Tyson s'aggrappa all'effetto-Kennedy

Tyson s'aggrappa all'effetto-Kennedy Indianapolis invasa da tv e giornalisti, ma il mito della boxe forse potrà rimanere in una stanza segreta Tyson s'aggrappa all'effetto-Kennedy Ma va subito al tappeto, pochi neri in giuria WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sara strano il più importante «match» della vita di Mike Tyson, che è iniziato ieri in un'aula di tribunale di Indianapolis. In un angolo ci sarà Mike «Iron» Tyson, detto anche «Dynamite Kid», 108 chili, 25 anni, detronizzato campione del mondo dei pesi massimi dopo esserlo diventato a 20, il più giovane nella storia della categoria. Nell'altro angolo ci sarà, 25 anni e 108 chili, Michael Gerald Tyson, detto anche «bomba a orologeria» e «serial buttocks fondler», multipalpeggiatore di sederi. I due si fanno del male a vicenda da molto tempo, ma questa volta il primo Tyson dovrà difendersi dal secondo una volta per tutte. La borsa del «match» è alta: se Mike perderà da Michael, non solo la sua carriera di pugile sarà finita per sempre, ma ne comincerà un'altra più penosa, quella di recluso in galera per un numero di anni che potrebbe arrivare fino a 63. L'accusa è violenza carnale nei confronti di una diciottenne partecipante al concorso di «Miss America Nera», Desiree Washington e, oltre allo stupro, ci sono altri carichi minori. Sono arrivati oltre 120 giornalisti a Indianapolis. Troppi per le 25 sedie della tribunetta-stampa. Così la signora Patricia Giffbrd, severa repubblicana di 53 anni e giudice del processo, ha dovuto acconsentire all'allestimento di una sala aggiuntiva, dove il dibattimento apparirà su teleschermi, grazie a una trasmissione a circuito interno. La legge dello Stato dell'Indiana vieta la trasmissione dei processi per televisione. Tyson, triste e taciturno, è a Indianapolis da venerdì scorso. Non ha reagito ai saluti di qualche tifoso. Ha tenuto gli occhi bassi, trascinando il suo corpaccione come una belva ferita. Ha preso alloggio in una casa privata, affittata per l'occasione. Potrà essere meglio protetto, dicono i suoi avvocati. Ma, forse, dopo quella notte del 19 luglio di un anno fa al Canterbury Hotel, gli alberghi di Indianapolis gli ricordano cose che preferisce dimenticare. Il giudice Gifford gli ha poi fatto trovare una saletta in tribunale, dove Tyson si potrà ritirare nelle pause del processo, che potrebbe durare, si dice, una ventina di giorni. A differenza del processo a William Kennedy Smith, che aveva molti punti in comune con questo, non si sa praticamente niente delle prove che presenterà l'accusa. L'agricola Indiana non è la vacanziera Florida: forse è per questo. Si sa qualcosa di quelli che saranno gli altri protagonisti del «match» a parte Tyson, anche se negli Usa è ancora una sconosciuta quella che ne diventerà la protagonista più famosa dopo l'accusato, la presunta vittima. Nera anche lei, è una ragazza di 55 chili, un peso piuma rispetto al «ragazzo dinamite». Viene da un tranquillo Stato del Nord-Est, il Rhode Island, e si è iscritta a un'università cattolica. Suo padre si considera in parte colpevole di quanto le è successo: «Le parlavo sempre di Tyson, era il mio idolo, forse è per quello che lei ha accettato quell'appuntamento nella sua stanza». Ci andò spontaneamente alle 2 di notte. Ecco la principale somiglianza con il processo di Palm Beach. Dopo denunciò di essere stata violentata. Lui parlò di «sesso consensuale». E c'è un'altra somiglianza: anche lei denunciò il fatto con un certo ritardo, oltre 24 ore. Erano quasi le tre della notte successiva, quando si presentò alla polizia. Molti esperti assicurano che l'incertezza dopo la violenza subita è caratteristica. Ma, in questo caso, c'è un elemento che, sostengono i difensori di Tyson, potrebbe fare la differenza. Di quella deposizione esiste un nastro registrato e sembra che, quando verrà proiettato in tribunale, rivelerà un'accusatrice particolarmente riluttante a formalizzare le accuse. A difendere Tyson c'è un peso massimo delle aule giudiziarie, il sessantenne Vincent Fuller, del celebrato studio «Williams & Connally». Difese l'attentatore di Ronald Reagan, John Hinkley, ottenendo per lui un verdetto di infermità mentale. Difese poi, ma con meno successo, il re dei titoli-spazzatura Michael Milken. E' un duro e vuole rifarsi. Avrà contro un pubblico ministero più giovane di lui, ma altrettanto duro, Gregory Garrison, 44 anni e capelli rossi. Non si conosce la parcella di Fuller, ma è certamente molto superiore a quella di Garrison, 70 dollari all'ora. Fuller ha già perso un certo numero di schermaglie procedurali. Ha ricusato i sei giurati, sostenendo che la proporzione dei neri era troppo bassa: i neri sono in genere più favorevoli all'uomo. Non è neppure riuscito a far mettere agli atti come prova la lettera di un testimone, che descrive «le straordinarie dimensioni dei genitali dell'accusato». Di qui si può dedurre quale sia stato il principale danno fisico denunciato dalla vittima. Tyson quasi certamente non andrà alla sbarra. Ma, in ogni caso, in aula ci sarà, pronto, un traduttore. Tyson, allevato nei bassifondi, dice volgarità incomprensibili. La cosa più articolata che finora è riuscito a dire è stata: «Io non so, tutte le volte che mi metto con una tipa, in un certo modo, voglio dire, mi succedono sempre delle cose. Mi sento confuso». Robin Williams, sua moglie per un anno, diceva che lui la picchiava. Poi ci sono quattro ragazze che gli hanno fatto causa perché lui palpò a tradimento i loro sederi, arrivando da dietro. Una, Artavia Edwards, ha raccontato: «Mi fa: "Ma cos'è tutta quella roba che hai addosso? non riesco a vedere come sei fatta". Mi volto e mi sento strizzare le chiappe come due pompelmi». Paolo Passarmi Il campione parla soltanto con uno slang da bassifondi per questo il tribunale ha assunto un traduttore Una ragazza lo sfida «Sono stata violentata» E il pugile si affida alla fragilità delle prove Desiree Washington, la diciottenne che accusa l'ex campione dei pesi massimi Mike Tyson (nelle foto a sinistra e in basso)

Luoghi citati: Indiana, Indianapolis, Rhode Island, Usa, Washington