato» SE L'ALIBI E' LA GUERRA CIVILE sanno farsi venire in mente a botta calda tanti eredi della tradizione comunista - di fronte alla tragedia ed al delitto di cui quella tradizione è intessuta - è «a chi giova?», «perché proprio ora?», fino al grottesco dell'«attenzione, qui si vuol colpire la lotti», per la penna di un vicedirettore dell'Unità. L'opportunismo storicizzante e storicistico ha, invece, al suo centro l'adozione ormai entusiastica che tutti gli eredi della tradizione comunista si sono affrettati or ora o si affrettano a fare della categoria di «guerra civile». Come si sa, fino a pochissimi anni fa il concetto e l'espressione «guerra civile», per designare specificamente lo scontro tra il comunismo ed il fascismo, era, a sinistra, rigorosamente bandita e anatemizzata. Ad usarla si era subito qualificati se non proprio per fascisti, perlomeno per ultraconservatori. E infatti, proprio un tal genere di sospetti e di qualifiche si addensò, ripeto appena pochissimi anni fa, sul capo di uno storico come Nolte o altri, che di quella categoria avevano fatto un loro caposaldo interpretativo. Il fatto è - per parlare semplicemente - che di «guerra civile» si poteva, e ci si doveva, rifiutare di parlare da parte di chi si riconosceva nella tradizione comunista fintanto che si era in grado di accreditare una versione rosea, e totalmente irrealistica, della storia europea dal 1917 in avanti, secondo la quale i comunisti ed il comunismo rappresentavano indiscutibilmente la parte del «bene» e dei «buoni». Il guaio è che dopo il 1989 - e sempre di più ogni giorno che passa, ed ogni archivio che si apre - quella versione non regge. Ormai anche sul «comunismo» e sui «comunisti» si stende la stessa ombra del Male, del male con la lettera maiuscola, del male «epocale» per usare un aggettivo troppo usato. Ecco allora venire in soccorso la categoria della «guerra civile», ecco allora anche la sinistra adottarla e rilegittimarla sulla scia della sua applicazione (ma con ben diversi fini) agli eventi italiani del '43-'45 ad opera di Claudio Pavone. Richiamarsi alla «guerra civile europea», aggrapparsi ad essa, consente infatti di diluire e di confondere i tratti specifici della propria essenza e della propria tradizione nel tutto indistinto di una fase storica. Come dire: «Sì, è vero, non siamo stati quegli angeli che abbiamo cercato di far credere. Siamo stati dei demoni, anzi: ma che volete farci? Non era colpa nostra, erano i tempi ad essere demoniaci: erano tempi di guerra civile, per l'appunto». Che in questo modo servono a giustificare ogni cosa. Una soprattutto mi sembra la spia di quest'uso strumentale ed opportunistico della categoria di «guerra civile». E' il fatto che, a differenza di Nolte e di altri storici tedeschi e non, in Italia, dei tanti di ascendenza comunista che adoperano quella categoria non ve n'è stato finora neppure uno, ch'io sappia, il quale si sia posto la domanda ovvia: «Chi o che cosa iniziò tale guerra civile? Chi, o che cosa, diede fuoco alle polveri?». Inevitabilmente tale domanda riporterebbe il discorso sulle responsabilità del leninismo, sul suo carattere - e sul suo effetto - di un'insanabile frattura (innanzitutto morale) nella storia europea, grazie alla sua spregiudicata legittimazione di ogni mezzo in vista del fine. Ed allora la categoria di «guerra civile», lungi dal poter fungere da estrema linea di difesa della propria vicenda comunista, ne suonerebbe, viceversa, come la definitiva condanna fin dall'origine. Ernesto Galli della Loggia ROMA. Domenica lo aveva promesso e ieri lo ha fatto, anche se non nelle forme preannunziate. Anzi, in un modo che non ha alcun precedente nella storia repubblicana. Francesco Cossiga voleva che fossero la Camera dei deputati e il governo ad indagare sulla autenticità della discussa lettera di Togliatti. Ma poi ha finito col fare tutto da solo, nominando una commissione di quattro storici da inviare a Mosca a investigare negli archivi sovietici. Una autonoma iniziativa che, si apprende da un comunicato del Quirinale, è stata avviata «d'intesa con il governo». Una formula vaga, anch'essa nuova nella nostra prassi costituzionale. Infatti, gli atti del presidente della Repubblica richiedono sempre la controfirma del governo che se ne assume la responsabilità politica, visto che il Presidente è, da questo punto di vista, irresponsabile in base alla Costituzione. Invece, il governo Andreotti non solo non ha nominato lui questa pattuglia di storici-inquisitori (si parla con insistenza, tra gli altri, del senatore de De Rosa, del repubblicano Galasso e del socialista Tamburrano), ma non ha neanche apposto la sua firma sotto l'atto voluto dal capo dello Stato. Cossiga aveva preannunziato in mattinata che, prima di sera, avrebbe preso una iniziativa per garantire «chiarezza e certezza» per la campagna elettorale, «perché il popolo è un bambino e 10 si intossica con cose non vere». Poi arrivava una rettifica e la frase diventava: «Perché il popolo è bambino, oppure anche, se vi è stata cosa non vera, lo si intossica con cosa non vera». C'era voluta una giornata di contatti discreti e di colloqui ufficiali per arrivare alla insolita nascita della commissione di indagine presidenziale. Cossiga ne ha parlato con Andreotti al telefono e, a quattr'occhi, col sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Cristofbri, convocato al Quirinale. Di certo c'è solo che 11 governo non ha voluto prendere l'iniziativa che gli era stata sollecitata ieri, tra l'altro, dai missini. Se ci sono stati scontri e tensioni, non sono emersi in modo visibile. In giornata si era diffusa la voce di una «esternazione» del presidente della Repubblica ai tg della sera, che poi non c'è stata. E' arrivato, invece, il comunicato del Quirinale che ai dubbiosi spiega come Cossiga abbia preso la sua iniziativa «nell'ambito dei suoi autonomi poteri di organizzazione, ai fini dell'esercizio delle sue funzioni di garanzia, in particolare per assicurare chiarezza e certezza nel corso della campagna elettorale, evitando così che possa essere turbata da interferenze indebite o da speculazioni». I dirigenti del pds si sono subito riuniti a Botteghe Oscure per cercar di capire a cosa miri la nomina degli storici inquisitori. Il loro sospetto era che, sotto l'apparenza di una mano tesa, l'inziativa di Cossiga finisca, volontariamente o no, col tenere vivo per tutta la campagna elettorale la polemica giornalistica sulla lettere di Togliatti. E' durato poco il dubbio che Cossiga volesse proporre uno scambio: chiudere il caso Togliatti assieme al caso Gladio e alla messa in stato di accusa proposta dal pds. A sera il partito della Quercia replicava con un breve comunicato per dire che «non si capisce in base a quale potere Cossiga o il governo ricorrano alla nomina di una commissione di storici. Non si capisce quale compito specifico possa avere una commissione ufficiale nominata dal presidente della Repubblica». Il giudizio di autenticità di documenti si affida «alla libera ricerca e valutazione degli storici, senza alcun vincolo o mandato politico». E, infine, «si configura il pericolo concreto che si attivino, nel nostro Paese, istituti del tutto abnormi che tendono a una sorta di "verità" o storia di Stato». Cossiga, intanto, si era già messo al lavoro, ricevendo ieri stesso al Quirinale l'ambasciatore russo a Roma, Anatoli Adamismi!, alla presenza del sottosegretario agli Esteri, Vitalone, e del segretario generale della Farnesina, Bottai. Coinvolgen¬ do, cioè, un rappresentante del governo. Dal Quirinale si faceva sapere che «l'Italia ha chiesto la collaborazione del governo russo, attraverso l'ambasciatore Adamishin». A parte là protesta del pds, gli altri partiti hanno accolto in silenzio l'annunciata spedizione moscovita degli storici di Cossiga. Qualcuno, forse, è incerto sul da farsi. I socialdemocratici cominciano a dar segni di inquietudine per la piega che sta prendendo questo fine legislatura. Carigìia proponeva ieri un movimento popolare di denuncia «contro tutti coloro che fanno scempio della legittimità democratica e della ragione». E il presidente del deputati del psdi, Caria, aggiungeva che non andiamo certo a votare per «affossare questa Repubblica». Alberto Rapisarda ti presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha istituito una commissione di storici Ma l'atto di nomina non è controfirmato da Andreotti

Luoghi citati: Italia, Mosca, Roma