A lezione di racket tra i videogames di Francesco Grignetti

A lezione di racket tra i videogames PICCOLI CRESCONO Ogni quartiere ha il suo locale controllato dalle due cosche vincenti della città A lezione di racket tra i videogames I baby-estorsori di Gela arruolati nelle sale giochi GELA DAL NOSTRO INVIATO I baby-estorsori, tutti tra i quattordici e i diciassette anni, sono ragazzi cresciuti in fretta. Non c'è scuola, per loro, o campi sportivi, o ritrovi culturali. Ci sono i bar di .Gela, invece, e le sale giochi: piccoli bugigattoli con luci al neon, con pareti mai immacolate, troppo tempo libero e pochi spiccioli in tasca. Qui, la scuola dell'obbligo è un optional per molte famiglie. Sono centinaia, ógni anno, i genitori che vengono denunciati perché sottraggono i figli alla scuola dell'obbligo. Addirittura i direttori didattici segnalano che la prima elementare ha meno alunni di quanto dovrebbe. In una di queste sale, nel corso principale di Gela, un anno fa restarono a terra in nove (tre morti e sei feriti gravi). Età tra i sedici e i ventiquattro anni. Si scoprì poi che i killer erano una ventina, della stessa età delle loro vittime. Ma all'epoca infuriava ancora la guerra di mafia, che ha insanguinato per tre anni la cittadina e ha provocato oltre cento morti. Oggi invece regna una «pax mafiosa», su Gela, che ha permesso un'ondata di estorsioni in grande stile. E di nuovo le sale giochi sono tornate alla ribalta. E' lì che si ritrovano i giovanissimi. Ed è lì che vengono arruolati per le loro prime imprese criminali. Ogni quartiere ha le sue. E i reclutatori le conoscono meglio di chiunque altro: i Madonia nel rione Carrubbazza e Aldisio; gli Iocolano nel quartiere Scalone. Sono loro i modelli di vita che dominano per queste strade. E quando sono loro a chiamare, è un onore per questi ragazzi - molti sono di famiglie operaie, con il padre impiegato al petrolchimico - entrare nei ranghi degli estorsori. E in questo clima, in una città di centomila anime interamente abusiva,, tra palazzi non finiti e strade dissestate, si trovano a crescere bambini come Salvatore. Ricorderete Daniela, la ragazza di sedici anni che «comandava» una banda di minorenni dediti ai furti e agli scippi. Salì agli onori della cronaca televisiva. Ma dovette scappare, perché i killer la cercavano, dopo aver sterminato la sua piccola banda. Ebbene, Salvatore, di appena tredici anni, è suo fratello. Fac- eia vispa, occhi e capelli neri, il «picciriddu» Salvatore è un asso degli scippi. Ha cominciato da qualche mese, su un motorino. Però è ancora Piccolino, lo acciuffano spesso. Ma crescerà, si può stare sicuri. Nel frattempo, ha già collezionato cinque fughe dall'istituto dove polizia e carabinieri lo portano. Chi ne fa le spese è la nonna. L'anziana donna dovrebbe tenere sotto controllo questi due nipoti terribili. La famiglia non esiste più: il padre è stato ucciso a fucilate sulla porta di casa qualche anno fa; la madre sparisce per lunghi periodi. E «naturalmente» la strada è diventata la vera maestra di Salvatore e Daniela. Ma la gente del quartiere è stanca dei continui furti e scippi dei due. Se la prende con la nonna. Arrivano a colpirla con i sassi, per strada. E lei, poveretta, non sa con chi lamentarsi. Ma la storia di Salvatore non è poi così singolare, a Gela. I carabinieri, al comando del capitano Mettifogo, due giorni fa hanno denunciato otto persone, tra cui una donna, che tenevano le fila del racket. Per l'occasione, hanno anche segnalato al Tribunale dei minorenni un centinaio di ragazzi che agli ordini della gang facevano estorsioni e attentati incendiari. Da confessioni e intercettazioni telefoniche, risulta che prendevano uno stipendio mensile, per la loro attività di gangster in erba: 350 mila lire che tornavano utili per i lunghi pomeriggi alla sala giochi. E soprattutto ne ricavavano considerazione. Dalle intercettazioni telefoniche, risulta che uno dei ragazzini, forse il più piccolo, di appena tredici anni, si faceva benvolere meglio degli altri perché lui al mensile ci aveva rinunciato. Si accontentava di «fare un piacere» a quelli più grandi. E la sua attività, a metà tra un gioco e un'iniziazione criminale, era assai considerata dagli adulti. «Li usano perché sono minorenni e di fatto non punibili», ammette il parroco di uno dei quartieri più «caldi» della città, don Pino Di Gregorio. E' un padre salesiano, che assieme ad altri sette confratelli, oltre all'impegno parrocchiale, porta avanti una miriade di iniziative nel quartiere Aldisio: catechismo, scuole professionali, società sportive, oratorio, comunità di preghiera per adulti. Parla con orgoglio dei gruppi sempre più numerosi di ragazzi e ragazze che frequentano il centro: complessivamente saranno tremila i giovani che passano per i salesiani. Ma la parrocchia - un moderno complesso in mattoni - è una sorta di fortino assediato in un quartiere derelitto, male illuminato, con strade dissestate, senza negozi e palazzine scrostate. «La nostra è una realtà scoraggiante - dice con amarezza - una metà dei maschi, a Gela, non termina gli studi dell'obbligo. Qui, in questo quartiere, si lotta per la sopravvivenza. E servono anche i pochi soldi che rimedia un ragazzino. Oppure servono le sue braccia in campagna». E quando si ha a che fare con diciottomila disoccupati - spiega - in una città di centomila abitanti, non c'è iniziativa parrocchiale che tenga. Troppa la disperazione. O si emigra (e nella zona di Busto Arsizio c'è una colonia di trentamila gelesi) oppure si cade nelle braccia della criminalità. Non si crede neppure più alla raccomandazione politica, la mitica strada all'impiego sicuro. I cento ragazzi «individuati» dai carabinieri, per il momento, sono tornati nelle loro sale giochi. Sono state avvisate le loro famiglie. E qualcuno ha promesso un intervento a suon di ceffoni. Ma i «caporali» della mafia sono già in agguato. E la cosa grave è che alcuni di loro si divertono, a giocare con il fuoco. D'altra parte, non c'è lavoro, non c'è cinema, non c'è teatro, non c'è musica. In Comune si fanno e si disfano giunte. Adesso si promettono «numeri verdi» antiracket. E Gela è la quinta città della Sicilia. Francesco Grignetti Un tredicenne rifiutò la paga per guadagnare punti tra i boss Si chiama Concetta Fausciana, per i carabinieri comandava la banda di taglieggiatori di cui facevano parte anche settanta ragazzini

Persone citate: Concetta Fausciana, Iocolano, Madonia, Mettifogo, Pino Di Gregorio

Luoghi citati: Busto Arsizio, Gela, Sicilia