Se ne va la posta aerea

Se ne va la posta aerea Da febbraio le lettere verranno spedite dallo scalo di Genova Se ne va la posta aerea Lo ha deciso la direzione romana, in cambio Caselle smisterà ipacchi Dopo la protesta di 4 senatori, si mobilitano sindacato e lavoratori Una scarna circolare giunta lunedì pomeriggio da Boma ha messo in subbuglio lavoratori e sindacati delle Poste, mentre ancora è in corso la vertenza degli «abbinamenti». In una ventina di righe la direzione centrale informa che la corrispondenza aerea da febbraio non partirà più dall'aeroporto di Caselle, bensì da quello di Genova. Unanime la protesta raccolta tra i lavoratori delle Poste: «Un altro settore qualificante e di sicuro sviluppo abbandona la città. Il nome di Torino salta fuori soltanto quando si parla di tagli, di soppressioni, di spese eccessive, mai se si deve rilanciare il servizio, migliorare le apparecchiature, adeguare il numero dei dipendenti». «Piano con i piagnistei e lo sterile campanilismo», ribattono in via Arsenale. Sostiene il direttore Sergio Scarpati: «Certo, avrei preferito tenere il servizio, ma facciamo già i salti mortali con il poco personale disponibile, non saremmo riusciti ad assorbire anche la quota di lavoro svolta a Genova». Fa eco il responsabile del movimento, Nicola Antelmo: «Per noi si tratta di un cambio vantaggioso, cediamo le lettere, ma assorbiamo i pacchi. Teniamo conto che l'Ente deve riorganizzarsi, anche su pressione dei sistemi postali stranieri, riducendo i punti di invio della corrispondenza». In realtà, sembra di capire che le Poste, nel loro progetto, abbiano dovuto tenere conto di delicati equilibri, ricorrendo alla legge del compenso per accontentare Genova senza scontentare Torino e viceversa. Ma in tal caso, è corretto parlare di riorganizzazione? «Sì, senza alcun dubbio» replica Antelmo. Prosegue: «Genova, che lavorerà su tre turni, è già strutturata per trattare lettere e cartoline allo scalo, mentre noi abbiamo spazi e macchinari per i pacchi. Il nostro personale in esubero potrebbe, per esempio, essere destinato ad occuparsi del carico dei Tir per Londra e Lione, servizio svolto con dipendenti non assegnati a quel ruolo». L'amaro boccone ha suscitato la reazione di quattro senatori di Bifondazione - Libertini, Meriggi, Crocetta, Dionisi - che hanno rivolto un'interpellanza al ministro. Nel telegramma di protesta inviato ieri da Cgil, Cisl e Uil al ministero, si biasima la decisone «unilaterale» e si ipotizza l'intervento di una «volontà politica occulta». Commenta Nicola Cristofaro, della Cisl: «Si sono calpestati accordi e relazioni sindacali, anche perché noi abbiamo sempre detto che quella lavorazione non ci avrebbe creato problemi. Vogliamo sapere esattamente come stanno le cose». La vicenda è stata discussa ieri a Milano dalla Cisl di categoria, riunita per valutare l'accordo sulla produttività del luglio scorso; se ne parla nell'assemblea odierna dei portalettere, anche se diverso è l'ordine del giorno, mentre si cerca di capire quale effetto potrebbe avere il «diktat» romano sull'organizzazione del lavoro e, soprattutto, se è irrevocabile. Cario Novara

Persone citate: Boma, Dionisi, Nicola Antelmo, Nicola Cristofaro, Sergio Scarpati

Luoghi citati: Genova, Lione, Londra, Milano, Novara, Torino