VIAGGI ACIDI

VIAGGI ACIDI VIAGGI ACIDI ZBURG (Basilea) ERO vìrgola cinque milligrammi di acido lisergico in soluzione. Tre gocce, un sorso. Si siede e aspetta. Il sole entra nella stanza bianca del suo laboratorio di ricerche farmacologiche, secondo piano deUa Sandoz, Basilea. Sono le due del pomerìggio di un giorno speciale, 19 aprile 1943: il chimico Albert Hofmann, 37 anni, da cinque impegnato in esperimenti sugli alcaloidi contenuti nella segale cornuta, ha appena ingeritola prima dose di Lsd della storia. Aspetta, e ancora non sa di avere appena aoeehiuso . che Aldous Huxley, un decennio più tardi, avrebbe chiamato, la porta della percezione. Ancora non sa che quella soluzione incolore - dietilammide dell'acido lisergico ottenuta per caso, provata per curiosità - vent'anni dopo avrebbe fatto il giro dei mondi possibili, conquistato ragazzi californiani, musicisti anglosassoni, scrittori europei, sognatori. Avrebbe creato ostinati cercatori di sé e grandi parole come Rivoluzione Psichedelica. Avrebbe generato lampeggianti terrori, rivelazioni solitarie, decadenze floreali, paranoie, infelicità, amori, illuminazioni, nuovi sguardi, nuovi mondi. «No, non sapevo niente di tutto questo. Non potevo immaginare. Ero solo un giovane chimico seduto nel proprio laboratorio, dentro al confortevole mondo delle formule, in attesa di qualcosa». Oggi Albert Hofmann ha i capelli bianchi, voce rauca, accento spigoloso da svizzero tedesco, sorrisi improvvisi. Ha appena compiuto 86 anni, ha provato ogni tipo di allucinogeno chimico, ha fumato l'oppio, ha masticato le piante magiche degli indiani d'America, i funghi sacri di Messico e Centro America. Da vent'anni è in pensione. Ha quattro figli, nove nipoti, una moglie. Cerca ancora «una sintesi» di quello che ha vissuto. E cercando, scrive, pensa, nuota, guida velocissimo, viaggia. Gli incontri con Huxley Tra pochi giorni esce il suo Lsd, i miei incontri con Huxley, Leary, Jùnger, Vogt, edizioni Stampa Alternativa, raccolta di lettere e riflessioni scritte negli anni degli esperimenti psichedelici. Tra un paio di settimane dovrebbe arrivare a Milano per presentarlo. E questa è la sua prima intervista a un giornale italiano. Hofmann abita (per dir così) in bilico su tre confini della vecchia Europa, in una villa solitaria tra le colline sopra Burg, sessanta chilometri da Basilea, Svizzera, duecento metri dal confine con la Francia, quindici chilometri da quello con la Germania. Dalle sue finestre vede l'Alsazia e i Vosgi. Ma i suoi occhi azzurri guardano molto più in là, sono affacciati su quel pomeriggio del '43. «Bevo e aspetto. Guardo fuori. Sale piano qualcosa di strano, un soffio, una vibrazione. Di colpo mi cambia il quadro ottico. Vedo per la prima volta: gli oggetti hanno colori abbaglianti. Sento per la prima volta: è come se ogni più piccolo rumore avesse trovato la strada segreta per arrivare fino a me, con precisione. E' a quel punto che succede». Hofmann chiude gli occhi, rallenta il racconto, sceglie le parole: «Improvvisamente ho paura., Sento che mi sto staccando. Si è creata una distanza tra me e il mio corpo. La paura diventa terrore. Mi alzo, ho una sola idea: voglio andare a casa. Salgo sulla bicicletta e tutto quello che vedo intorno è diverso. Ho la precisai sensazione di essere immobile.1 Sto pedalando sempre più veloce, lo spazio intorno a me si allarga, mi inghiotte. Non ho vie di scampo, non riesco a muovermi. I rumori intomo diventano colori, lampi di blu, strisce di rosso». «Non so come, mi ritrovo a casa, da solo. Sono seduto sulla poltrona, gli oggetti sono animati, si muovono, il mondo è completamente diverso eppure io penso: è così che deve essere. Penso: sono pazzo, voglio tornare indietro. Panico, panico. Lontano da me, molto lontano, nel mondo delle cose, vedo comparire il mio assistente, poi mia moglie. Sento parole, c'è un medico. Sono nel mio letto. Sento che dentro di me si sta fermando il cuore, si sta fermando il tempo. Sto morendo e nessuno se ne accorge. Il cuore è fermo. Dico al medico che ha la faccia sfigurata: sto morendo. Ma lui mi sta misurando la pressione, mi ascolta il battito, dice: è tutto perfetto, non si preoccupi». «D'improvviso la paura rallenta. Sono nel mio letto, non mi può succedere niente di terribile. Ecco, piano piano, cado nel torpore. I pensieri rallentano, smetto di reagire. Il tempo ricomincia a fluire, è notte fonda, ho sonno. Dormo benissimo e alla mattina provo una sensazione bellissima. Intorno a me è tutto nuovo, tutto fresco, tutto piacevole. Mi guardo intorno e ho la netta sensazione di essere in un mondo nuovo». Gli occhi azzurri di Hofmann tornano a concentrarsi sul presente. Fa impressione ascoltare il racconto di un trip - di un viaggio lisergico - da un piccolo vecchio in giacca, cravatta e ottime maniere che ora si alza, dice: «Venga», attraversa il grande salone della villa, supera il pianoforte a coda, le vetrine con statuette azteche, la porta a vetri da cui si intravede l'azzurro della piscina, il verde delle piante, e approda nello studio, due pareti di vetri, il resto libri. Si siede, dice: «Nel mondo sono usciti duemila libri scientifici che riguardano l'Lsd. Qui ci sono tutti». Giusto, tutti figli suoi, quegli studi. Come pure metà d*l >pop che. si è suonato . nel mondo per una dozzina d'anni figlio della sua sostanza e una parte dei chilometri viaggiati da Jack Kerouac e Neal Cassidy e l'inchiostro di Alien Ginsberg e i giochi di Ken Kesey e i racconti elettrici di Tom Wolfe e le incazzature di Abbie Hoffman e Jerry Rubin e i raid teatrali del Living di Julian Beck e le riflessioni antipsichiatriche di Ronald Laing e David Cooper. E' per quei suoi millligrammi di chimica che 10 milioni di ragazzi (solo negli Usa, in due decenni) hanno provato a «aprire le proprie coscienze» e a viaggiare dentro a se stessi. Che effetto le fa la storia della sua scoperta? «Uno strano effetto perché se ne è abusato con troppa leggerezza. Gli allucinogeni sono sostanze da prendere molto sul serio. Agiscono nel profondo, non le si può usare per animare la superficie liscia di un gioco. In America e in Europa, l'Lsd è stato usato spesso nel modo sbagliato». Dopo il suo primo trip, Hofmann ha continuato con regolarità gli esperimenti: «Mai da solo, sempre con persone amiche, sempre in posti confortevoli, sempre con almeno un mazzo di fiori vicino e buona musica». Lui ascolta Mozart. Se gli si chiede dei Pink Floyd, dei Jefferson Airplane, dei cento musicisti West Coast, lui alza le spalle e si capisce che non gli interessano molto. Una volta ha conosciuto i Grateful Dead, gruppo lanciato durante gli Acid Test organizzati da Ken Kesey a San Francisco. Sono arrivati da lui, sbaUatoni e allegri, per dirgli: «Thank you, thank you». Nient'altro. E lei? «Be', li ho salutati». E' vero che dopo anni di oblio l'acido sta ritornando in auge? «Leggo sul "New York Times" che molti ragazzi lo stanno riscoprendo». Nei Settanta si dicevano molte cose contraddittorie sui danni prodotti dall'Lsd. «Era cattiva informazione. Con assoluta certezza l'acido non produce dipendenza, non distrugge cellule, non ha controindicazioni mediche. L'unico problema è essere pronti a superare la prima volta. Lo shock della rivelazione. Ci sono stati casi di ragazzi che non sono più riusciti a tornare indietro con la testa». La Sandoz interruppe la produzione dell'acido lisergico nel 1966. Pochi anni dopo fu proibito in tutto il mondo. Cosa successe esattamente? «Alla fine dei Quaranta iniziarono le sperimentazioni dell'Lsd. Veniva usato soprattutto in psicoanalisi, ma anche nelle terapie contro il dolore e di sostegno ai malati terminali. Nei Cinquanta inizia- è rono anche gli esperimenti mili-tari, dai quali io mi tenni alla larga». E' vero che la Cia si interessò ah"Lsd? «Da me vennero uomini del Pentagono, non della Cia. Stavano sperimentando anche loro gli effetti dell'Lsd e volevano sapere se era possibile produrne in grandi quantità». Per farne cosa? «Armi chimiche. Studiavano la possibilità di neutralizzare il nemico con l'acido lisergico». Perché fu proibito? «E' ovvio. Perché secondo l'opinione corrente l'acido è una droga del tutto incompatibile con la vita, con la produzione, con gli orari, con i comportamenti standard». E secondo lei? «Io ci convivo da mezzo secolo». Lei è favorevole alla legalizzazione delle droghe? «Mi sembra l'unica via d'uscita possibile. E' ovvio che il proibizionismo ha funzionato come forma diabolica di liberalizzazione. In qualunque città del mondo si può trovare eroina, cocaina, crack. Legalizzare le droghe pesanti consentirebbe, al contrario, un forte controllo sulle sostanze. Taglierebbe il mercato gestito dalle grandi associazioni criminali che il proibizionismo ha reso imbattibili». Io e Ginsberg in Messico Cosa le ha insegnato l'uso dell'acido lisergico? Hofmann tira fuori uno dei suoi sorrisi speciali. Alle sue spalle ci sono, in vetro, le strutture molecolari dell'hashish, della psilocibina e dell'Lsd. Le indica: «Mi hanno permesso di vedere. Mi hanno permesso di capire che fuori di noi c'è una serie infinita di mondi e che più allarghi il tuo sguardo, più vedi, anche se il vedere non è spiegabile. Mi hanno permesso di capire che la forza che muove tutto è la stessa da cui io provengo e con la quale, ogni tanto, entro in contatto». E poi? «Mi ha permesso di conoscere persone straordinarie come Jùnger, Huxley, Timothy Leary. O come Alien Ginsberg». Sono insieme in una foto in bianco e nero sopra la sua scrivania. Ginsberg stropicciato dal vento, Hofmann invece perfetto, che guarda in macchina. La data dice: Santa Cruz, 1974. «Ci vediamo quasi ogni anno o in California o in Messico. Abbiamo un sacco di storie da raccontarci». Quando si è fatto l'ultimo acido? «Tre anni fa, in Messico, notte di luna piena, alta montagna. Sensazione di estasi. Di fratellanza. Di essere una parte del mondo. Molto piccola, però unica». Pino Contee Intervista esclusiva con Albert Hofmann il chimico che scoprì /'JLsd: ora esce un suo libro dì lettere e ricordi 1 sinistra, Jack Kerouac, a fianco (ìinslwrg; sopra Hofmann (folo'/Aipparoli)