Aids, lo sport ora vuole sapere

Aids, lo sport ora vuole sapere Il caso Magic Johnson entra in un corso di aggiornamento medico a Roma Aids, lo sport ora vuole sapere Prese in esame le varie possibilità di contagio ROMA. E' accaduto due anni fa ed è il primo e unico caso in Italia di contagio di Aids nel calcio. Un dilettante, durante un'amichevole con una squadra composta da detenuti, entrò in collisione con un tossicodipendente sieropositivo. Lo scontro fu violento, dalle ferite uscì molto sangue. Due mesi dopo il calciatore risultò positivo al test Aids. Il caso è finito sull'autorevole rivista inglese Lancet e fa discutere. La bomba Magic Johnson è troppo recente. Che anche lo sport sia un'attività a rischio? Se ne parla all'hotel Fleming dove si svolge un corso di aggiornamento sulla prevenzione dell'Aids e le malattie infettive per medici sportivi organizzato dal Coni e dall'Istituto Superiore di Sanità, il primo del genere mai tenuto in Europa e, forse, al mondo. Eppure la notizia del calciatore contagiato non viene presa troppo sul serio. Carlo Tranquilli, medico della Federcalcio, cita l'Organizzazione Mondiale della Sanità: «Nel gennaio del '90 la percentuale di rischio di trasmissione del virus durante l'attività sportiva è molto bassa». Un rischio infinitesimale, circoscritto alle discipline di combattimento «che prevedono il diretto contatto dei corpi». La boxe, più che il calcio. «Negli sport di squadra il contatto è così rapido che il contagio diventa impossibile», aggiunge Dima Ferrantelli, della Federazione pallacanestro. Che riferisce tuttavia della paura che il caso del giocatore dei Lakers ha diffuso fra i cestisti italiani (un caso che continua: Johnson vorrebbe andare alle Olimpiadi ma i compagni rifiutano di giocare con lui). Secondo Ferrantelli «in questo momento non c'è bisogno di allarmi induscriminati ma di una corretta informazione». Ben altri, secondo i medici del Coni e gli esperti dell'Iss, sono i rischi di infezione, e non solo di Aids, che corrono gli sportivi. Agonisti e dilettanti, fino ai ragazzi che giocano negli stadi di paese. Il secchio d'acqua, per esempio, che in ogni partita arriva a rinfrescare l'atleta infortunato. La spugna strusciata su un'escorazione, poi rituffata nell'acqua e riutilizzata nello stesso modo per altri giocatori, è un ottimo veicolo per molti virus: non l'Aids ma certo l'epatite B e C. Lo stesso vale per le spugne lasciate sul percorso dei corridori durante le lunghe marce. Entrambe sono da sostituire con panni «usa e getta». Mentre i massaggiatori che intervengono durante le partite useranno guanti di gomma monouso. Misure precauzionali tanto elementari da stupirsi che non ci si sia pensato prima. Spiega Ferrantelli: «Prima le infezioni si pensava non riguardassero tanto i medici sportivi, quanto quelli di famiglia. Tutto il resto era iniziativa personale», [m. g. b.J

Persone citate: Carlo Tranquilli, Dima Ferrantelli, Ferrantelli, Fleming, Johnson, Magic Johnson

Luoghi citati: Europa, Italia, Roma