Un fantasma a Mosca, la delegazione Olp

Un fantasma a Mosca, la delegazione Olp Assenti Siria e Libano, da oggi si dovrebbe discutere di disarmo, cooperazione, profughi Un fantasma a Mosca, la delegazione Olp Arafat manda due dei suoi alla Conferenza, la Russia dice no TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Il mondo arabo giunge oggi profondamente diviso all'apertura a Mosca della conferenza multilaterale per il Medio Oriente, la terza tappa del progetto americano per un «nuovo ordine» regionale dopo la conferenza di pace di Madrid e dopo due tornate di colloqui bilaterali israelo-arabi a Washington. Alla partenza dei colloqui, Israele si è visto rassicurato dall'atteggiamento benevolo assunto nei suoi confronti dai due patrocinatori, Usa e Russia. In casa, infine, il primo ministro Yitzhak Shamir - che guida un governo di minoranza - ha conseguito una notevole vittoria respingendo alla Knesset cinque mozioni di sfiducia avanzate da altrettanti partiti dell'opposizione di sinistra: pur condividendo con i rivali laboristi la necessità di anticipare le elezioni, il premier ha dimostrato ancora una volta che non esiste ancora in Israele un'alternativa reale al Likud. Dopo l'assenza di Siria e Libano (oltre a quella ampiamente scontata di Paesi più radicali come Iraq, Libia e Algeria), la partecipazione dei palestinesi - che era stata a lungo in forse - è stata autorizzata ieri in extremis dai vertici dell'Olp a Tunisi, ma a condizione che essa includa anche esponenti della diaspora palestinese e di Gerusalemme Est. Entrambe le richieste, che sono inaccettabili per Israele, sono state finora respinte anche dagli organizzatori russi. Vladimir Petrosky, un membro della delegazione russa, ha sostenuto infatti che anche a Mosca dovranno essere rispettati gli stessi criteri adottati alla vigilia della conferenza di Madrid. Per evitare incidenti diplomatici con la delegazione israeliana, non potranno dunque sedersi al tavolo delle trattative né i palestinesi di Gerusalemme Est Faisal Husseini, Ilunari Ashrawi e Seri Nusseibeh né i membri del comitato esecutivo dell'Olp Yasser Abed Rabbo e Suleiman Najab. Dopo una prima giornata di discorsi di alcuni dei ministri degli Esteri dei 26 Paesi, mediorientali e non, invitati alla conferènza, i lavori proseguiranno in quattro commissioni separate dedicate all'esame della sicurezza regionale e del disarmo, della penuria dell'acqua, della protezione dell'ambiente e dello sviluppo economico. La questione dei profughi palestinesi (il cui numero sarebbe compreso tra 2,5 e 4 milioni di persone, in vari Paesi del Medio Oriente) è sull'agenda, ma non sarà affrontata in questa fase perché Israele chiede che sia collegata alle richieste di risarcimento di centinaia di migliaia di ebrei costretti a lasciare negli Anni Cinquanta tutte le proprietà nei Paesi arabi. Gli organizzatori americani vorrebbero proseguire a marzo i lavori di ciascuna commissione in una capitale ritenuta particolarmente adatta: lo sviluppo economico mediorientale verrebbe dunque discusso a Bruxelles, la difesa dell'ambiente al Cairo, il controllo delle armi a Washington e l'ambizioso progetto di un «acquedotto della pa¬ ce» in Turchia. Per Israele, i negoziati multilaterali costituiscono un'occasione quasi rivoluzionaria per rompere il ghiaccio con i Paesi della regione (saranno a Mosca, oltre a Giordania ed Egitto, i sei rappresentanti del Consiglio di Cooperazione del Golfo e quattro membri dell'Unione del Maghreb): in cambio di un riconoscimento di fatto della sua esistenza, lo Stato ebraico proporrà subito una vasta gamma di progetti di cooperazione che spaziano dalla desalinizzazione alla pioggia artificiale, dall'agricoltura in zone aride alla preservazione dell'ambiente, dall'allevamento di razze pregiate di cammelli agli scavi archeologici. In particolare, Israele vorrebbe impostare subito progetti relativi al golfo di Aqaba. Per quanto riguarda il disarmo, le aspettative degli esperti sono per ora modeste. Si dà infatti per scontato che Israele respingerà le richieste dei Paesi arabi affinché aderisca al trattato di non proliferazione atomica e apra ad ispezioni internazio¬ nali la sua centrale di Dimona. In una recente missione a Washington, il direttore generale del ministero della Difesa David Ivri (che è uno dei delegati israeliani a Mosca) ha già cercato la comprensione degli Stati Uniti. Pur non avendo mai confermato il suo reale potenziale nucleare, Israele ritiene che la sua importanza sarebbe ancora maggiore se in futuro dovesse rinunciare al controllo militare su Cisgiordania e Gaza. Israeliani e arabi parleranno probabilmente della corsa agli armamenti (particolarmente significativa è la presenza della Cina, che di recente ha avviato un'aggressiva politica di vendite militari in Medio Oriente) e della possibilità di istituire stazioni regionali di monitoraggio per evitare a tutti il rischio di attacchi a sorpresa. Un'altra idea, mutuata dal famoso «disgelo» tra Usa e Urss, sarebbe la dotazione ai leaders della regione di «telefoni rossi» da usarsi in caso di emergenza. Filippo Donati

Persone citate: David Ivri, Filippo Donati, Husseini, Ilunari Ashrawi, Nusseibeh, Suleiman Najab, Vladimir Petrosky, Yasser Abed Rabbo, Yitzhak Shamir