Toulouse-Lautrec, passioni inedite

Toulouse-Lautrec, passioni inedite Parigi: si prepara la rassegna al Grand Palais, esce l'epistolario completo Toulouse-Lautrec, passioni inedite Ecco le lettere: storia di un incompreso PARIGI A Londra al Grand-Palais approda il 22 febbraio l'esposizione dedicata a Henri de Toulouse-Lautrec: più di 200 opere fra quadri, litografie e affiches, la più grande retrospettiva dalla morte dell'artista (1901). Lo stesso giorno la casa editrice Gallimard manderà in libreria la sua corrispondenza, 648 lettere in gran parte inedite. Il curatore del volume è Herbert Schimmel, che raccoglie autografi di Toulouse-Lautrec da più di quarantanni, aveva pubblicato nel '72 una prima scelta di lettere indirizzate soprattutto alla madre e limitate a uri arco ristretto di anni. Da allora i documenti in suo possesso sono triplicati, e gli è stato possibile accedere ad archivi e collezioni private. L'edizione attuale copre l'intera vita di Toulouse-Lautrec (dall'età di 6 anni a poche settimane dalla morte), completa il corpus di lettere alla madre e si arricchisce di quelle indirizzate ad altri destinatari, amici, mercanti, collezionisti. L'apporto rispetto alla prima raccolta è ben più che numerico. Solo ora emerge appieno il tentativo da parte dell'artista - tanto lungo e insistente quanto disperato e inutile - di far accettare alla madre la propria diversità e sottrarsi, attraverso lei, al giudizio di condanna del clan familiare. Figlio di conti, Toulouse-Lautrec «devia» presto verso l'arte. Lascia Albi per Parigi nel 1881, diciassettenne, e lì i suoi interessi si allontanano spontaneamente dalla pittura d'accademia. Frequenta artisti «marginali» come Van Gogh, Emile Bernard, Louis Anquetin e si entusiasma per l'impressionismo. Ma la disapprovazione dei parenti lo inibisce: «Non sto assolutamente rigenerando l'arte francese» scrive alla madre, «mi dibatto contro un povero foglio di carta che non mi ha fatto nulla di male, su cui non faccio nulla di buono». «Vorrei parlarvi un po' del cammino che seguo» continua, «ma è talmente speciale, talmente fuorilegge. Sono sicuro che papà mi tratterebbe da outsider». In un primo tempo cerca di far passare per ineluttabili le sue scelte: «Devo fare sforzi enormi, lo sapete bene quanto me che conduco la vita di bohème mio malgrado e che proprio non riesco ad abituarmi all'ambiente». Ma poi, più sincero: «Non sono a mio agio sulla Butte Montmartre per la massa di considerazioni sentimentali che mi trattengono. Dovrò assolutamente dimenticarle se voglio arrivare a qualche risultato». E' alla ricerca del «filone d'oro sognato». Quando ha l'impressione di trovarlo, ottiene i primi riconoscimenti ufficiali che lo tranquillizzano («Gaudeamus igitur», a Theo Van Gogh), ma non allontanano le amarezze: «Mi hanno riferito che la zia Odette avrebbe detto: mio nipote mi ha regalato un suo quadro; l'ho portato di corsa in soffitta. Interessante ramo della famiglia...». Tuttaltro è il tono quando scrìve agli amici, fiero ad esempio che la polizia abbia fatto irruzione al vernissage al Pavillon de la Ville de Paris (dove esponevano gli artisti indipendenti), per via della serie delle «Maisons closes» (1894). Per nulla inibito, si scaglia contro i Salons ufficiali, «Sotto il peso della cui imbecillità la vera arte è destinata a sprofondare». Il contrasto con la famiglia si aggrava ulteriormente quando Toulouse-Lautrec si appassiona per le affiches. Anche in questo caso cerca di accattivarsi la madre: «La famiglia non apprezzerà, ma voi siete diversa». Le parla della gioia provata nel rea- tizzare La Goulue («Ho avuto la sensazione d'autorità su un intero atelier»), con orgoglio le dice di essere stato messo tra i maitres del manifesto. A comprova del proprio successo, riporta il parere dell'artista che più egli ammira: «Degas mi ha incoraggiato dicendo che il mio lavoro di questa estate non è niente male». Ma a nulla valgono gli sforzi, e Toulouse-Lautrec comincia a farsi reticente anche con la madre. Evita con lei di esprimere le proprie idee sull'arte, che si sono fatte intanto molto decise. In una lettera ad Henri Nocq, loda William Morris (fondatore del movimento rivoluzionario Arts and Craft) e aggiunge: «Il mio desideratimi? Meno artisti e più buoni operai. Più mestiere, insomma». L'alcolismo peggiora, di pari passo con la malattia ereditaria alle ossa di cui soffre dalla nascita e la sifilide. Toulouse-Lautrec non fa cenno alla madre dei problemi di salute, ma psicologicamente la ritiene responsabile del proprio vizio, per il ruolo di «mediatrice» che non ha saputo svolgere. Quando la contessa, dopo un periodo passato accanto al figlio, lascia Parigi per andare ad assistere la propria madre in fin di vita, Toulouse-Lautrec cade in una crisi di delirium tremens. Scrìvendo al cugino Gabriel, parla di «attacco nervoso provocato dalla partenza inopinata di mia madre» (1899). Dopo qualche giorno, più lucido, scrìve a lei direttamente: «Ho fatto di tutto per salvare la vostra tranquillità. E voi vi siete permessa di farmi spiare dalle cameriere». In effetti, la madre dell'artista ha incaricato la borine (Berthe Sarrazin) di spedirle rapporti giornalieri sulle condizioni e sul comportamento del figlio. La povera Berthe obbedisce come può, dai suoi «rapporti» (allegati da Schimmel) emerge tutta la gravità della situazione. Toulouse-Lautrec passa le notti fuori, Berthe deve andarlo a cercare all'alba, subire i suoi maltrattamenti e assecondarlo in manie sempre nuove: «Monsieur Henri copre di vaselina i quadri, poi strofina con fazzoletti e calzini». «Sragiona». «Incendia carta e la butta nei servizi: disinfetta ogni cosa. Spende tutto quello che ha per comprare baracche, poi le regala e dopo accusa la gente di averlo rapinato». «Vuole mandare tutti in prigione, la famiglia e gli amici di famiglia». «Esce mettendosi al collo, al posto del foulard, garza da ferite». «Mangia solo uova crude versate nel rhum». «Vuole cucinare lui, per un arrosto di prosciutto, usa una bottiglia di vino bianco, una bottiglia di vino rosso e una di rhum». Toulouse-Lautrec ha smesso completamente di lavorare, e or mai anche di scrìvere. La bornie, «per carità», tace molte cose alla contessa; preferisce riferirle alla cameriera di casa Lautrec Addine Cromont, perché filtri lei solo una parte di verità. «Ma perché» si permette di chiedere Berthe «la signora non viene? Il suo posto sarebbe qui». Toulouse-Lautrec muore il 9 settembre 1901 di emorragia cerebrale. Le ultime lettere incluse nel volume sono del padre dell'artista, scrìtte dopo il decesso ad alcuni amici del figlio. Sono le uniche di suo pugno. «L'ho visto senza che potesse vedermi. Era in delirio ormai da tre o quattro giorni. Buono e dolce, non ha recriminato contro quasi niente e nessuno, lui che tanto dovette patire per il suo aspetto fisico che faceva girare la gente per strada». Il conte si dice «autore dei tristi giorni» del figlio, si accusa di non averlo saputo accettare. «Per non essere vigliacco», decide di cedere a Maurice Joyant (l'amico più caro dell'artista) tutti i diritti sulle opere: «Non penso certo, ora, a convertirmi e a portare alle stelle, lui morto, quello che quando era vivo non ho potuto capire». Gabriella Bosco I disperati tentativi di farsi capire dalla madre e dalla famiglia Una domestica lo spiava: «Mangia solo uova crude versate nel rum» «Degas mi ha incoraggiato: ha detto che il mio lavoro era buono» Un dipinto a olio di Henri de Toulouse■Lautrec che sarà esposto al Grand Palais: «Au Salon: Le divari» 1893 (part.) 'jJJL* *^ ra¬ Autografo di Henri de ToulouseLautrec: un biglietto inviato con un piccolo disegno

Luoghi citati: Albi, Londra, Parigi