Com'è importante non chiamarsi Bruno di Gian Paolo Ormezzano

Com'è importante non chiamarsi Bruno LA MORALE Com'è importante non chiamarsi Bruno DUE giornate a Vialli, più l'ammonizione, dopo la sceneggiata di Marassi. A Mazzone squalifica sino al 3 febbraio (come dire: una giornata), più multa di un milione e mezzo. Complimenti ai due, se la sono cavata benissimo. Il giudice sportivo nella sua sentenza parla, a proposito di quel che è avvenuto fra il giocatore della Sampdoria e l'allenatore del Cagliari, di «un plateale diverbio il cui contenuto non veniva peraltro recepito dall'arbitro». E dal guardialinee, che pure era vicinissimo? E dal quarto uomo, che pure va in campo proprio per essere vicino a certi focolai, per fare almeno il testimone, se non anche il pompiere? Senza considerare, poi, che l'arbitro mica era lontano. Sennò perché cacciare Mazzone, che in quella fase non ha detto nulla? Se si considera che per Vialli già alla prima Gianluca Viall, sotto diffida, ammonizione era scattata la squalifica per una giornata, si vede che il giocatore è stato punito grosso modo come il tecnico. Ora, se il diverbio non ò stato udito, si sarebbe almeno dovuto tenere conto del fatto che era stato Vialli, e dopo una sorta di riflessione, ad andare verso Mazzone, non Mazzone verso Vialli. A sua volta, si dovrebbe parlare di supplemento d'inchiesta per Mazzone, in conseguenza delle sue dichiarazioni dopo la partita (quel lontano Lecce-Sampdoria, quel vicino accostamento fra Vialli e Maradona). Siamo perplessi, più che sbalorditi: è che allo sbalordimento il calcio italiano ci ha sbal. men allenati, e quando ci si sbalordisce continuamente, è come se si mangiasse caviale tutti i giorni, non ci si fa più caso. Invece la perplessità ancora ci fruga dentro, è più difficile abituarsi ad essa. Non riusciamo a non pensare che, se a dirigersi verso un allenatore e ad apostrofarlo con violenza (si «legge» l'insulto sulle labbra di Vialli) fosse stato qualche altro giocatore che sappiamo, la pena sarebbe stata più grande. Proviamo a immaginarci un Pasquale Bruno che va verso la panchina e dice certe cose al tecnico avversario. Il fatto che Bruno sia «o' animale» e Vialli sia l'azzurro bomber, trascinatore della Nazionale, ci pare, naturalmente, avere la sua importanza: nel senso che Vialli, uomo-bandiera, atleta-simbolo dovrebbe pagare di più. Non vorremmo apparire ne mici, persecutori di Vialli. Il suo caso ci serve soltanto per rimettere avanti la tesi dei due pesi e delle due misure, onestamente segnalando che Vialli è un nuovo arrivato nel gruppo degli atleti famosi che pagano secondo un tariffario speciale. Non c'è peggiore giustizia di quella forte con i deboli e debole con i forti: e quasi tutto il mondo del calcio sa che ci sono giocatori cocchi belli, i quali possono dire e anche fare quasi tutto ciò che vogliono, e giocatori «segnati», ai quali non si perdona niente, giocatori questi ultimi che servono come shampoo, alle coscienze, come esercitazione per sfoggiare insieme buoni sentimenti e dure sentenze. Gian Paolo Ormezzano mo Gianluca Vialli

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