Uccise la figlia: sconterà 23 anni

Uccise la figlia: sconterà 23 anni Emessa la sentenza per l'industriale omicida dopo 6 ore di camera di consiglio Uccise la figlia: sconterà 23 anni Cinque colpi dipistola in azienda, a Venaria L'Uomo è sano di mente, concesse le attenuanti Ventitré anni di carcere: questa la sentenza emessa ieri, alle 22,30, dopo sei ore di camera di consiglio, dalla seconda Corte d'assise (pres. Giancarlo Caselli) contro Giuliano Fechino, 54 anni, l'industriale che il 21 febbraio '91 uccise la figlia Ivana con cinque colpi di pistola, davanti alla moglie Fiorenza. I giudici hanno ritenuto l'imputato sano di mente e gli hanno concesso le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante dell'omicidio di un congiunto. Un delitto per il quale il pm Patrizia Caputo aveva chiesto l'ergastolo: «Quando ci si trova di fronte a gesti così efferati la tentazione che corre in noi è di spiegarli con un momento di pazzia. Ma Fechino è stato ritenuto sano di mente dal perito Fornari, che così lo ha descritto: "Non sopportava di essere contraddetto e l'unica persona che non era riuscito a domare era la figlia Ivana". Non è stato il gesto di un folle ma la lucida determinazione di un padrepadrone che non ha esitato a spararle quattro revolverate al cuore e l'ultima alla testa». . La madre di Ivana, Fiorenza Dalmazzone, 51 anni, parte civile con gli avvocati Gianaria e Mittone, aveva detto in aula: «Mio marito ha fatto di tutto perché io non mi costituissi parte civile. Ma non accetto denaro per la morte di mia figlia. E' un uomo impossibile, roso dalla gelosia, possesivo, irruento. Me ne resi conto subito dopo il matrimonio. La prima volta che litigammo mia madre intervenne e lui la prese a schiaffi. Mi illusi che la nascita di una figlia potesse migliorare il nostro rapporto, invece è stato un inferno. Ivana era una ragazza normale ma non si è mai piegata alla prepotenza del padre. Era la sua unica colpa». Quattro anni fa Ivana si era allontanata da casa. Ha detto ai giudici popolari Fiorenza Dalmazzone: «Le occasioni di liti e discussioni erano diminuite ma non cessate perché continuava a lavorare in ditta». E proprio nei locali dell'azienda di Fechino, la Nuova Oslat di Venaria, si è consumato l'ultimo atto della tragedia familiare. Per il consulente della difesa, professor Zanalda, «Fechino non era in sé quando ha commesso quel gesto così efferato. Gli psicofarmaci di cui faceva uso hanno alterato la sua mente: delirio di gelosia». La corte ha vagliato la personalità dell'imputato e affidato il caso ad un altro perito, il professor Portigliatti Barbos, che ha concluso: «Fechino è sano di mente, non è un soggetto delirante. Gli psicofarmaci non hanno avuto effetto su di lui». Affermazione che i difensori, avvocati Giordanengo e Zaccone, hanno tentato di demolire nelle loro arringhe: «Fechino è un uomo distrutto, non ha più niente da perdere. Vi ha confessato il delirio di gelosia: perché non credergli?». Spili Hi L'industriale Giuliano Fechino uccise la figlia Ivana il 21 febbraio '91

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