Isabelle Huppert, destino di fuoco di Lietta Tornabuoni
Isabelle Huppert, destino di fuoco PRIME CINEMA «Malina» di Schroeter, tratto dal romanzo di Ingeborg Bachmann e sceneggiato dalla Jelinek Isabelle Huppert, destino di fuoco Splendido affresco di delirio, passioni e morte ISABELLE Huppert non è mai stata così brava come nell'affrontare qui un'impresa difficilissima e al cinema quasi sempre destinata al fallimento: recitare un'afasia creativa, un delirio intellettuale; recitare l'odio del presente, il rapporto ormai impossibile con la realtà e con la scrittura, l'autodistruzione indomabile. «Malina», edito in Italia da Adelphi, romanzo di culto nei Paesi di lingua tedesca, è l'ultimo libro pubblicato in vita, nel 1971, dalla ammirevole poetessa, saggista e narratrice austriaca Ingeborg Bachmann. Due anni dopo, una notte d'ottobre del 1973, s'addormentò nella sua casa di via Giulia a Roma senza spegnere la sigaretta, che infiammò la sua vestaglia di nylon e poi il letto e bruciò atrocemente lei stessa; venne portata in ospedale, dove poco dopo morì. Aveva 47 anni: durano ancora intorno alla sua fine dilemmi e polemiche, il dubbio se a renderla insensibile al fuoco fossero stati i tranquillanti forti che prendeva in gran quantità mescolati all'alcol, o se fosse stato il desiderio di morire a toglierle ogni capacità di reazione. Nell'opera narrativa della Bachmann («Il trentesimo anno» e i romanzi incompleti pubblicati postumi, «Il caso Pranza», «Requiem per Fanny Goldmann»), «Malina» è il testo considerato più dolorosamente autobiografico, espressione della schizofrenia della scrittrice tra natura femminile e natura maschile, tra emotività e razionalità, e dell'uccisione-suicidio della scrittura. Il film scritto da Elfriede Jelinek si prende molte libertà, anche inserendo nel testo la diretta esperienza personale della Bachmann. La protagonista, scrittrice in terribile crisi espressivo-esistenziale, si sdoppia nell'amico, protettore e confidente Malina; si strugge in un amore appassionato che diventa presto deludente, angoscioso; combatte con se stessa e con la propria scrittura, scrive con frenesia infinite lettere supplichevoli che non vengono mai spedite, è visitata da terribili incubi popolati dalla figura del padre incestuoso. L'appartamento liberty dove lei e Malina vivono (o, almeno, appaiono) è abitato dal fuoco come da una profezia di morte, candele e fiammiferi accesi, roghi domestici, fiamme dell'Inferno nei quadri sacri, carte brucianti, fornelli e macchine per scrivere e telefoni fiammeggianti: sino alla sparizione della scrittrice. Werner Schroeter, il regista austriaco di «Nel regno di Napoli», «Maria Malibran», «Concini d'amore» e di famose messe in scena operistiche, predilige il melodramma, il barocco, l'eccesso: in questo film strano e difficile ma affascinante rinuncia a molti manierismi, crea immagini di grande suggestione. Isabelle Huppert è magnifica: faccia infinitamente mutevole, modo perfetto d'esprimere l'inquietudine irrefrenabile con la fretta inutile del passo o la dislocazione dei gesti, intensità nervosa sempre al limite dell'esplosione, grande bravura. Lietta Tornabuoni MAUNA di Werner Schroeter con Isabelle Huppert Mathieu Carrière Can Togay Produzione austrotedesca 1991 Drammatico Cinema Studio Rite di Torino Isabelle Huppert, mai così brava
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