Don Piccone: Vescovi difendete Cossiga

Don Piccone: Vescovi, difendete Cossiga Il parroco romano insiste: posso permettermi di dare del tu al Capo dello Stato, da piccoli abitavamo uno di fronte all'altro Don Piccone: Vescovi, difendete Cossiga Dopo l'omelia il prete pro-Quirinale scrive al Presidente ROMA. «Don Piccone», al secolo monsignor Pietro Pintus, il primo parroco cossighiano d'Italia, insiste: dopo l'omelia pronunciata nella Messa delle 12 a San Lorenzo in Lucina, a Roma, domenica scorsa, ieri ha scritto al Presidente della Repubblica una «lettera aperta», incitandolo - «e non per presunzione» - a rivolgere un «messaggio diretto ai vescovi italiani». Dalla Chiesa, chiamata in causa dal parroco per mancata difesa del Quirinale, nessuna reazione ufficiale: «A Roma di parroci ce ne sono 319 e ventisettemila in tutta Italia - ci hanno risposto in Vaticano quella di Don Pintus è un'operazione che merita solo silenzio». Ma il quasi settantenne parroco sardo («La mia casa era di fronte a quella di Cossiga, a Sassari») non demorde. E scrive al Quirinale. «Vorrei direi che ho sorriso spesso delle "esternazioni" perché ti vedo tanto genuina- mente confidente nell'ascolto», esordisce monsignor Pintus. «A volte mi diletto con me stesso osservando le sottigliezze giuridiche e le vertigini rampanti delle tue dialettiche, tipiche dell'uomo di Sardegna, aduso alle persuasioni mediate nei silenzi delle nostre rocce lunari». «Ci conosciamo sin da ragazzini - dice monsignor Pintus -. Da Montecarlo, dove sono nato, so- no tornato otto anni in Sardegna e abbiamo avuto molte vicende insieme». Così si permette il «tu» nel colloquiare con il Primo Cittadino: «H tuo incrociare le spade della parola mi induce a rilevare un aspetto della tua purezza di intendere». Ma le buone intenzioni del Presidente, secondo monsignor Pintus, si sono scontrate con la durezza dei cuori e con le cattive abitudini radicate «tra i reticoli di interessi proliferati lungo anni di militanza». E giù una picconata sul pds: «Se non fosse così, non avremmo assistito allo scempio diffamatorio, addirittura alla ricerca di impeachment per alto tradimento, da parte di un capo partito che potrebbe essere imputato egli stesso di vilipendio se non di lenocinlo politico contro il Capo dello Stato». L'ufficio di monsignor Pintus è una caverna silenziosa nel cuore di Roma, al riparo di mura secolari, dove ha offerto ospitalità a «Gremio», un'associazione per sardi trapiantati nella capitale. «Cerchiamo di aiutare come si può i correggionari - spiega un cortese segretario con inconfondibile accento - qualche presentazione, qualche lettera, dei consigli». E «don Piccone» cerca di aiutare come può il suo corregionario più illustre, mettendo in rilievo la particolarità del luogo di comune origine: «Mio padre era una specie di industriale, finanziatore del partito comunista italiano, ospitò Trotzkij e Gramsci. Il collegio di Sassari, "Canopoleno", una fondazione del '700, era una specie di preseminario. A un certo punto venne nominato direttore di questo collegio il signor Togliatti, padre di Palmiro. Palmiro crebbe col padre di Berlinguer, con Segni padre, con mio padre e col padre di Cossiga». In casa Pintus si respirava politica e il parroco di San Lorenzo in Lucina continua a fiutare quelle brezze. La Chiesa deve difendere Cossiga - ha tuonato domenica dall'altare - affiancato da un tricolore e da un vessillo pontifìcio. E, nella lettera aperta, parla della «delusione offerta dal mondo cattolico ai sovrani tuoi rilevamenti»; denuncia «una involuzione antidemocratica dell'Episcopato italiano», accusa: «Affiora, e con petulanza, il sistema oligarchico di alcuni Vescovi e Cardinali, settariamente coinvolti in associazionismi segreti». Il giudizio della Chiesa è il silenzio. «La linea della Chiesa - ci dicono in Vaticano "off records", perché per loro il caso non esiste - la si legge nei documenti siglati e nelle dichiarazioni del Presidente della Cei, non in quello che dice un Pintus qualunque». E la richiesta di pregare per il Capo dello Stato? La liturgia contempla una preghiera specifica, dopo il Gloria e ilConfìteor, alla Colletta: «O Dio nostro padre, a cui deve ispirarsi il servizio dell'autorità, concedi al Presidente della Repubblica prò sperità e salute, affinché nel compimento del suo mandato ricerchi costantemente ciò che ti è gradito e promuova la libertà e la pace del suo popolo». Ma si recita per festeggiarne l'elezione e in occasioni particolari. Marco Tosarli «Don Piccone» al secolo monsignor Pietro Pintus primo parroco cossighiano d'Italia