Tebaldi, settant'anni vissuti da Prima Donna di Giorgio Gualerzi

Tebaldi, settant'anni vissuti da Prima Donna La Scala festeggia sabato il soprano Tebaldi, settant'anni vissuti da Prima Donna Trionfi, amarezze, rivalità con la Callas L'ultimo concerto nel maggio 1976 MILANO. Meglio farsi rimpiangere che compiangere. Principio sicuramente eccellente, nel teatro come nello sport, ma in realtà più facile da affermare quando la gioventù lascia intravedere un futuro di successo, che da mettere in pratica quando stanno per calare le ombre del crepuscolo. Evidentemente la decisione di abbandonare le scene nel pieno del successo prevalse, per Renata Tebaldi, su tutte le paure (come già era capitato, prima, a Giulietta Simionato). Quando ancora del suo ritiro davvero non si parlava, nei tardi Anni Sessanta, l'artista dichiarava infatti: «Ho dedicato la vita al canto: sarà terribile quando dovrò abbandonare le quadola professione. La prospettiva è molto triste e mi spaventa». Triste lo sarà magari stata, al momento dell'ultimo concerto, il 23 maggio 1976 (l'opera l'aveva già abbandonata nel gennaio 1973), ma si è trattatao senz'altro di una tristezza passeggera: da quel giorno a oggi, infatti, Renata Tebaldi, storica rivale della Callas, è stata la ftitii festeggiatissima protagonista di una serie di manifestazioni varie. L'ultima in ordine di tempo è proprio quella in programma sabato 1 febbraio al Ridotto della Scala, dove in un colloquio con Rodolfo Celletti essa festeggerà i suoi settantanni, rievocando una vita fatta di molti trionfi (ma anche di qualche amarezza). E' senza dubbio una manifestazione interessante poiché è la prima volta che la Scala, grazie a un sovrintendente che ha a cuore la memoria storica del suo teatro, festeggia pubblicamente il compleanno di una grande cantante vivente. In fondo è anche il modo migliore per esorcizzare definitivamente un fantasma, anzi magari più d'uno, che è alle origini del brusco distacco della Tebaldi dalla Scala e dall'Italia musicale, nei cui confronti non c'è dubbio che la grande cantante pesarese-parmigiana vanti un credito che una manifestazione come questa forse serve a saldare definitivamente. Ma al di là del tormentato rapporto con la Scala, che cosa dunque si lascia alle spalle la Tebaldi? Mille recite e duecento concerti irregolarmente distribuiti in 32 anni esatti di carriera (il suo esordio risale infatti al «Mefistofele» del 23 maggio 1944 al Sociale di Rovi l Sociale di Rovigo) che l'hanno vista grande e acclamata interprete di 33 opere eseguite in teatro: dispensatrice di una voce assolutamente rara nella sua omogenea straordinaria bellezza di timbro e pienezza di colore, oso dire della «voce italiana» per antonomasia, di quella che, come ebbe a dire Ric- cardo Zandonai, direttore del Conservatorio l diitt di Pesaro dove la diciottenne Renata studiava canto, «si trova ogni cinquanta o settantanni». E' esattamente ciò che si era detto a proposito di Gigli, la cui voce, al pari di quella tebaldiana, sembrava fatta apposta per soddisfare l'orecchio, ma anche il cuore, di migliaia di uomini e donne sparsi per il mondo, i quali le hanno amate entrambe, e tuttora le amano, profondamente, e proprio per questo non le dimenticheranno. Giorgio Gualerzi Renata Tebaldi

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