MUSEO ITALIA

MUSEO ITALIA Prestare all'estero i nostri tesori seppelliti nei magazzini? Zeri contrario alla proposta Covatta MUSEO ITALIA scandalo in cantina DI I quando in quando torna alla ribalta in Italia la questione dei depositi dei nostri musei e gallerie (o —J magazzini o anche scantinati) cioè il problema dei locali dove sono custoditi quadri, sculture e oggetti vari non esposti nelle sale aperte al pubblico. In questi ultimi tempi la questione è tornata alla ribalta grazie alla legge, proposta dal senatore Luigi Covatta, di concedere in prestito, per lunghe durate, sino a 10 .anni, tali oggetti (in cambio di restauro, studio e chissà cos'altro) a istituzioni straniere. Prima di discutere tale proposta, è bene chiedersi in cosa consistano tali magazzini, e come si sono formati: la loro origine è varia c dipende da diversi fattori. Nel caso delle gallerie di dipinti (che, salvo la Nazionale di Roma, quella di Palermo e poche altre, nascono dalle collezioni di corte dei piccoli Stati pre-unitari o da raccolte comunali poi indemaniate, come a Siena e a Perugia) l'accumulo di quadri non esposti si è formato in seguito alle soppressioni di chiese e conventi, allo smantellamento di palazzi e di ville, a lasciti cospicui ma di importanza, nel complesso, piuttosto scarsa, e sui quali venne eseguita una selezione. E' il caso degli enormi magazzini delle gallerie di Firenze, di Napoli, di Parma e di Roma, mentre a Milano, cioè nella Pinacoteca di Brera, la questione è legata alla nascita stessa delle raccolte. Infatti, quando il governo vicereale di Eugenio Beauharnais fondò la pinacoteca, da tutto il territorio del Regno d'Italia (intendo quello napoleonico) vennero rastrellati dipinti di chiese e di istituti religiosi, privilegiando quelli celebri o in condizioni di rischio. Giunte a Milano, tavole e tele furono sottoposte ad una scelta e divise in tre categorie. La categoria prima costituisce il nucleo dell'attuale Brera (poi accresciuta con acquisti e lasciti), la categoria seconda fu chiusa in depositi o concessa in prestito a parrocchie e istituti della provincia lombarda, la categoria terza fu alienata (sparirono in tale circostanza dall'Italia capolavori insigni, anche di sommi artisti, non giudicati tali dai criteri storici ed estetici dell'epoca neoclassica). Anche alcuni musei comunali (a Milano e a Roma) posseggono dipinti non esposti in quantità talvolta rilevante. Quanto ai musei archeologici, il loro continuo accrescersi è dovuto ai continui rinvenimenti nel territorio, e agli scavi; e spesso la quantità di frammenti e oggetti accumulatisi da un secolo a questa parte è impressionante. Nel Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma si parla di centinaia e centinaia di corredi funerari che giacciono nei magazzini; sempre a Roma il Comune possiede cataste di frammenti marmorei, tro¬ vati fortuitamente, oppure durante i lavori, agli inizi degli Anni 30, per la via dei Fori Imperiali, o lungo le vie consolari, mentre altre grandi quantità di pezzi appartiene al Museo Nazionale. Questo elenco è soltanto una scrematura della consistenza dei nostri depositi o magazzini; la questione è nei modi con cui è stato sinora affrontato il problema, anche a confronto di altri Paesi. Infatti, quantità di cose non esposte nei locali aperti al pubblico esistono in tutti i grandi musei di Europa e di America; ma là dove il museo non è una camera mortuaria (come spesso da noi) o un ricettacolo di un patrimonio che interessa soltanto pochi addetti ai lavori, i depositi sono esposti a tutti, o a richiesta; valga l'esempio della Galleria Nazionale di Londra, con i suoi locali destinati all'uopo. Altrove sono stati costituiti musei e gallerie succursali: è il caso delle ricchissime raccolte di quadri della Baviera, con le succursali a Schleissheim e in altre località minori, o in Francia, dove qualche anno fa i quadri italiani della Collezione Campana (già dispersi in varie sedi o occultati) sono stati riuniti formando uno spettacoloso Museo dei nostri Primitivi nel Petit Palais di Avignone. In Italia, alla sistemazione razionale di ciò che non viene esposto si preferisce la dispersione a volte davvero folle. Uno dei crimini più gravi contro il nostro patrimonio venne conimesso negli Anni 10 del nostro secolo, con la dispersione del Museo degli Arazzi di Firenze. Era la più grande raccolta di arazzi del mondo, pezzi quasi sempre unici, tessuti per i Medici nella loro Manifattura. La rac- colta venne dispersa per arredare ambasciate, uffici, la Camera dei deputati; altri arazzi spediti qua e là, senza preoccuparsi che nella nuova sede venissero colpiti dai raggi del terribile sole italiano (come è accaduto a Pisa, dove un paio di esemplari sono ridotti a stracci monocromi) e non furono risparmiati neppure gli inestimabili arazzi del Bacchiacca esposti agli Uffizi, di cui uno o due pezzi ornano la sala da pranzo dell'ambasciata italiana di Londra. I quadri della Pinacoteca di Brera (a parte quelli spediti a Montecitorio e altrove) si trovano ancora nelle parrocchie e negli istituti di provincia dove li spedì (tra il 1810 e il 1815) il govèrno vicereale francese; e tra essi si trovano pezzi un tempo assai famosi, come la grande tavola oggi a Calcinate presso Bergamo, che sino al 1800 era considerata tra le pitture più insigni di Ancona, accanto alla Crocefissione di Tiziano che, per buona sorte, è ancora nella città marchigiana. Sulla dispersione delle raccolte italiane si potrebbe scrivere un massiccio volume. Un altro tomo andrebbe dedicato ai reperti archeologici, che spesso giacciono accatastati senza che nessuno abbia mai tentato di ricomporli, o studiarli, o inserirli nel contesto cui in origine appartenevano. Non è cosa sorprendente, se si pensa che nel Foro Romano alcuni monumenti, scoperti da più di un secolo, giacciono al suolo in frammenti, anche se potrebbero facilmente venir rialzati quasi al completo (come le Colonne dei Tatrarchi lungo la Via Sacra). Anche la concezione nostrana del museo è responsabile di questo stato di cose. Dove il museo è un organismo vivo, curato da studiosi che amano gli oggetti a loro affidati, e dove esiste un pubblico attento, un rapporto effettivo tra museo e società, l'ordinamento delle sale aperte al pubblico è rotatorio: i reperti esposti vengono cambiati a turno, si organizzano conferenze, i docenti universitari conducono sul luogo i loro allievi. Qui da noi, una volta che il museo è stato ordinato, tutto resta eguale per decenni, sino a che il nuovo soprintendente o direttore decide di cambiar tutto: e, dopo il rito dell'inaugurazione (autorità, articoli sui giornali, ecc.) tutto resta come prima, tutto ricade nel solito, deprimente spettacolo di pochi visitatori, e di custodi che si riuniscono per commentare qualche problema sindacale o le notizie della Gazzetta delio Sport. Le centinaia di corredi funerari etruschi che dormono nei depositi di Villa Giulia potrebbero costituire una serie di piccoli musei, sparsi su tutto il territorio della Tuscia, con i reperti distribuiti nelle località dove furono scoperti. Con quel che giace nei grandi magazzini delle gallerie fiorentine potrebbero venir formati piccoli musei tematici, da sistemare nelle Ville Medicee, a cominciare da quello degli affreschi staccati o da quello delle Nature morte, di cui Firenze possiede una collezione molto importante. Con i dipinti, spesso capitali, di Brera, potrebbe nascere una Brera-bis, nei locali della Villa Reale di Monza o in quelli del Castello di Vigevano: e sarebbe una raccolta sotto certi aspetti complementare di Brera se non, in certe aree, persino più importante. Ma tutti questi sono sogni utopistici, e lo saranno sino a che continuerà l'attuale baraonda sindacale dei custodi, l'attuale misero stipendio dei funzionari, l'attuale disinteresse dei docenti universitari, che preferiscono la diapositiva all'originale, il discorso astratto e cattedratico anziché lo studio diretto, l'insegnamento sui libri e non sulle opere. In una situazione così disordinata e confusa viene ora a proporsi la legge presentata dal senatore Luigi Covatta. Essa, dai suoi sostenitori, è esaltata, come fautrice di grandi risultati, nell; catalogazione, nel restauro dei pezzi, nella possibilità di ottenere vantaggi a nostro favore e, infine, si sostiene che essa scoraggerebbe il mercato clandestino. 1 Gli storici dell'arte medievale é moderna si sono opposti quasi al completo alla proposta di legge; che invece trova favorevoli alcui ni archeologi, specie quelli di ispirazione ideologica di sinistra (non per niente la legge è stata suggerita dal soprintendente alle Antichità di Roma, prof. Adriano La Regina, lo stesso, per intenderci, che anni fa fece graziosa dono della cosiddetta Dea di Butrinto a quel pugno di orridi assassini dal cui malgoverno l'Ai bania è stata ridotta nelle tragiche condizioni che conosciamo). C'è da notare che l'idea di spe dire all'estero pezzi dei muse) nostrani allo scopo di studio suoi na alquanto balzana: chi suola studiare oggetti che si trovano in musei alieni lo fa recandosi sul luogo, non certo chiedendo quegli oggetti sì da averli in casa, Una prassi del genere è inaudita, e, nella confusione che regna nelle nostre raccolte statali, è preve-dibile che essa comporterebbe rischi assai gravi di perdite; mancati controlli, sostituzioni. ; Quanto ai restauri, è singolare che essi debbano venir effettuati chissà dove, quando' l'Italia ha, per comune riconoscimento, uri primato in questo campo. Incredibile è poi l'affermazione che i prestiti a lunga scadenza scoraggerebbero il mercato clandestino. Chiunque abbia una sia pur minima conoscenza dei muse] statunitensi (che sono gli unici, in pratica, ad acquistare su larga scala oggetti archeologici) sa bene che ciò che conta nella scelta degli acquisti è la rarità e l'eccezionale importanza. Che un siffatto criterio conduca poi ad errori, anche macro-I scopici come il caso del Kouroi del Museo Getty, ciò non toghe che vengano effettuati acquisti di opere eccezionali, come, per tornare al Getty, la serie di sculture attiche del V secolo avanti Cristo. E', in altre parole, il criterio che seguono tutti i musei del mondo, ai quali possedere ogget-i ti minori non interessa affatto; anzi, spesso se ne disfano. Cosa vogliamo inviare in deposito in America per scoraggiare il mercato clandestino? 1 Sronzi di Riace? liEfebo di Subiaco? La Fanciulla di Anzio? Forse neppure prestiti a lunga scadenza di pezzi come questi riuscirebbero a fermare il mercato clandestino, la cui origine è" nella scarsa tutela delle zone archeologiche, nell'indifferenze con cui si consente che noti trafficanti e trafugatori circolino in Italia, nell'ignoranza, quasi tota-i le, dei nostri funzionari del mercato intemazionale, dei suoi meandri, dei suoi boss. Federico Zeri ' Altrove le gallerie sono organismi vivi. Da noi paiono camere mortuarie odena ette lpevoli ina Moco, zia sta leeso ata anintte nei a Pinacoteca i Brera (a pare quelli spedi a Montecitoo e altrove) si rovano ancoa nelle parocchie e negli tituti di proincia dove li pedì (tra il 810 e il 1815) govèrno viereale francee; e tra essi si rovano pezzi n tempo assai amosi, come a grande tavoa oggi a Calciate presso ergamo, che ino al 1800 ra consideraa tra le pitture iù insigni di ncona, acanto alla Croefissione di iziano che, er buona sore, è ancora ella città marchigiana. Tatrarchi lungo la Via Sacra). Anche la concezione nostrana del museo è responsabile di questo stato di cose. Dove il museo è un organismo vivo, curato da studiosi che amano gli oggetti a ecc.) tutto resta come primto ricade nel solito, deprispettacolo di pochi visitatocustodi che si riunisconcommentare qualche prosindacale o le notizie dellzetta delio Sport. Le centinaia di corredi fri etruschi che dormono npositi di Villa Giulia potreNella foto in alto. Federico Zeri: «L'idea di spedire all'estero pezzi delle raccolte nostrane a scopo di studio suona alquanto balzana: chi studia oggetti che si trovino in musei alieni, lo fa recandosi sul luogo» costituire una spiccoli musei, su tutto il terdella Tuscia, coperti distribuitilocalità dove scoperti. Con quel che giagrandi magazzini delle gfiorentine potrebbero venmati piccoli musei tematsistemare nelle Ville Medcominciare da quello deglischi staccati o da quello deture morte, di cui Firenze pde una collezione molto itante. Con i dipinti, spesso cadi Brera, potrebbe nascerBrera-bis, nei locali dellaReale di Monza o in queCastello di Vigevano: e suna raccolta sotto certi complementare di Brera sin certe aree, persino più itante. Ma tutti questi sonoutopistici, e lo saranno sincontinuerà l'attuale barsindacale dei custodi, l'amisero stipendio dei funzl'attuale disinteresse dei duniversitari, che preferiscdiapositiva all'originale, scorso astratto e cattedratziché lo studio diretto, l'inmento sui libri e non sulleIn una situazione così dnata e confusa viene ora porsi la legge presentata natore Luigi Covatta. Esssuoi sostenitori, è esaltata Nella foto in alto. Federico Zeri: «L'idea di spedire all'estero pezzi delle raccolte nostrane a scopo di studio suona alquanto balzana: chi studia oggetti che si trovino in musei alieni, lo fa recandosi sul luogo»