L'Onu promette la grande riforma di Paolo Passarini

L'Onu promette la grande riforma L'Onu promette la grande riforma Mal'«Esercito Blu» rimane ancora sulla carta WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' stata la prima foto di gruppo dei potenti del mondo dopo la morte dell'Urss, simbolo, a sua volta, della fine della Guerra Fredda. Una foto di gruppo con la «nuova Onu» sullo sfondo, che, come dicono le 1800 parole del documento approvato, dovrà intervenire più attivamente per prevenire le guerre, per punire le aggressioni, per garantire i diritti umani, per promuovere lo sviluppo della democrazia, per favorire il controllo delle armi di distruzione di massa. Formule larghe, faticosamente combinate dalla diplomazia internazionale; concetti generali al punto da spingere qualcuno a definirli «generici». Faceva comunque una certa impressione sentire Eltsin pronunciare una frase come: «Noi non consideriamo gli Usa e i Paesi dell'Occidente degli amici soltanto, ma degli alleati». Mentre, dall'altra parte del tavolo rotondo, Bush assicurava che «oggi la minaccia di una guerra nucleare globale è più distante che in ogni altro momento dell'era atomica». «Più distante che mai» non significa, tuttavia, «eliminata per sempre». Non a caso, il capitolo del documento approvato ieri dal Consiglio di sicurezza dell'Orni,' che si riferisce al «grande cambiamento d'epoca», dà il benvenuto ai «mutamenti politici» intervenuti nell'Urss, ma sottolinea anche che «l'instabilità economica, sociale, ecologica, sul terreno dei diritti umani, sono diventate minacce per la pace». - Rimane il grande rischio costituito da una proliferazione nucleare'che sfugge al controllo delle grandi potenze. E non è solo il problema dell'Iraq di Saddam Hussein, sul quale Bush ha chiesto che le sanzioni dell'Onu continuino a gravare. L'India stessa si è rifiutata di aderire alla proposta americana di un trattato regionale contro le armi atomiche. «Preferiamo soluzioni globali», ha detto il suo rappresentante. Ma, fino alla fine, l'India ha premuto perché il documento conclusivo non recepisse formalmente il Trattato sulla non proliferazione a cui non ha mai aderito. Così il documento si. limita a sottolineare «l'importanza» del Trattato. Poi c'è la Cina. Proprio ieri, mentre il contestato Li Peng chiedeva a Bush di abolire le sanzioni contro il suo Paese, i giornali americani hanno pubblicato nuove notizie su forniture cinesi di componenti nucleari al Pakistan e alla Siria. La Guerra Fredda è finita, ma, in un certo senso, non si è ancora conclusa quella Calda degli Anni 40. A quasi 50 anni da Yalta, il Giappone, attraverso il primo ministro Miyazawa, ha rinnovato ieri la richiesta di un seggio in Consiglio di sicurezza come membro permanente. Mancava, tra i Capi di Stato riuniti ieri, il rappresentante di un'altra grande potenza mondiale, la Germania, che neppure è membro permanente - e in questi mesi non le spetta il seggio di turno. Si è parlato della costituzione di una robusta forza militare per il pronto intervento in crisi improvvise, da affidare al comando unificato della segreteria Onu. Gli esperti di alcune cancellerie hanno anche ipotizzato un numero: 500 mila uo- mini completamente e^upaggiati. Ma, su questo punto, il documento finale si limita, prudentemente, a suggerire l'istituzione di «strumenti per fronteggiare le minacce alla pace e, se necessario, a rovesciare gli atti di aggressione». Al nuovo segretario dell'Onu, l'egiziano Boutros Ghali, è stato affidato il compito di* presentare delle proposte in merito entro il primo luglio prossimo. E l'unico a entrare in argomento è stato. Mitterrand. Ha assicurato che la Francia «è pronta a mettere in qualunque momento 2000 uomini a disposizione anche con un breve preavviso». Come sempre nella storia del mondo, anche oggi la pace è un edifìcio da costruire con pazienza, sapendo che, alla fine, sarà sempre un manufatto precario. Nel frattempo Bush, come ha informato James Baker, ha utilizzato i colloqui bilaterali avuti ieri, per negoziare una nuova risoluzione Onu contro la Libia. Dure sanzioni e la minaccia di «serie conseguenze future». L'ipotesi di una punizione militare per reati di terrorismo internazionale resta dietro l'angolo. «Bisogna agire risolutamente contro questi regimi rinnegati», ha detto Bush. Si riferiva anche all'Iraq, la cui «aggressione» al Kuwait, come saluta il documento, è stata punita. Ma Saddam Hussein è sempre lì. Paolo Passarini II presidente George Bush