«Sentii gli spari tornò e mi disse: scappa»

«Sentii gli spari, tornò e mi disse: scappa» Il delitto del tappezziere ricostruito in Corte d'assise per tre ore dal pubblico ministero «Sentii gli spari, tornò e mi disse: scappa» Così la moglie del boss ha accusato l'amante che uccise per lei Superate le secche procedurali, il processo in Assise contro Ignazio Mavilla è partito ieri con la relazione del pm Marcello Maddalena che, con la collega Patrizia Caputo, rappresenta l'accusa. Per tre ore il magistrato ha ricostruito nei particolari l'omicidio del tappezziere Claudio Bodo assassinato il 18 settembre '90 sotto casa in via Macerata 20, perché aveva preso a schiaffi l'ex amica dell'imputato. Maddalena ha illustrato la rete di prove, deposizioni e riscontri che, secondo l'accusa, inchiodano Mavilla. Una rete che ha proprio nell'ex amante dell'imputato, Loredana Ghilleri, l'elemento di raccordo. La confessione della donna, i biglietti che ha scritto dal carcere all'imputato mentre era ancora latitante, il drammatico confronto tra i due davanti al gip (è stato filmato, sarà trasmesso in aula), pesano come macigni contro Ignazio Mavilla, difeso dagli avvocati Bissacco e Cristini. Loredana Ghilleri, che sarà processata a parte, tre giorni dopo il delitto confessò alle Nuove: «Ho accompagnato Ignazio in via Macerata, ma non doveva uccidere quel Bodo. Doveva solo farmi chiedere scusa. Lui è sceso, ha parlato con Bodo, si sono allontanati, ho sentito gli spari. Ignazio è arrivato di corsa all'auto: "Andiamo, scappa"». Versione che trova riscontro nelle deposizioni della moglie del morto, Chiara Canonico, di un amico, Pollini, e di un vigile urbano che ha assistito alla scena. La Ghilleri ha poi spiegato: «Il pomeriggio siamo stati insieme. Lui ha fatto un salto a Venaria dal cugino, e cognato Gaetano, ma è tornato subito dicendo: "Non posso andar lì perché ci sono i carabinieri". Mi ha chiesto di cambiarsi e siamo andati a casa mia in via Rapallo con la sua Y10 e ha preso un paio di jeans e una camicia». Il riscontro si trova in una vicina di casa che la sera del delitto notò l'utilitaria con le due persone. Poche ore dopo l'omicidio, i carabinieri erano già sulle tracce di Loredana Ghilleri. Bodo era infatti stato subito riconosciuto dal brigadiere Alesci come il gio- vane che pochi giorni prima aveva avuto un diverbio con la Ghilleri in corso Umbria. Il sottufficiale aveva preso nota dei loro nomi e indirizzo su un foglietto, La sera del 18 la Ghilleri finisce in cella. Ma nega tutto: «Non so nulla, sono stata a Brandi zzo a trovare alcuni amici». Nessuno le crede e lei sa che la versione non regge. Così fa arrivare un biglietto al suo amico che s'è reso uccel di bosco: «Non ho detto nulla, ma questi non mi credono. Dimmi cosa devo fare». Il messaggio era stato recapitato all'esterno delle Nuove dalla fidanzata di un amico di Mavilla. Il pomeriggio del 21 settembre la Ghilleri s'incontrò con il marito, il boss pentito Vincenzo Tornatore. Maddalena ha detto: «Un colloquio difficile. La donna confessa a Tomatore il suo tradimento, gli parla dell'amante, gli chiede consiglio». Un'ora dopo la Ghilleri raccontò al magistrato tutto quello che sapeva sul delitto. E lo ha riconfermato nel confronto con l'ex amico. «Mi spiace, non potevo fare altro» ha detto la donna. Mavilla le ha ribattuto: «Non so perché continui ad accusarmi, io non so nulla». Nel settembre scorso la Ghilleri aveva aggiunto l'ultimo particolare che s'era tenuto fino ad allora per sé: «La pistola dopo il delitto venne consegnata ad un certo Carmelo Ignini». La relazione del pm Maddalena non ha scosso l'imputato dietro le sbarre. Tranquillo, almeno in apparenza, Mavilla ha ascoltato le accuse, negli intervalli ha passato il tempo con le parole incrociate. Il processo è stato rinviato all'11 febbraio quando saranno sentiti i primi testimoni. Nino Pietrophito Ignazio Mavilla (nella foto) è accusato per l'omicidio di Claudio Bodo, ucciso il 18 settembre del '90 in via Macerata

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