II jazz è grande ma non ha più profeti

II jazz è grande ma non ha più profeti II jazz è grande ma non ha più profeti SONO ormai anni che il jazz cerca un nuovo profeta. Invano di volta in volta si annuncia la stella cometa. Ma sono forzature. Unico dato certo è che i grandi personaggi escono di scena senza che qualcuno li sostituisca. L'orizzonte del jazz è notevolmente cambiato negli ultimi venti anni; unica certezza rimane la supremazia ameri Pò l i pcana. Però le risorse della tecnica e della cultura - sostiene Franco Fayenz nel saggio «Jazz domani» (Einaudi) - sono enormemente più importanti per il jazzista Anni 90 che per il suo collega del passato. Scompaiono gli autodidatti ed emergono talenti tecnicamente preparati che conoscono la storia delle varie civiltà musicali e, non di rado, possono esprimersi in più d'uno dei linguaggi codificati. Sono molti i musicisti di questa estrazione: nel jazz di oggi c'è tutto, il passato, il presente, la speranza per il futuro e gli echi musicali dei paesi più lontani. Una grande contaminazione e nessuna matrice originale. Così sulla scena non irrompe un «genio» come Parker o Monk o Coltrane. Situazione analoga ad altri campi, dove le passate certezze cadono, si continua a scrutare l'orizzonte in attesa di novità e ci si accontenta di banalità e spettacolarizzazioni. Sarà per questo che compaiono sempre più frequentemente riedizioni di materiali stoiici, retrospettive, archivi di prim'ordine e altri un po' meno. La scusa del riversamento in Cd non solo non regge, ma a volte produce guasti. La ripulitura, ad esempio, non solo toglie la patina del tempo, ma rovina un'atmosfera che per il jazz è parte integrante, essenziale. Ne escono così prodotti perfetti, ma di una freddezza paralizzante. Tutte queste valutazioni emergono ascoltando la nuova serie in Cd della Grp «The legendary masters of jazz», in cui sono presentate le registrazioni originali del catalogo Decca, dagli Anni 30 ai 50. Riedizioni o inediti di grande valore, visto che compaiono momenti eccezionali della vita artistica di personaggi come Roy Eldridge, Woody Herman, Louis Armstrong, Art Taluni, Billie Holiday, Bing Crosby, James P. Johnson. Si tratta di ore di musica preziosa, densa di fascino. La versione in Cd presenta questi vecchi nastri con tutte le loro amabilissime e preziose imperfezioni tecniche. Forse è proprio il Cd a verniciare di durezza un materiale ovviamente non concepito per tale utilizzazione. Il caro vecchio Lp, tanto frettolosamente dato in coma, sapeva donare - e donerà ancora - una ben diversa tonalità. Resta il fatto che ci è permesso di accedere ad un tale tesoro, espremamente utile per raffronti con la moderna produzione così poco spontanea. La «Cucaracha» o «I hope Gabriel likes my music» di Armstrong, «Blues on parade» o «Get your boots laced, papa» di Woody Herman, venti assoli pianistici di Tatum, gli straordinari sodalizi di Bing Crosby si dimostrano ancora una volta giganti musicali con cui non è facile misurarsi. E oltretutto si tratta sempre di musica apprezzabile e godibile anche da un pubblico che non possiede cultura e predisposizione per il jazz. In questa linea di rivisitazioni storiche va segnalata pure l'uscita di altre videocassette della collana «Sound Of Jazz» (Poi ygram, ognuna 30 mila lire), quelle dedicate a Billie Holiday e Duke Ellington. In un'ora di musica, con doppiaggio in italiano, si riesce ad apprezzare lo stile in scena di due artisti inimitabili. Tra le offerte della modernità si distinguono due nuovi album di Bob Mintzer, il saxofonista degli Yellow Jackets. In «Hymn» (Owl, 1 Cd) si esibisce con clarinetti e tastiere insieme a John Abercrombie (chitarra), Marc Johnson (basso), Peter Erskine (batteria). Il suono è quello tipico della Owl, non lontano dalla perfezione, così come l'ispirazione. Bob Mintzer ha le idee, le capacità, i mezzi per invitare veri musicisti al suo progetto. Ma la matrice tecnica gonfiata di lirismo si trasforma in un gioco però fine a se stesso. Meno riuscito è «I remember Jaco» (Bmg, 1 Cd) dove compare ancora Peter Erskine, ma stavolta affiancato da Joe Calderozzo e Michael Formanck. Tutte le composizioni sono studiate con misura e anche senso dell'humour: otto brani che sono un tuffo nel ricordo condotto con cuore, gusto e delicatezza. Ma noiosi come la morte. Senza dubbio è pesante per Mintzer il ricordo di Jaco Pastorius (scomparso nell'87 a Miami vittima in una rissa). Troppo presto? Troppo folle? Ma anche queste sono le nuove motivazioni del jazz. E non sono tempi da entusiasmi. Alessandro Rosa >sa^J

Luoghi citati: Miami