Giallo Mengele alla prova del Dna
Giallo Mengele alla prova del Dna Giallo Mengele alla prova del Dna Il figlio dell'angelo della morte: sì al test genetico LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE In un laboratorio dell'università di Leicester nei prossimi giorni sarà sciolto definitivamente il «giallo Mengele», il mistero che ancora circonda la asserita morte per annegamento in Brasile, nel '79, del criminale nazista. Perché il figlio di Mengele, Rolf, ha accettato di inviare al professor Alee Jeffreys, pioniere degli studi genetici, campioni del suo sangue per confrontare il suo Dna con quello ricavato nell'esumazione del cadavere del presunto padre. Se l'impronta genetica risulterà la stessa, non ci saranno più dubbi. Le riserve che gli israeliani hanno sempre mantenuto sulla scomparsa dell'«angelo della morte» sarebbero destinate a cadere definitivamente. Perché in questi anni, Simon Wisenthal e gli altri cacciatori dei criminali nazisti, da Eich¬ mann a Klaus Barbie, non si sono dati pace. Tanto era il desiderio di assicurare alla giustizia Mengele, colpevole di agghiaccianti esperimenti genetici sui prigionieri ebrei rinchiusi nei campi di sterminio. Nel clima di marasma alla fine della guerra, Mengele era riuscito a raggiungere il Sud America grazie a quella rete di mutuo soccorso messa in piedi dai gruppi nazisti, come è stato poi illustrato in film e libri di successo, da «Maraton men» a «Odessa-File» di Frederick Forsythe. Mengele era stato però più fortunato del suo «collega» Eichmann, scoperto dagli 007 israeliani, trasportato clandestinamente in Israele, processato e giustiziato. Lo scienziato criminale nazista era sfuggito alla caccia degli agenti israeliani, cambiando di continuo identità e dimora. E, secondo la versione ufficiale, sarebbe morto per an¬ negamento nelle acque costiere del Brasile, nel '79. Si era nascosto sotto falso nome e solo nell'85, individuatane la tomba a San Paolo, le autorità brasiliane consentirono a esumarne il cadavere. Gli esami sui resti furono effettuati proprio da Jeffreys. Lo scienziato inglese riuscì a ricavarne le impronte genetiche e a confrontarne la corona dentaria con quella attribuita a Mengele. Quest'ultimo riscontro risultò probante, l'identificazione certa. Ma questa versione è stata contestata dalle autorità israeliane. E la prova più probante sarebbe appunto scoprire la stessa impronta genetica nel corpo esumato a San Paolo e nel figlio di Mengele. Rolf vive a Friburgo, sotto il cognome di Jenckel. Finora si era rifiutato di sottoporsi alla prova del Dna. Adesso ha ceduto alle insistenze, perché il tribunale di Francoforte aveva deciso di esumare i cadaveri di altri parenti di Mengele per ricavarne le informazioni comprovanti l'impronta genetica di famiglia. Solo a questo punto Rolf si è impegnato a inviare campioni di sangue a Jeffreys. «Abbiamo pazientato per anni pur di avere questi campioni - ha detto lo scienziato - ma adesso non fatemi fretta». Se il Dna risulterà lo stesso, cadranno i dubbi: il corpo è quello dell'«angelo della morte». Qualora l'esito fosse negativo, si riaccenderanno le ipotesi più romanzesche. Ma Jeffreys ha messo le mani avanti, perché anche se le impronte genetiche non coincidessero, sarebbe plausibile il dubbio su una «contaminazione» del Dna ricavato dopo anni nel cadavere esumato a Rio. O, più semplicemente, sarà provato che Rolf non è il figlio di Mengele. Paolo Patru no
Luoghi citati: Brasile, Francoforte, Israele, Londra, Rio, San Paolo, Sud America
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