«lo sindaco, e spiego perché»

«lo sindaco, e spiego perché» Chi è, da dove arriva Giovanna Cattaneo, chiamata a succedere a Zanone «lo sindaco, e spiego perché» Tre figli, una vita da signora-bene, poi quindici anni fa la scoperta della politica nelpri «Ho deciso di disobbedire a mio marito per sfuggire al copione di casalinga-moglie-madre e basta» Se Giovanna Cattaneo fosse una moglie ubbidiente, forse Torino non sarebbe lì lì per avere il primo sindaco repubblicano della sua storia. «Giovanna, è da pazzi. Devi rispondere no» le aveva detto il marito. A tarda sera, nel salotto del grande appartamento di corso Galileo Ferraris 71, la «casalinga di ferro» ha vinto la battaglia più difficile: «Invece vorrei dire sì, Roberto. E ora ti spiego il perché..». Adesso, nell'asettico ufficio di assessore ai Vigili urbani, le riesce difficile ritrovare quei perché: «Quello fondamentale è che il partito aveva bisogno di me. Il partito non è tutta la mia vita, ci mancherebbe. Ma è una parte importante. Ci sono entrata anche per sfuggire a un copione già scritto, quello della casalinga-moglie-madre di famiglia e basta. Cerchi di capire, era quel "e basta" a infastidirmi, non tutto il resto. Per spiegarmi dovrei partire dall'inizio». L'inizio ha una data, 4 novembre 1942: «Sono nata sótto le bombe, avevo poche ore e già mi avevano portato in cantina». La casa è a Sassi, in collina. La famiglia, una classica famiglia della borghesia torinese. Giovanna è la seconda figlia del professor Rodolfo Cattaneo, specialista in medicina generale e futuro primario dell'ospedale Martini. La mamma si chiama Pinina, solide radici milanesi. La famiglia Cattaneo non ha problemi economici, il dopoguerra scivola via senza traumi. «Ero un maschiaccio. Odiavo le bambole, volevo sempre giocare alle macchinine con mio fratello Paolo. E impazzivo per la Juve. Mio padre m'ha portato allo stadio quando avevo cinque anni. Ricordo Praest, Hansen, Sentimenti. Sono ancora tifosa, ma alla partita non vado più». Giovanna è una scolara così così, tutto dipende dall'interesse per la materia. La famiglia s'è trasferita alla Crocetta. Lei frequenta il liceo d'Azeglio, la bocciano in quarta ginnasio: «Quando li rimprovero, i miei figli tirano ancora in ballo questa storia». Nessun altro incidente di per- «Eroodiagioce im corso, maturità compresa. S'è fatta una bella ragazza: capelli biondi, occhi azzurri, timida con gli sconosciuti ma protagonista in compagnia. Gli amici si chiamano Gianna ed Enrico Recchi, Carlo e Marco Minoli («anche Giovanni, il conduttore di Mixer, ma lui era il fratello più giovane»), Marisita Re, Paolo Peirone. Oggi Peirone è architetto. Ricorda: «Eravamo la buona società torinese. Facevamo i compiti in fretta, poi tutti a casa di questo o di quello. Il sabato feste di compleanno, cinema, quattro salti al Bagatelle, in collina. Io e Giovanna avevamo preso lezioni di ballo. Lei piaceva ai ragazzi, eccome. Non era solo carina, ci colpivano la curiosità e il buonsenso. Ma di politica non si parlava, il Sessantotto era lontano». Nel gruppo capita un aspirante ingegnere di antichissima famiglia monferrina. Si chiama Roberto Incisa della Rocchetta, i suoi antenati erano marchesi prima che i Savoia mettessero gli occhi su quelle terre generose. Giovanna e Roberto si conoscono, si piacciono, si sposano nel 1965, chiesa di San Filippo. Lei è iscritta a Lettere (sosterrà tutti gli esami senza mai discutere la tesi). «Il matrimonio, con quel che segue, è il momento decisivo della mia vita». Quel che segue è un lungo soggiorno in Sardegna, dove Roberto è chiamato dal lavoro. Lei è supplente alle medie e alle magistrali: «Per la prima volta sola, fuori del mio mondo. Quando sono tornata, tre anni dopo, ero un'altra. Mi sentivo inutile, destinata ai salotti, al rito del tè, a qualche attività benefica. Ero diventata femminista senza saperlo». Anni intensi. Roberto Incisa cambia mestiere, amministra la società che costruisce la nuova San Sicario, lo eleggono consi- gliere a Clavière, in una lista civica: «Alle elezioni votavamo repubblicano, ma così, perché ci piaceva la politica di Ugo La Malfa. Nessun impegno». Nel '72 il primo figlio, Oddone, l'anno dopo Rodolfo, l'anno dopo ancora Emanuele: «Ne volevo un quarto, ma èro troppo stanca». Nel '75 il marito entra in Fiat. Ma soprattutto, grazie a comuni amici, la coppia conosce Giorgio La Malfa: «Allora era un giovane deputato torinese, abitava in piazza Cavour». Si iscrivono al partito, iniziano a frequentare l'unica sezione torinese (la Mazzini di via Giannone). Anzi, quando la direzione decide di fondarne altre, a loro tocca la Galimberti, a Mirafiori. Giovanna si dà da fare come volontaria: «Facevo di tutto, dalle campagne elettorali alla centralinista. A volte mi chiedevo se non sarebbe stato meglio trovarmi un lavoro vero. Sempre, decidevo di no. L'alibi ce l'avevo: sul bilancio famigliare non ho mai fatto gravare tate o domestiche». Molla tutto nel '78: «Roberto era stato trasferito a Belo Horizonte, in Brasile. Ho giurato e spergiurato che non lo avrei seguito, poi ci siamo imbarcati sullo stesso aereo». Amici nuovi, come Daniela Travaglio, milanese, i cui due figli maschi fanno comunella con i tre degli Incisa. «Si faceva spedire i giornali da casa. Leggeva di tutto, però si capiva che la politica l'aveva presa» ricorda la signora Travaglio. Nel 1981 torna in Italia, presi¬ dente del Consiglio è un repubblicano, Giovanni Spadolini. Il vecchio Ugo La Malfa se ne è andato. «Questa volta era come se non mi fossi mossa. Al primo congresso mi hanno infilato nella direzione cittadina, ho ricominciato a incontrare gente, a far campagne elettorali». Scopre nuovi amici: Roberto Giunta, Franco Ferrara, Guido Vallami Nell'84 la «scopre» il segretario Salvatore Paonni, un talent scout della politica torinese: «La volli come mio vice. Era come un terreno fertile, non conosceva giochi e giochetti. Non li conosce ancora adesso». I ragazzi crescono, il marito è in carriera all'Iveco, il vicesegretario fa la spola tra casa e partito. «Corre» per le campagne elettorali di Gawronski, in ufficio è un punto di riferimento per i militanti: «A un ruolo di protagonista non pensavo. Non fino a quando La Malfa me lo chiese, nella primavera del '90». In lista è il numero 3, la eleggono con 2020 preferenze: «La mia propaganda? I santini e basta, non ho speso una lira». In Comune è poco più che sconosciuta. Nel presentarla a una commissione, un consigliere la chiama «la signora Incisa Scapaccino», come il paese vicino ad Alba. Tutto accade in fretta. In autunno diventa segretario, con il partito diviso sull'esito delle trattative che hanno portato ad eleggere Zanone: «Non avevo mai visto una frattura così dolorosa. Viene il momento in cui ci si deve contare, anche se può compromettere un'amicizia. Ci siamo contati, e abbiamo vinto noi». Quella notte le è costata l'appellativo di «casalinga di ferro»: «Presi una posizione dura, lontana dal mio carattere. La ricordo con tristezza». Lo stesso sentimento la coglie pochi mesi e dopo. L'assessore a Polizia Urbana e Traffico, il repubblicano Risaliti, inciampa su una brutta vicenda di vecchi e case di riposo abusive. Si dimette, l'unico sostituto possibile è lei: «Accettai, ma ero un po' spaventata». Il primo provvedimento è assumere una donna a ore: «La pago con lo stipendio di assessore. Ma un po' mi secca, ne avevo sempre fatto a meno». Poi il lavoro: piano parcheggi, vigili urbani, chiusura del centro. A casa la vedono poco. Trascura gli hobby (lettura, musica lirica, sci), ma tiene duro: «Se prometto cerco sempre di mantenere». Il resto è storia di oggi. Le dimissioni di Zanone, la rinuncia di Gawronski, la sua candidatura. Ieri, l'investitura della maggioranza. Governerà con 44 voti su 80, è facile pronosticarle difficoltà: fibrillazioni post elettorali, mega-progetti come metrò e piano regolatore, la crisi industriale. E l'orgoglio feri, to di chi aspirava a ; quella poltrona ed ha dovuto rimandare le ambizioni. Secondo sindaco con la gonna, dopo Maria Magnani Noya che l'ha già avvertita: «Prima di tutto noteranno come ti vesti». Giovanna Cattaneo lo sa: «E come mi muovo, e come mi trucco. E' il nostro destino, prima il resto, poi magari si accorgono che sei intelligente». «Intelligente lo è, e molto tenace» sostiene Giovanni Porcellana, ex sindaco democristiano famoso per essere avaro di elogi. La ex signorina di buona famiglia è una donna serena, ama i tailleur dai colori tenui, sorride volentieri, con i dipendenti è severa, ma non alza mai la voce. Si prepara a un'impresa che qualcuno ha già definito «troppo ardua per una casalinga»: «Se intendono dire che non ho esperienza sono d'accordo. Ma essere casalinga non è un demerito. Quanti politici maschi fanno un lavoro vero? Pochi, e io sono come loro. Con una differenza: quando arrivo in corso Galileo Ferraris ho ancora mezzo appartamento da mettere in ordine». Giampiero PavMo «Ero un maschiaccio odiavo le bambole giocavo alle macchinine e impazzivo per la Juve» «I colleghi maschi hanno un vantaggio: non devono rimettere la casa in ordine» Tre momenti della vita di Giovanna Cattaneo. Oggi, nel salotto di casa con i figli Oddone, Rodolfo e Emanuele. Sopra, in montagna, ancora con i bambini e il marito Roberto Incisa della Rocchetta. Sotto, il futuro sindaco a due anni, quando viveva nella casa di Sassi

Luoghi citati: Alba, Belo Horizonte, Brasile, Incisa Scapaccino, Italia, Sardegna, Torino