Il parroco sale sul pulpito e tira picconate sul pds

Il parroco sale sul pulpito e tira picconate sul pds In una chiesa di Roma la prima omelia pro-Cossiga: «Ma come si permettono di rifiutare un invito al Quirinale?» Il parroco sale sul pulpito e tira picconate sul pds «Tortorella, Occhetto... mettiamoci anche una cornacchia e mandiamoli allo zoo» ROMA. «Abbiamo in Italia il leader di un partito che non so se sia passibile di vilipendio di Capo dello Stato, perché si permette, con una superbia inaudita, quando sono convocati i segretari di partito, di non andare dal Presidente della Repubblica». Non è la dichiarazione di un politico: è l'omelia pronunciata alla messa principale di ieri mattina da monsignor Pietro Pintus, responsabile della basilica di San Lorenzo in Lucina, nel cuore di Roma, e adesso primo parroco cossighiano della capitale. San Lorenzo in Lucina, a un passo dal Corso e da Montecitorio, è una chiesa speciale: è frequentata da notabili de, fra cui Andreotti e Forlani che hanno il loro studio proprio accanto (ma ieri non c'erano: tra i fedeli «eccellenti» si contava solo Nuccio Fava); ospita una cappella e una lapide murata qualche anno fa in memoria di Umberto II, il re esiliato a Cascais, e per questo, ma non solo, è frequentata dalla nobiltà «nera». Anche il suo titolare, un vulcanico sacerdote sulla sessantina, è un tipo speciale: tempo fa lanciò l'ipotesi di una possibile beatificazione di Grace Kelly. Sotto un grande, impressionante Crocifisso di Guido Reni, monsignor Pintus si rivolge alla folla di fedeli e tuona: «Come è possibile che in Italia non si educhino i ragazzi, non si dia il buon esempio del rispetto, non solo verso i genitori ma anche verso i responsabili della cosa pubblica?». Lo spunto è il vangelo, la presentazione di Gesù al tempio, nel quarantesimo giorno dalla nascita, «secondo la legge di Mose». «Ma a quale legge si appella questo signore?» - chiede il parroco di San Lorenzo, con evidente riferimento al pds e al suo leader. «Questo partito ha avuto un presidente che si chiamava Tortorella, il segretario si chiama Occhetto, ma perché non lo chiamate cornacchia, questo qui? Facciamo un bel giardino zoologico». Qualcuno ride, qualcuno appare imbarazzato. Monsignor Pintus, i capelli bianchi scossi dallo sdegno, parla a braccio, non legge un'omelia «precotta». «Non possono pretendere di inserirsi in Italia con l'arroganza del '48 - prosegue il sacerdote -. Anche la Chiesa si deve svegliare, si deve pregare in chiesa per i Capi di Stato. Non si può trascurare nell'insegnamento pastorale il fatto della denigrazione sistematica del Capo delle Stato. Se no, nessuno potrà più obbedire a nessuno». Il nome di Francesco Cossiga non viene mai pronunciato, ma l'ombra aleggia fra le colonne della basilica romanica, una presenza quasi palpabile. «Non prendo partito per difendere nessuno», continua monsignor Pintus, ma contro l'ipotesi che «si crei l'idea che il Presidente sia reo di alto tradimento» prima che ci sia una sentenza. Chiede che la Chiesa si schieri: «E' un dovere pastorale, dei parroci e dei vescovi. Nessun vescovo ha preso posizione, questo vuol dire che l'episcopato non esercita il suo mandato di avvertimento, di coraggio». I vescovi e i preti Pintus toma al Vangelo odierno - devono essere come Simeone, profeta: «il Signore ci faccia conoscere il suo volto, che è un volto chiaro». Quali compromessi, monsignor Pintus? Dopo la cerimonia, nella sacrestia, m un'atmosfera di silenzio profondo, lontano chilometri dal traffico del Corso, il parroco spiega: «Se l'episcopato è contro il Presidente, lo deve motivare. Non prendendo posizione, tacitamente da stima e apprezzamento all'opposizione presunta, perché poi è un'opposizione equivoca, ambivalente». U bersaglio sono alcuni partiti laici, e soprattutto il pds: «Sono amici dei cattolici, ma come? Seguono il consiglio: fateveli amici e poi li tradite, entrate nel gregge e prendete l'agnellino». Occhetto, in particolare, «è figlio di un capo di partito che ci ha messo in certe condizioni alla nostra epoca...». E racconta della sua epoca, cioè del '48: «Non è per niente falso e inaudito quello che ha dichiarato il signor Cossiga, che nel '48 il governo o militari davano le armi per proteggersi dai comunisti. Io stesso, viceparroco a Calangius, in Costa Smeralda, avevo 26 anni, ho distribuito le armi». Ed era comprensibile, secondo monsignor Pintus: «C'erano un appuntato e un carabiniere contro 200 armati eventuali, amatissimi dal pei. Durante la campagna elettorale del '48 mi stavano pugnalando alle spalle. Mi hanno salvato un carabiniere e un giovane di Azione Cattolica». Marco Tosato"

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