Una luce firmata Matisse

Una luce firmata Matisse Milano: raffinata rassegna di opere dal museo di Nizza Una luce firmata Matisse Nell'atelier tra i segreti del maestro DMILANO ALLA romana Villa Medici dell'Accademia di Francia è approdata in Palazzo Reale (fino al 29 marzo; catalogo Mazzotta a cura di Xavier Girard, direttore del Museo Matisse di Nizza) una mostra molto raffinata di opere di Matisse di quel museo, a parte la prima e ultima versione del bronzo Dorso, di collezione privata - non catalogate - e lo stupendo arazzo del 1946 Polinesia il cielo - Polinesia il mare del Mobilier National di Parigi. Devo confessare un certo imbarazzo, avendo già recensito nel 1987 la più grande mostra Matisse et l'Italie all'Ala Napoleonica di Venezia, curata da Pierre Schneider, che comprendeva moltissime opere qui presenti, in un momento in cui il museo nizzardo era chiuso per riordino. Non a caso, il saggio in catalogo sul museo è una riduzione di quello già pubblicato nel catalogo Mondadori di Venezia. D'altra parte, sono proprio congiuntamente questo saggio e quello introduttivo del curatore, su un fondamento ciclicomusicale di «Tema con variazioni» dell'opera di Matisse, a offrire la miglior chiave di comprensione di questa rassegna, ivi compreso il suo ordinamento. Questo è equilibrato fra confronti tematici, tappe cronologiche, incroci nell'ambito dell'aurea disponibilità del demiurgico maestro a insufflare il suo senso della vita dell'arte e delle sue forme nelle più svariate tecniche e materie, pittura e grafica, bronzo e carte colorate. Il saggio sul museo, costituitosi per successive donazioni della famiglia del pittore e inaugurato nel 1963, sottolinea infatti che «più che un museo atto a raccogliere solo capolavori... è rappresentazione dell'attività instancabile... non si tratta dunque unicamente di un museo di opere, bensì di un museo dell'opera di Matisse, di un Museo del pittore all'opera». Ed ecco allora che le tappe, pur rarefatte specialmente per quanto riguarda i primi quattro decenni del secolo, ci offrono però un sottile quadro «interno», ci introducono nei segreti di quegli atelier nizzardi che accolsero gran parte della «joie de vivre» di questo pilastro del tempio dell'arte della prima metà del secolo, essendo, l'altro, Picasso. In mostra, nella prima sala sugli esordii e su temi d'ambiente e di natura estesi fino alla fluida, luminosa pittura di tocco di Tempesta a Nizza del 1919-20, perfetto modello per i Sei di Torino, il primo incontro con la natura è ancora nordico secondo la tradizione impressionista, Villaggio bretone del 1896, ma la ricerca tutt'altro che impressionista di forme sintetiche - alla Seurat - e addirittura dei classici «valori» di Corot la dice lunga sul futuro: un breve giro d'anni conduce alle violente campiture irrealistiche, «fauves», verde smeraldo e arancione, della Testa di Madame Matisse, e alla fantasia di grandi «taches» divisioniste alla Signac del sintetico profilo di Giovane col parasole; l'una e l'altra tela, già abbagliate nel 1905 dal gran sole mediterraneo di Collioure, da allora linfa vitale per il maestro. In mezzo a queste tappe di viaggio dal Nord al Sud, emerge dall'atelier parigino intorno al 1900 un quadro - già visto a Venezia - letteralmente incredibile, sovversivo anche rispetto al¬ le nostre convenzioni sulle avanguardie rivoluzionarie allo sboccio del secolo: ì'Intérieur à lluirmonium (orrendamente tradotto Interno con Armonio), con la cupa violenza dei suoi colori che scandiscono, ma nello stesso tempo scardinano e ricompongono, con nuovi ritmi soggettivi, le forme primarie degli oggetti, con il ribaltamento di angoli visuali mai visti né in aite né nella convenzione ottica, preannuncia l'espressionismo cromatico «fauve» altrettanto quanto la rottura cubista dell'organizzazione spaziale. E' attraverso queste violenze - ma con un piglio olimpico, apollineo - che Matisse perviene rapidamente alla dionisiaca libera fluenza di forme e colori, alla fantasia sontuosa che traspone il Marocco negli interni nizzardi, documentata lungo trent'anni dalle figure della seconda sala: dalla densità a tre colori essenziali della corvina Lauretta, sfondo verde del 1916 al segno minimale e ai colori evanescenti, giallo spento, grigioviola, delle figure in interno degli Anni 40, che comprovano quanto a fondo sia stata compresa questa fase del pittore dal nostro Menzio. Nel gioco delle tecniche e delle forme, l'eco e il contrappunto di questa sala è offerto dalle due dedicate ai disegni di figu¬ ra, a partire dall'Autoritratto pensoso ed ironico intorno al 1900, in cui la china vibra di luci divise, e dal Paesaggio di Saint-Tropez del 1904 in cui è ancora evidente la meditazione su Van Gogh, e ai disegni di testa, fra cui emergono, nel rifugio nizzardo durante la guerra nel 1942, i «Temi con variazioni» che inaugurano un grande scambio con analoghe pratiche picassiane. L'intrinseca peculiarità di questa «musicale» concezione di Matisse è però di ben più antica data ed emerge primariamente dall'altro suo versante rivoluzionario, quello dello scultore. Di sala in sala, è un secondo filo conduttore della mostra, dall'inizio, con il rodiniano Schiavo inizio secolo, alla fine, con un altro precoce scatto eversivo che anticipa ancora una volta le dissociazioni cubiste, La Serpentine del 1909. Di mezzo, le straordinarie «serie» tematiche che progressivamente passano dalla deformazione espressionistica alla scomposizione e ricomposizione paracubista: le 5 varianti di Jeannette del 1910-13; i quattro Dorsi dal 1909 al 1931; e, per la prima volta fuori dal museo, le tre Henriette {Grande testa) del 1925-29. Accanto alle sculture, l'orgoglio del museo è certamente costituito dalla serie di documenti di quelle forme del maturo e tardo Matisse che è estremamente limitativo definire «grande decoratore», se non forse paragonando l'influsso dei cantieri di Raffaello e di Perin del Vaga sull'arte del '500 all'onda lunga di queste forme matissiane proiettata sulla grande astrazione cromatica della seconda metà del secolo, quale è quella che campeggia sui muri del Lingotto. E' un altro gioioso cammino lungo vent'anni, dai grandi pannelli di Finestra a Tahiti e Ninfa del bosco degli Anni 30 alle «gouaches découpées» del dopoguerra, qui culminanti nella Ballerina creola e nel Nudo blu TV, estrema variazione sul tema. Marco Rosei A Palazzo Reale attraverso dipinti disegni, sculture e carte colorate le tappe della lunga ricerca. Un fiume dionisiaco di forme e l'espressione della «joie de vivre» Tra i quadri di Matisse provenienti dal museo di Nizza ed esposti a Milano: «Tempète àNice» (1919) e «Pottrait de Madame Matisse» (1905)