Prospettiva difficile
Prospettiva difficile PICCOLINDUSTRIA Prospettiva difficile Le concomitanze di calendario tra la fine del '91 e l'inizio del nuovo anno, insieme alla diffusa situazione di crisi, hanno orientato molte aziende, nel tentativo di salvare i conti, ad un lungo periodo di chiusura, come non accadeva da tempo. L'anno passato ha tuttavia lasciato un'eredità pesante: mercati depressi, costi di produzione in aumento, una concorrenza sempre più agguerrita. Le conferme di questa situazione, che rischia di divenire la più profonda crisi strutturale che la nostra economia abbia mai vissuto dal dopoguerra ad oggi, purtroppo a Torino non mancano: da un lato l'occupazione industriale è in calo e i ricorsi alla C.I.G. in aumento, ma soprattutto scarseggiano iniziative industriali nuove e di rilievo. C'è forse anzi da osservare un problematico sovrapporsi di aspetti congiunturali e non; per i primi, pure critici, è comunque ipotizzabile una soluzione, forse già nell'arco dei prossimi mesi. I secondi mostrano invece abbastanza inequivocabilmente che il nostro modello di produzione della ricchezza è datato. La prevalenza manifatturiera, in Paesi ricchi quale è il nostro, oggi non sembra più in grado di reggere la sfida degli emergenti, perlomeno non in quei settori ove minori sono le barriere d'ingresso, tecnologiche e di capitali. La storia si npete: la ricostruzione, il miracolo economico — capitoli epici della nostra crescita economica e sociale — certamente avvennero a discapito di qualcuno: per esempio di quei Paesi di consolidate tradizioni industriali di cui oggi, malgrado tutto, facciamo parte. Né c'è viceversa da credere che questo problema, della esasperata concorrenza dall'Est, riguardi noi soltanto: riguarda per esempio l'economia americana della quale i pezzi migliori stanno passando di mano, così come quella europea ove, non casualmente, nel '91, per la prima volta dopo molti anni, le importazioni sono state superiori all'export. Di fronte a questa straordinaria avanzata dell'industria del FarEast è necessario che l'Europa serri le fila e ragioni, se non in termini propriamente politici, almeno in materia commerciale e monetaria, in termini di Comunità economica. Cario Bava Presidente Piccolindustrìa
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