«Giornalisti della tangente»

«Giornalisti della tangente» Bufera nella stampa siciliana, sei cronisti accusati da un imprenditore «Giornalisti della tangente» I magistrati indagano ad Agrigento Forse coinvolti anche sindacalisti AGRIGENTO NOSTRO SERVIZIO Il mondo della carta stampata siciliana è nella bufera dopo che il procuratore della Repubblica Giuseppe Vaiola ha chiesto al giudice per le indagini preliminari il rinvio a giudizio per interesse privato di quattro amministratori provinciali di Agrigento e del titolare del Cespeda, un centro specializzato in sistemi di informatizzazione. Gli incriminati avrebbero preteso l'assunzione di congiunti o amici e lo stesso avrebbero fatto, stando a alcune denunce, anche giornalisti, giudici, sindacalisti. Angelo Fragapane, 52 anni, responsabile del Cespeda, furibondo e convinto di poter dimostrare di essere semmai una vittima, a sua volta ha denunciato sei giornalisti accusandoli di estorsione. Lo scandalo fa tremare la Agrigento «che conta» giusto alla vigilia della scadenza della convenzione stipulata quattro anni fa dalla Provincia con il Cespeda. E' una coincidenza? Così ieri, forse non tanto casualmente, è trapelata la notizia che il procuratore Vaiola ha chiesto il rinvio a giudizio, rimettendo al gip la valutazione sul resto dell'inchiesta. Gli incriminati sono Giovanni Avenia che, da quando il mese scorso il presidente Nuccio Cusumano si è dimesso per candidarsi alla Camera dei deputati, è presidente facente funzioni, e Pasquale Gambino, entrambi del psi, nonché i democristiani Carmelo Sciscia Cannizzaro e Vito Di Maida e lo stesso Angelo Fragapane. Quest'ultimo, sospettato di avere agito in concorso con i quattro, è passato al contrattacco sostenendo di aver dovuto decidere circa cento assunzioni di parenti o amici di amministratori, deputati, sindacalisti, giudici e persino di alcuni fra i più noti giornalisti agrigentini sempre pronti a denunciare gli scandali che nella città di Pirandello, a dire il vero, sono piuttosto frequenti. Fragapane in particolare ha affermato che i sei giornalisti avrebbero pressato su di lui per ottenere assunzioni di favore e anche denaro attraverso inserzioni pubblicitarie sul settimanale «La Tribuna», edito da due anni dalla Srl «Sicilia Press». Quattro dei sei sono dipendenti o collaboratori del quotidiano di Catania «La Sicilia»: Domenico Zaccaria e il nipote Stelio Zaccaria, Franco Castaldo e Dario Braccio, uno del «Giornale di Sicilia» di Palermo, Franco Chibbaro. Il sesto è Umberto Trupiano, corrispondente del quotidiano del pds «L'Ora» di Palermo e impiegato alla Sip. Chibbaro, funzionario della Provincia in pensione, è il solo giornalista professionista; gli altri cinque sono pubblicisti. La contestazio¬ ne rivolta ai sei da Angelo Fragapane è: «Mettono in opera, usando la carta stampa al posto delle armi, un ricatto estorsivo». Fragapane ha inviato copia degli esposti ai proprietari-direttori dei quotidiani «Giornale di Sicilia» e «La Sicilia», ma a quanto pare, né all'editore né al direttore de «L'Ora». Franco Chibbaro, che avrebbe avuto assunta una figlia al Cespeda, nega con sdegno: «Mai domandato niente a nessuno, una volta sola ho chiesto un'inserzione pubblicitaria e non del Cespeda ma della Sanyo della quale Fragapane ad Agrigento è il rappresentante». A sua volta Franco Castaldo in un esposto alla procura della Repubblica di Catania, rileva che qualcuno ce l'ha con lui perché con i suoi servizi giornalistici combatte «in prima fila» la mafia. All'inchiesta giudiziaria si è arrivati anche sulla base di alcune critiche, formalizzate poi in una denuncia, da parte del responsabile locale del sindacato autonomo Cisal, Franco Samaritano. Questi aveva segnalato da tempo che amministratori dell'ente Provincia avrebbero ricavato vantaggio dalla convenzione con il Cespeda grazie alle assunzioni di loro parenti sin dal 1987 quando il centro per l'informatizzazione aveva organizzato un corso per addestrare il personale che sarebbe stato poi impiegato nel servizio. La Provincia di Agrigento era stata coinvolta in un altro brutto «affaire» già due mesi e mezzo fa, dopo che il 9 novembre il capogruppo socialista Salvatore Curto, di 43 anni, fu assassinato in un agguato di mafia nel suo paese, Camastra. Poche ore dopo si apprese che Curto, tre anni prima, era stato denunciato dai carabinieri per associazione mafiosa e che nonostante la sua difficile posizione era stato incluso nel giugno scorso fra i candidati alle elezioni regionali, risultando il primo dei non eletti. Il psi precisò che l'inchiesta non era nota al partito né a Palermo né a Roma. Antonio Ravidà Avrebbero chiesto soldi e assunzioni di parenti L'inchiesta allargata a politici e amministratori La sede del psi di Camastra di fronte alla quale fu ucciso Salvatore Curto