Russia-Ucraina, allerta sul Mar Nero di Enrico Singer

Russia-Ucraina, allerta sul Mar Nero Russia-Ucraina, allerta sul Mar Nero Kiev chiede la testa del «traditore» che comanda la Flotta MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Nella battaglia per il controllo della Flotta del Mar Nero l'Ucraina ha lanciato un nuovo assalto. Questa volta l'obiettivo è il comandante in capo delle quasi mille unità contese: l'ammiraglio Igor Kasatonov. E' stato il presidente ucraino, Leonid Kravchuk, a chiedere ieri la testa dell'alto ufficiale russo che si oppone al trasferimento delle sue navi sotto il controllo di Kiev. La «colpa» di Kasatonov: avere lasciato fuori dai cancelli del quartier generale di Sebastopoli una delegazione di parlamentari ucraini che voleva incontrarlo e che desiderava anche indagare sui «reali sentimenti» di ufficiali e marinai. Per questo affronto Kravchuk ha chiesto le dimissioni dell'ammiraglio Kasatonov al capo provvisorio delle forze annate della Comunità di Stati indipendenti, il maresciallo Evghenij Shaposhnikov. Il comandante di vascello Valerij Novikov, portavoce della Marina della Csi, ha già anticipato che Shaposhnikov non darà soddisfazione a Kravchuk perché «non ci sono ragioni per rimuovere l'annniraglio Kasatonov». Fra il presidente dell'Ucraina e la Comunità si è aperto un nuovo capitolo di scontro. La guerra della Flotta è passata dalle questioni di principio a quelle che investono gli uomini, con il risultato di esasperare le paure e i risentimenti che già serpeggiano tra gli ufficiali. Ma lo strappo militare non è il solo che divide l'Ucraina dalle altre Repubbliche e, in particolare, dalla Russia. Negli ultimi giorni il governo di Kiev ha moltiplicato gli atti d'indipendenza dalla vecchia rete di rapporti economici e politici dell'Urss. Il più clamoroso è un contratto per acquistare petrolio e gas dall'Iran in cambio di ferro e armi. E' un contratto colossale che prevede la costruzione, entro il 1995, di una doppia «pipeline» che attraverserà l'Azerbaigian e k che porterà tra 50 e 70 milioni di tonnellate di greggio e 75 miliardi di metri cubi di gas all'anno in Ucraina. In attesa della realizzazione di questo oleodotto-gasdotto, l'Iran fornirà già da quest'anno quattro milioni di tonnellate di petrolio e tre miliardi di metri cubi di gas. L'accordo è stato firmato a Kiev giovedì sera dal vice primo ministro ucraino, Constantin Masik, dal primo ministro dell'Azerbaigian, Hassan Aziz Asano v, e dal ministro del petrolio iraniano, Gholamreza Agazadeh. E' un contratto senza precedenti dal momento che l'ex Urss era, nel suo insieme, il primo Paese produttore di petrolio e di gas del mondo e tutti i fabbisogni energetici erano regolati con scambi interni. Non un solo barile di greggio «straniero» arrivava nelle raffinerie sovietiche, ma adesso l'Ucraina indipendente sarebbe costretta a comprare petrolio e gas dalla Russia e ha preferito l'Iran. E' ima scelta strategica: se il confronto po- litico-economico con la Russia dovesse arrivare all'estremo, l'autonomia energetica sarebbe decisiva per resistere ad eventuali ricatti. In cambio di questo fiume di petrolio e di gas, l'Iran riceverà ferro, macchinari ed anche armi. Un baratto che non scandalizza la nuova Ucraina indipendente, perché le armi sono sempre entrate nella voce esportazioni dell'Urss e perché non è con i rubli o con i futuri «grivna» che si può comprare qualcosa sui mercati internazionali. Ed è proprio sul terreno finanziario e monetario che l'Ucraina sta preparando un altro strappo. Il primo ministro, Vitold Fokin, ha lanciato l'idea di dividere il debito estero che l'Urss ha lasciato alla Csi. Secondo i calcoli del governo di Kiev, l'Ucraina dovrebbe pagare il 16,37 per cento del totale dei debiti, valutati attorno ai 70 miliardi di dollari, e sarebbe pronta a farlo. Anche questa iniziativa è un modo per sganciarsi dal carro della Comunità. I vantaggi indicati da Fokin sono tre: evitare che al debito si aggiunga una montagna di interessi per i prevedibili ritardi di pagamento da parte della Csi, accelerare il processo di indipendenza monetaria che dovrebbe consentire all'Ucraina di sostituire il rublo con il grivna entro la fine dell'anno, ed anche ottenere la spartizione di quel poco di attivi che l'Urss ha lasciato. La divisione del debito, infatti, dovrebbe corrispondere alla divisione dei crediti e dei beni, comprese le sedi diplomatiche e commerciali all'estero sulle quali è già arrivata la lunga mano della Russia. La spartizione del debito farebbe saltare gli accordi già raggiunti con il G-7 in dicembre a Mosca che prevedono la «garanzia solidale» di tutte le ex Repubbliche dell'Urss. E per la Comunità che stenta a trovare il suo equilibrio sarebbe, forse, un colpo mortale. Enrico Singer