I saldi di Andreotti, poltrone in Consob, seggiole in banca

I saldi di Andreotti, poltrone in Consob, seggiole in banca I NOMI E I saldi di Andreotti, poltrone in Consob, seggiole in banca Nel quadrilatero del centro di Milano dove hanno sede le grandi banche, si sussurra di una guerra sotterranea che Angelo Caloia, de, starebbe conducendo contro il compagno di partito Roberto Mazzotta. Punto d'arrivo finale: scalzare Mazzotta dalla presidenza della Cariplo e prenderne il posto. Il fatto è singolare, anche perché Caloia è presidente del Mediocredito Regionale Lombardo, istituto di cui Cariplo ha la maggioranza, e siede nella Commisione centrale di beneficienza di Cariplo. Fin qui, pazienza. Ma Caloia è pure presidente dello Ior, la banca vaticana. Curiosamente, proprio nel momento in cui il cattolico e democristiano Mazzotta scegUe Roberto come vicepre- Mazzotta sidente della Ca'de Sass il laico Ottorino Beitrami, ecco Caloia, uomo di fiducia di Papa Wojtyla, tentare di succedere a Mazzotta, il cui mandato scade a Ottorino Beitrami marzo. Semplice guerra tra ambizioni singole, o lotta all'interno delle nulle anime cattoliche? L'episodio rientra del resto perfettamente nel quadro di questa fine legislatura che sembra affetta da un'acuta forma di ipercinesi, da sfide all'ultimo sangue per la conquista dell'ultima poltrona. Una sorta di vigilia di «Day after». Leggi dormienti da secoli vengono riproposte con affanno, mentre i saldi di gennaio colpiscono partiti e correnti, all'insegna del: meglio uno sconto subito, che trovarsi senza nulla. In realtà, se si va poi a ben vedere, si nota che l'unica mano forte la gioca Giulio Andreotti, Fatta eccezione per Gianni Zandano riconfermato al San Paolo di Torino, il recente blitz di Guido Carli sulle Casse vede in prima fila uomini vicini all andreottiano Nino Cristofori o comunque di area. A facilitare il presidente del consiglio in questa pesca miracolosa, sono le risse in casa De. Cosicché, poche probabilità ci sono che il forlaniano Alberto Brandani riesca ad ottenere il Montepaschi. Forse potrebbe farcela il socialista Giuseppe Bava alla Cassa di Risparmio di Torino, se si accontenta di guidare la Fondazione, lasciando la Spa a Enrico Filippi. Gianni Dove, vice- Zandano Enrico Filippi Banca Crt versa, Giulio Andreotti sembra avere le mani legate, è nella messa a punto della nuova Consob. Ha dovuto rimangiarsi la scelta di Antonio Maccanico per opposizione dei suoi e dei socialisti, costringendo il riluttante Enzo Borlanda a dire di sì. A sua volta ha detto di sì a Filippo Cavazzuti, membro del governo ombra del Pds e dal Pds indicato. Ma è saltato su Renato Altissimo, non senza ragione, chiedendo come mai nessun parere fosse stato chiesto a un partito di Governo, il pli, e si fosse invece tenuto conto del suggerimento di Achille Occhetto. A questo punto, la candidatura Cavazzuti è entrata nel cono d'ombra. Al suo posto, si è pensato ad un pidiessino meno ufficiale e meno noto: Roberto Ar- toni, docente di Scienza delle Finanze alla Bocconi, già in corsa alla Camera per il Pds alle ultime elezioni, senza successo. E, tra l'altro, marito di Gabriella Manfrin, giudice del Tribunale di Milano divenuta celebre ai tempi della guerra di Segrete. Ma rinuncerà Occhetto a fare vedere che conta ancora qualcosa? La storia si è talmente trascinata, che ormai anche le designazioni «tecniche» appaiono ((politiche» o, per dirla con le parole di Guido Rossi: «lottizzate». Tutti questi mutamenti indicano che, sul terreno Consob, il presidente Andreotti non marcia con piede sicuro. Cosicché non si possono escludere colpi di scena. E poiché oggi è l'ultimo giorno Cristofori il luogotenente utile per la designazione, c'è chi teme che un qualche sassolino possa mandare tutto all'aria. Dovrà portar pazienza in questo caso Bruno Pazzi, e disfare le valigie già pronte. Forse colpiti da queste incomprensibili bagarre, i sommi capi della Abb, il gruppo svizzerosvedese che fa capo a Peter Wallenberg, hanno deciso di togliere il titolo Tecnomasio dal listino di piazza Affari, imitando quello che altri stranieri hanno fatto dopo aver acquistato il controllo di aziende italiane. Basti pensare a casi come Manetti Antonio Maccanico Guido Rossi ex presidente & Roberts, Zambeletti e Lepetit. Evidentemente, non giudicano il mercato italiano abbastanza interessante come fonte di sostegno. Né abbastanza affidabile sotto il profilo del diritto. Vedasi la norma retroattiva introdotta nella legge sull'Opa, a scopo specifico di «punire» Enrico Cuccia, togliendogli i voti sui «warrants» Generali. Mentre i politici patteggiano su poltrone presenti e future, anche in Confindustria si accende un dibattito: chiamare alla guida un «giovane» o continuare la tradizione con un imprenditore «consolidato»? I giovani, guidati da Aldo Fumagalli, premono. Ma non saranno poi troppo intransigenti? In attesa di sciogliere il dilemma, il presidente Sergio Pininfarina ha trovato un punto di incontro: il «manifesto» economico di Confindustria, bussola per il voto di aprile. Valerla Sergio Sacchi Pininfarina

Luoghi citati: Milano, San Paolo, Torino