Danni e beffe per il vetraio del Mondiale

Danni e beffe per il vetraio del Mondiale Aveva la licenza del Col, ma un'azienda veneta copiò il souvenir e ora non paga i danni stabiliti dai giudici Danni e beffe per il vetraio del Mondiale La bottiglia tipo Coppa del mondo Vhd^n^àiÓ4n fallimento Pietro Bisoglio non ha parole, tanto si sente schiacciato dall'ingiustizia e dalla sfortuna. Lui, ex vetraio di 58 anni che onestamente ha lavorato una vita, non ha soltanto visto sfumare i suoi sogni plurimiliardari. Si ritrova pure con un fallimento che lo ha costretto a mandare a spasso tre impiegati e dodici rappresentanti. Tutta colpa della Coppa del Mondo. Chi diceva che il trofeo mundial porta jella non aveva tutti i torti, butta lì Bisoglio. Ma questo, dice, non lo consola. Quella jella l'ex vetraio la incontra travestita da grosso affare, e l'acchiappa al volo. E' il giugno 1989 quando la Coiver srl, ditta di rappresentanze e commercio di cui Pietro Bisoglio è amministratore, tramite la concessionaria Telemundi di Montecarlo acquista per 300 milioni da Fifa e Col la licenza per la produzione in vetro e cristallo, e la vendita, di tutta la simbologia dei mondiali di calcio 1990. E incomincia a darsi da fare: bicchieri con l'omino e omini su piedestallo, posacene- re col pallone in mezzo e palloni su coni fumé, piatti- e piattini, vassoi e vassoietti zigrinati e no. Collezione variegata, «massima espressione di arte vetraia», «piacevolissima da vedere e adattabile a infiniti usi», dice il depliant in italiano e in inglese. Ma il pezzo forte è lei, la bottiglia. Una bottiglia in tutto e per tutto identica all'originale Coppa del Mondo. In più, in cima al globo, ha solo il collo, con l'omino stampato. «Per farla identica - racconta Bisoglio - la Fifa mi aveva addi¬ rittura prestato la Coppa». Quella vera? «Proprio: mi tremavano le mani all'idea che qualcuno la rubasse, mica sarebbe stata la prima volta, era stata già rubata nell'83 in Brasile. La vetreria che avevo scelto per la produzione, la Etnisca di Montelupo Fiorentino, ha fatto i calchi in grande tensione». A calchi fatti si incomincia a produrre. E il trofeo compare alla fiera dei vini e degli imballaggi a Milano, autunno 1989. Ma l'esposizione del capolavoro non dura due giorni. La seconda mattina, infatti, ufficiali giudiziari implacabili lo sequestrano. Scusi, Bisoglio, lei non ha tirato fuori la licenza? «Sì, ma sul momento non è servito. Una ditta di Treviso aveva prodotto una bottiglia simile, col pallone al posto del globo e senza autorizzazioni Fifa-Col. Ne aveva già venduti dei tir ai produttori di vino e ci aveva denunciati per plagio». Avrà fatto ricorso. «Certo. Ma in attesa dell'udienza, che è stata nel marzo '90, gli altri hanno continuato a fare affari, e noi a guar¬ dare la nostra bella produzione in giacenza». Il giudice, comunque, dà ragione alla Coiver, e ordina 0 sequestro di tutte le bottiglie trevigiane, comprese quelle già riempite dalla Vinicola Caldirola di Como, alla quale l'idea del vino mondiale doveva essere piaciuta: un milione,di litri imbottigliati. Le parti, comunque, arrivano a una transazione: 560 milioni di danni alla Coiver, pagabili in 7 rate. La prima rata arriva, la seconda no. Di nuovo il tribunale. «E di nuovo mi hanno dato ragione: il mio era un credito certo ed esigibile. Peccato che il decreto ingiuntivo sia stato notificato con un giorno di ritardo. Ora aspetto l'esito della terza causa». Ma aspetta aspetta e spendi spendi, per i depliant, per i bicchieri, per i piattini zigrinati e no, nel gennaio '92 la Coiver ha fatto fallimento. E adesso? «Adesso sono in braghe di tela» dice Bisoglio. E racconta che gli avevano offerto la licenza per la simbologia delle Colombiadi. Pare abbia dato una rispostacela, [e. fer.] Pietro Bisoglio con la bottiglia mondiale fatta produrre da lui su licenza Fifa-Col: è identica alla Coppa di Italia '90

Persone citate: Bisoglio, Caldirola, Pare, Pietro Bisoglio

Luoghi citati: Brasile, Como, Italia, Milano, Montecarlo, Montelupo Fiorentino, Treviso