Cronache di poveri amanti: ciak si recita

Cronache di poveri amanti: ciak si recita Quarant'anni dopo, Carlo Lizzani ripropone il film tratto da Pratolini, ma questa volta a teatro Cronache di poveri amanti: ciak si recita 77 regista sta provando al Fabbricone di Prato «Parlo ancora di fascismo perché è tra noi» PRATO DAL NOSTRO INVIATO Per ora è un tavolo lungo 18 metri. Dal 2 marzo diventerà una spalletta dell'Arno nello spettacolo «Cronache di poveri amanti», che Carlo Lizzani prova in questi giorni al Fabbricone con i suoi 23 giovani attori. Al di là del fìnto muretto, si ergono sei case, tre su ogni lato. Nella prima casa a sinistra c'è la mascalcìa di Maciste. Di fronte c'è la carbonaia dove Nesi stupra Aurora. Nella casa al centro della fila sinistra abita la Signora. Il corridoio che separa le due schiere è via del Corno, la strada fiorentina tra Palazzo Vecchio e Santa Croce dove Vasco Pratolini ha ambientato il suo celebre romanzo: un luogo, osservò Ruggero Jacobbi, che vale quanto la reggia di Danimarca o il salotto di Hedda Gabler, tanto è mitico, tanto è teatrale. «Cronache di poveri amanti», pubblicato nel '47, descrive la vita, i contrasti politici, gli amori di una contrada alle origini del fascismo. Da questo romanzo epico e popolaresco, diviso in scene rapide e nervose, traversato da un dialogo che qualcuno ha definito goldoniano, Lizzani trasse nel '54 un film interpretato da Marcello Mastroianni, Antonella Lualdi e Anna Maria Ferrerò. Dopo quasi quarant'anni, Lizzani torna a Pratolini con uno spettacolo che, eccettuato lo scarno «Caro Gorbaciov» di tre anni fa, può essere considerato il suo vero debutto nella regia teatrale. E del debuttante ha la titubanza, le soste pensose. Il bel garbo, invece, gli è innato. Parlotta in fondo alla scena con quattro attori. Gestisce poco, ma parla fitto. Quando i ragazzi sembrano aver capito, torna al suo tavolo e dice: «Azione!». Ah, il cinema. Oltre che un ricordo, sembrerebbe un rimorso. E' così difficile staccarsene? «Sono un regista di cinema, è vero. Ma questo spettacolo impegna tutte le mie risorse cinematografiche e tutte le mie informazioni teatrali». Vuol dire che questo spetta colo avrà un taglio cinema tografico? Soprattutto voglio dire che quelli della mia generazione sono nati con interessi a tutto campo. Non eravamo soltanto «cinéphiles». Ciò che ha dato il cinema italiano negli Anni 40 e 50 non è casuale. Visconti, la coppia De Sica-Zavattini avevano interessi multipli. Il multimediale che oggi sembra così straordinario, per noi era cosa naturale. Oggi il cinema è in crisi. Ma ritengo che tutti i momenti di crisi possano essere utili per fare scambi. Un cinema che insegue sempre di più il botteghino ha indotto noi autori a dire: perché non portiamo le nostre idee a teatro? Ho cercato a lungo di fare «Celluloide», un film sulla nascita di «Roma città aperta». E' stato impossibile. Perché, allora, non farne teatro? Oltre tutto, potrebbe nascere una forma nuova di teatro. E' per queste ragioni che ha deciso di riprendere «Cro- nache di poveri amanti»? L'idea non è stata mia, ma di Maurizio Scaparro. Mi propose un'operazione di questo tipo per il Teatro di Roma. Si doveva fare «Fontamara» di Silone, ma io preferivo «Cronache»: meno teatro. Tuttavia non si potè mettere in scena. E allora proposi il progetto al Fabbricone, che lo accettò immediatamente. Ciò vuol dire che non credo soltanto io al travaso cinema-teatro e che, in certi periodi, è anche utile rimescolare le carte. Con quale stato d'animo riprende un argomento di quarant'anni fa? E' raro che un autore rivisiti l'opera a cui ha lavorato. Farlo a distanza di quarant'anni mi provoca una specie di stupore esistenziale. Il film aveva una precisa funzione storica e sociale. Oggi ci sono spinte diverse. Nel film c'era il tentativo di immettere nel realismo, che cominciava ad andarci un po' stretto, una forma di ripensamento storico. Non era un'esigenza soltanto mia. Basti pensare che, pro¬ prio in quel 1954, Visconti faceva «Senso». Colsi al volo l'occasione, perché sentivo che era il momento giusto per entrare nella storia italiana con un'opera sfaccettata. Sentivo che, invece di occuparmi di esistenza e di resistenza, potevo guardare alle radici del fascismo, vedere come il fascismo aveva potuto attecchire e crescere. Oggi viviamo un'altra storia. Oggi la storia è cambiata. Ma la storia non è finita. Ci sono ancora razzismi, nazionalismi, particolarismi. Quanti nuovi conflitti sono in realtà molto vecchi? Ciò che accade nei Balcani non sembra riportarci a Serajevo? E allora, attraverso «Cronache», andiamo a rivedere ciò che abbiamo vissuto e chiediamoci se questa democrazia si è maturata veramente. Il male non è mai uscito dalla finestra. La caduta delle ideologie non è bastata: ci si continua a scannare. «Cronache» rappresenta i conflitti che si stanno riproducendo. Teme un ritorno del fascismo? Non ho paura che tomi il fascismo, ma che il fascismo si ripresenti sotto altre forme. E' bene allora ricordare certe cose. Ma in che modo lo spettacolo sarà diverso dal film? .Tirerò moW^ltvaspetti torfcidf che nel film avevo tralasciato. Per autocensura e per paura della censura ufficiale. Ci sono i trasporti omosessuali della Signora per Gesuina e la storia del Nesi che violenta Aurora. Riprendo queste cose anche per gusto filologico. Il suo atteggiamento nei confronti del teatro? Di grande interesse. E' un genere al quale voglio pensare con maggiore intensità. Ha un altro progetto? Vorrei fare «Festival», sia al cinema sia in teatro. Racconta la vita della giuria di un festival che va in crisi a causa della crisi del suo presidente. Ho sottoposto il progetto all'impresario Ardenzi, ma ci sono problemi di cast. Il suo fervore sembra grande. Ma che cosa chiede al teatro? Un'estensione della mia professionalità. E l'avvertenza di attingere di più dal panorama letterario italiano, di utilizzare anche le sceneggiature. Nascerebbe lo stimolo a tirar fuori qualcosa di nuovo. Oggi non farei Shakespeare. Devo poter vivere un testo, se no mi sento fuori posto. Osvaldo Guerrieri «Quelli della mia generazione sono i veri multimediali». Ha già pronto «Festival» per il teatro e il cinema 23 giovani attori e in palcoscenico case di due piani a grandezza reale i & regista Cario Lizzani con tutti i suoi giovani attori al Fabbricone durante le prove. A destra, una scena del film del '54 «Cronache di poveri amanti». A sinistra, Lizzani sul set con l'allora protagonista Anna Maria Ferrerò

Luoghi citati: Danimarca, Prato, Roma