Galvano filosofo pittore di Albino Galvano

Galvano filosofo pittore Critico e artista: così lo ricorda Torino Galvano filosofo pittore Lungo viaggio dai simboli al deserto STORINO L Circolo degli Artisti si ricorda, fino al 1° marzo, una delle più ricche, complesse, stimolanti figure della nostra cultura: Albino Galvano (1907-1990), pittore, critico d'arte, filosofo. Tutte le testimonianze nel bel catalogo a cura di Paolo Fossati, che segna la nascita della nuova Electa Piemonte coordinata da Enrica Melossi, sottolineano giustamente l'unitarietà del suo multiforme impegno culturale. Per il filosofo rimando al lucido ricordo dell'allievo Edoardo Sanguineti, su questo giornale nel marzo 1990. Sanguineti individuava un'idea di «uomo come animale che è capace di "immagine", e dunque un'antropologia fondata sopra la facoltà della "visione"». La mostra è ovviamente dedicata al versante pittorico e grafico di questo globale e civilissimo impegno, con una sessantina di oli e una vetrina con 10 fra disegni, gouaches, acquerelli; ma presenta anche le prime edizioni dei giovanili studi negli Anni 30 sull'arte e la cultura dell'Oriente e dei testi ideologici e filosofici, Per un'armatura e Artemis Efesia. Non si tratta solo di un gesto di omaggio: l'interazione fra il pittore, il critico e l'uomo di vasta e sottile cultura fu costante. Lo rilevava nel 1956, presentandolo alla Biennale veneziana, Argan, compagno di studi ginnasiali: «Anche oggi è, insieme, pittore e critico: filtra la sua pittura attraverso un esame estremamente penetrante, porta nel giudizio la tensione inquieta della ricerca espressiva». Ciò è evidente fin dall'esordio, con le grandi Bagnanti del 1932: un quadro persino sgradevole, ma certo straordinario all'epoca con il suo carattere di «accademia» fra Manet e Renoir e d'altra parte di arazzo simbolico, dimostrativo da questo lato del forte legame nell'ambito casoratiano con Italo Cremona. E' comune ad entrambi la coscienza - precocissima - che il trapasso dell'arte contemporanea dalla naturalità alla stilizzazióne soggettiva ed espressionistica si radicava nella cultura del simbolismo e del modernismo. Sarà poi, nell'immediato dopoguerra, il Galvano pittore a scalare l'ulteriore gradino critico proponendo, in quadri e scritti, la radice simbolistica dell'astrazione lirica ed espressiva. Il trapasso in mostra fra un breve, forse ironico, momento di esercizio neopicassiano e il grande viaggio panoramico nel paese dell'astrazione con il MAC torinese è costituito da un singolare gruppetto di quadri, riccamente cromatici, di Nudi esplicitamente «floreali» e da una Natura morta fra Matisse e Atanasio Soldati. E dopo il MAC (ancora Soldati e Afro, Moreni, Prampolini e Magnelli; ogni opera è nello stesso tempo magica ed emblematica, autoanalitica, e frutto di pensiero critico), le opere fra il '50 e il '60 di macchia informale e di gesto ripropongono la radice modernista, fino a Omaggio a Von de Velde del 1959, a Floreale del 1961. Negli Anni 60, Galvano pensatore e pittore (guida generosissima per le giovani generazioni di artisti torinesi) reagisce alla «morte dell'arte» prima con il silenzio pittorico, poi con solitarie «immagini» emblematiche - i Nastri - e un'altrettanto solitaria pittura scrittura; infine, sempre più nobilmente uomo libero nel chiudersi nella propria interiorità, con immagini di una natura di pietre e deserto. Per la grande antologica dell'82 scriveva: «In bocca è solo sapore di cenere». Marco Rosei Le prime scoperte: Renoir, Picasso e la cultura dell'Oriente Nel dopoguerra le grandi figure dal «paese dell'astrazione» «Natura morta». E' un'opera a olio del '32, per Albino Galvano l'anno dell'esordio segnato anche da un forte legame attraverso Casorati con Italo Cremona

Luoghi citati: Piemonte, Torino