Le due verità sulla guerra del Caucaso

Le due verità sulla guerra del Caucaso Intervista ai presidenti di Armenia e Azerbaigian che si battono ferocemente per il Karabakh Le due verità sulla guerra del Caucaso Mutalibov: ci difendiamo dai terroristi pagati da Erevan Ter-Petrosian: subito i caschi blu per impedire il genocidio DAVOS DAL NOSTRO INVIATO «Perché di nuovo l'acuirsi della crisi nel Nagorno Karabakh? E' semplice. Da una parte forze distruttive che vogliono minare l'Azerbaigian e la sua entità quale nuovo Stato sovrano e indipendente. Dall'altra questo stesso Stato che ha il dovere di difendersi dai terroristi. Se non ci fossero terroristi non ci sarebbero conflitti». Così Ayaz Mutalibov, presidente dell'Azerbaigian, in una intervista in una pausa dei lavori della riunione annuale del Forum dell'economia mondiale. «In Nagorno Karabakh è in atto una vera guerra. Da quando le forze di pace russe sono state ritirate ci sono scontri ogni giorno, sempre più violenti, con gli azeri sempre più armati. Anche gli armeni sono armati, e pronti a resistere. Ma l'Azerbaigian sta creando le proprie forze armate, e quando le avrà gli armeni del posto saranno schiacciati. Fino ad ora il problema era considerato interno dell'Unione Sovietica, ma ora con le nuove repubbliche esso è internazionale. Se la Csi non si decide a mandare forze di pace, come noi chiediamo, ci rivolgeremo all'Onu per avere i caschi blu». Così il presidente dell'Armenia, Levoh Ter-Petrosian, in una conferenza stampa. Tutti e due sono stati seduti allo stesso tavolo, l'uno accanto all'altro per l'ordine alfabetico dei rispettivi Paesi, ma senza scambiarsi uno sguardo o parola, in una sessione interamente dedicata alle nuove repubbliche, presieduta da Henry Kissinger. Accanto a loro, gli altri presidenti: l'ucraino Kravchuk, il kazaco Nazarbaev, l'uzbeco Kamirov, il moldavo Snegur. A una udienza internazionale di alto livello, ognuno ha presentato le proprie difficoltà e le riforme su cui si sono avviati, difficili rapporti interni alla Csi, tra loro e con la Russia. Kravchuk ribadisce pubbli camente la stizza verso Eltsin, per le sue solitarie iniziative sugli armamenti: «Smentiremo chiunque voglia farsi interprete della volontà altrui». Una irritazione condivisa da Nazar baev, che in una breve conversazione ci dice: «Eltsin ha fatto tutto da solo, ne parleremo al vertice di Minsk il 14 febbraio». Ter-Petrosian ha menzionato naturalmente il Nagorno Kara bak, le difficoltà del suo Paese per il blocco da parte dell'Azerbaigian e per la fiumana di rifu giati armeni, la necessità di os servitori internazionali. in pubblico, Mutalibov non gli ha risposto direttamente, limitandosi ad accennare a «punti di crisi». Con noi affronta il tema sen za imbarazzo. Dalle notizie che arrivano, sembra che l'esplosione della crisi sia una sorta di rivalsa che lei abbia lancia to per l'abbattimento del l'elicottero azero con 40 persone nei giorni precedenti, e che secondo gli armeni è caduto da sé, carico di armi. Lei aveva dichiarato con durezza che gli autori non sarebbero rimasti impuniti. Il popolo era furioso, e io ne sono il presidente. Ho espresso i sentimenti comuni dicendo che i responsabili avrebbero avuto la punizione che meritano. Si può anche pensare a una punizione divina. Non ho mai detto che avremmo ucciso qualcuno. Ma è stato lei a dare l'ordine per le recenti azioni? Noi facciamo la lotta al terrorismo, non alla popolazione pacifica. Finché non ci sbarazzeremo dei terroristi non ci sarà pace. Sono loro a impedire a azeri e armeni di convivere pacificamente. Tra loro vi sono dei mercenari: intercettiamo le loro comunicazioni, e non parlano armeno, ma francese. La popolazione non sostiene i terroristi, che invece hanno legami a Erevan. Lei sta accusando il governo armeno di sostenere terroristi? Sì, è così. Noi vogliamo vivere in pace con tutti, e stabilire saldi legami con l'Occidente, non solo coi Paesi musulmani. Ma ecco cosa dice l'altra campana, il presidente armeno Ter-Petrosian. Il fatto dell'elicottero è stato usato come provocazione. Già due mesi fa ne era caduto uno, carico di armi. Noi abbiamo chiesto una inchiesta neutrale, di russi e kazachi, ma gli azeri hanno strumentalizzato tutto e lanciato un attacco su larga scala. Nella prima fase hanno avuto successo, agendo anche coi carri armati. Ma i nostri hanno contrattaccato e li hanno respinti, impossessandosi anche di tre carri. Ha avuto colloquio con Mutalibov, qui a Davos? Ci siamo parlati, come facciamo ogni volta che ci incontriamo, aule riunioni della Csi per esempio. Non mi si crederà, ma siamo in buoni rapporti personali. So che anche lui vorrebbe una soluzione politica, con un negoziato. Ma so anche che non è in grado di controllare la sua situazione interna. Contro di lui c'è una forte opposizione, che impedisce di andare al dialogo. Avete intenzione di aumentare le forniture di armamenti al Nagorno Karabakh? Non nascondo che lì ci sono in giro molte armi. Ma non le manda il governo armeno, posso dirlo fermamente. Ma noi abbiamo 300 mila rifugiati dall'Azerbaigian, e quasi tutti hanno parenti in Nagorno Karabakh. Sono loro a procurarsi le armi e portarle nella zona di crisi per l'autodifesa. Non è facile controllare tutti. D'altra parte anche gli azeri sono sempre più armati. Fernando Mazzetti Il presidente armeno Levon Ter-Petrosian e, nella foto a fianco, quello dell'Azerbaigian Ayaz Mutalibov. I due leader hanno partecipato ieri al Forum internazionale di Davos insieme ad altri presidenti della Csi ' ìfoto apj