La crisi arriva al titanio

La crisi arriva al titanio In difficoltà Ginatta e Pavesi: scioperi e buchi di miliardi La crisi arriva al titanio Anche l'alta tecnologia risente dei contraccolpi internazionali Dalle secche della crisi non escono indenni neppure aziende impegnate nella ricerca, titolari di brevetti e tecnologie d'avanguardia. E così anche le blasonate Ginatta e Pavesi subiscono i contraccolpi delle vicende internazionali. I dipendenti della prima azienda sono senza stipendio da due mesi e ora in sciopero. La seconda ha un buco di 50 miliardi. Eppure questi due gruppi meriterebbero una maggiore attenzione da parte di amministratori pubblici e banche, soprattutto da parte del ministero dell'Industria. «Il guaio è - afferma Gianni Gaude, Cgil - che lo Stato paga somme astronomiche per cassa integrazione e prepensionamenti, ma non è in grado di intervenire con una vera politica industriale per proteggere e salvare fabbriche che tutto il mondo ci invidia». Ginatta e Pavesi, appunto. La prima, fondata nel '26, ha stabilimenti a Santena e Trofarello, e una percentuale di ingegneri e tecnici tra i 220 addetti che non ha pari in Italia. Suo punto di forza sono lo studio, la realizzazione e la vendita di impianti ad elevatissima tecnologia, protetti da propri brevetti. La Ginatta diventa leader mondiale a partire dall'80, quando mette a punto il primo impianto con processo elettrolitico per il recupero di piombo da batterie esauste e costruisce il Modex I, un sistema pilota per produrre titanio, adottando anche questa volta il sistema elettrolitico. Nell'Ohio (Usa) è già operante il Modex IV, capace di estrarre 150 tonnellate annue di titanio, ma verrà trasformato presto in megaimpianto da 5000 tonnellate, analogo a quello che la Minproc costruisce in Australia. In Italia, la Titania, controllata Iri, ha firmato un accordo di licenza per una fabbrica da 4200 tonnellate. Altre trattative sono in corso con Brasile, Canada, Francia, India, Giappone, Norvegia, Cina, Sud Africa e altri Paesi ancora. Comincia nell'85 lo sviluppo di tecnologie industriali per conto terzi (tra i quali Eni ed Enea): elettroformatura del rame, metallurgia fisica del titanio, raffinazione del piombo e nuove leghe del titanio. A partire dall'88, il gruppo Ginatta si impegna in un progetto ambizioso, le celle a combustibile (sistema modulare), per trasformare l'energia chimica direttamente in elettricità, senza fasi intermedie. La centrale pilota da tre megawatt verrà costruita a Torino entro il '93. «Ammesso - aggiunge Gianni Gaude - che la Ginatta esista ancora». All'improvviso, infatti, sono venuti meno commesse (in prima fila sembra esserci l'Italgas) e finanziamenti esterni. L'azienda, che vive sulla ricerca, si è trovata senza liquidità, con un buco superiore ai 60 miliardi. Alla vigilia di Natale, la stessa proprietà ha chiesto l'amministrazione controllata, che il giudice ha rinviato per ben due volte. Le banche non se la sono sentita di rischiare senza ulteriori garanzie e hanno bloccato il credito. Dice il sindacalista: «Adesso sono in corso trattative per la cessione di "pezzi" della Ginatta all'Eni e all'Uva, ma sembra che il patrimonio faccia gola anche a gruppi stranieri». Quanto alla Pavesi, ha 270 addetti distribuiti in due unità produttive, Cascine Vica e Mappano, produce (con propria tec¬ nologia e propri brevetti) macchine e linee automatiche per fabbricare statori, il cuore di motori elettrici e alternatori, e sistemi flessibili per lavorazioni meccaniche. Esporta l'80% di quanto esce dai suoi stabilimenti. Il buco è di 50 miliardi. «Perché - si chiede il sindacato dobbiamo regalare ai nostri tre concorrenti esteri 50-80 miliardi di fatturato annuo, disperdendo una professionalità costata più di trent' anni di sacrifici?». La risposta a imprenditori e politici. Carlo Novara Gran parte dei 220 dipendenti della Ginatta sono ingegneri e tecnici

Persone citate: Carlo Novara, Gianni Gaude, Ginatta