«L'ultima follia del Quirinale è l'incubo che blocca la dc»

«L'ultima follia del Quirinale è l'incubo che blocca la dc» E alla Camera si diffonde una voce: Cossiga vuole «autosospendersi» per protesta contro le accuse su Gladio «L'ultima follia del Quirinale è l'incubo che blocca la dc» ROMA. Ancora zoppicante per l'incidente di qualche settimana fa, Vincenzo Scotti, ministro dell'Interno e ultimo de invischiato in una polemica con Francesco Cossiga, fa capolino in Parlamento di primo mattino, proprio per sfuggire a domande imbarazzanti. Ma evitati i cronisti, poco mattinieri, il ministro dell'Interno non riesce a seminare la curiosità di deputati de come Nino Carrus, di quelli che ogni giorno alle 8 in punto sono già sul portone di Montecitorio. «Come ha reagito il Presidente al nuovo pandemonio che si è scatenato sul caso Moro? Quale è stata la sua ultima follia?» domanda il parlamentare de e il ministro non può non rispondere: «Stava facendo qualcosa di grave - spiega - ma ci ha ripensato». Passa una mezz'ora e il liberale Raffaele Costa porta alla Camera nuove indiscrezioni: «Renato Altissimo - annuncia - si vanta di aver persuaso ieri il Presidente a non "autosospendersi" in un colloquio alla Casina Valadier». Così è appena cominciata l'ultima seduta di questa legislatura e già nel Transatlantico arrivano gli echi dell'ultima sfuriata del Quirinale e insieme ad essi l'interrogativo che peserà su tutta la campagna elettorale: quale sarà «l'ultima follia» di Cossiga? «Voleva autosospendersi»: di bisbiglio in bisbiglio la notizia passa da ministro a ministro, da deputato a deputato fino arrivare alle orecchie dell'ultimo «peon». «Sì - conferma Claudio Signorile - per tre ore ci ha pensato ma adesso è tutto risolto». «Già, ieri pomeriggio abbiamo corso questo rischio» ammette il ministro Paolo Cirino Pomicino. E giù a spiegare i motivi dell'ira del Colle: la relazione di Gualtieri su Gladio e le nuove polemiche su dei «comitati di crisi» del ministero dell'Interno messi in piedi da Cossiga durante il rapimento Moro. Ma come è stato convinto il Presidente a non compiere un gesto tanto dirompente? I ben informati riescono a dare una ri¬ sposta anche a questa domanda: gli amici come Mino Martinazzoli, Giuliano Amato e Altissimo hanno usato l'arma della persuasione; i nemici come De Mita e Gava hanno fatto sapere a Cossiga che, se proprio voleva, poteva ricorrere all'istituto delle «dimissioni» e non ad uno dai contorni incerti come quello dell'aautosospensione». Naturalmente sulla scia delle rivelazioni arrivano a Montecitorio anche pezzetti di brani degli sfoghi di Cossiga con qualche amico. «Le voci - sono le parole attribuite al Presidente - che io mi sono dimesso da ministro dell'Interno per evitare le indagini sul mio operato, sono una mascalzonata. Se processo deve essere lo facciano subito e vedremo chi è da condannare». E un parlamentare de, che continua a mantenere un rapporto con il Quirinale, aggiunge anche un'altra argomentazione: «Lì sul Colle si dice che è stata un'imprudenza questo attacco al Presidente sui comitati di crisi perché in questo modo si conosceranno i giudizi imbarazzanti espressi su Moro dall'esperto di antiterrorismo statunitense che faceva parte dei comitati e che sono contenuti nei verbali. E questo l'amministrazione americana non lo gradirà di certo». La relazione di Gualtieri su Gladio, le nuove scaramucce su Moro, i de che con la scusa di difendere Cossiga ritirano in ballo l'ipotesi di una presenza di Licio Gel li nei «comitati» di Cossiga: sono questi gli argomenti di cui si discute nel Transatlantico di Montecitorio, nel Transatlantico dei «veleni». E che si sia aperta una fase infuocata lo testimonia anche il rifiorire delle «veline» dei servizi. Mentre si discute delle minacce di Cossiga di «autosospendersi», infatti, arriva Falco Accame, ex deputato, che fa sapere di una lettera personale inviata dal parlamentare di dp Guido Pollice al ministro della Difesa Rognoni: «La rivista "Punto critico" ha pubblicato sul suo ultimo numero - spiega Accame - la fotocopia di un passo rilasciato nel '79 ad un certo ing. Luciani, alias Licio Celli, per frequentare il palazzo della Marina Militare. Quella fotocopia è arrivata al giornale con un biglietto firmato da un non meglio identificato «Cocer del Sismi». Ora vogliamo sapere se quel passo è autentico o meno». Insomma, veleno su veleno e nessuno, anche chi fa di tutto per sdrammatizzare, può evitare di ammettere che questi sono i prodromi di una campagna elettorale «pesante». «Queste storie - dice seduto su una poltrona il ministro Guido Bodrato - somigliano alle storie delle amanti dei candidati alla presidenza degli Usa. Le sanno tutti e non fanno notizia, poi, quando cominciano le primarie, vengono tirate in ballo per farli fuori». E Bettino Craxi come si muove in quella palude che è diventato il Transatlantico? Il segretario del psi fa una puntata alla buvette di Montecitorio proprio per lanciare un «altolà» a chi lancia messaggi trasversali sul caso Moro. «Spero - dice - che la campagna elettorale non se ne occupi... son cose dei magistrati, ci sono i giudici del Moro quater». Poi, quando qualcuno gli fa notare che dai verbali del «comitato di crisi» emerge che l'esperto Usa voleva quasi «la morte dell'ostaggio», risponde: «Non era il solo a pensarla così». Quasi un segnale per chi vuole conti- nuare ad «usare» quell'argomento: la polemica si potrebbe allargare e diventare spiacevole per tutti. Questo avviene mentre Cossiga per ora non parla. Solo l'amico Zamberletti spara su Gualtieri. «Ha fatto quella relazione dice - perché il pri voleva togliergli il collegio senatoriale di Cesena: adesso con questo can can che ha provocato spera di salvarsi». Ma il Presidente ha proprio deciso di rinunciare ad un'ultima sortita? «Parlerà - promette il fido D'Onofrio - appena avrà sciolto le Camere». Augusto Miruoiini Il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga: sono le sue esternazioni a preoccupare lo stato maggiore della de

Luoghi citati: Casina, Cesena, Roma, Usa